Ripartiamo dallo Sviluppo Sostenibile

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Il rapporto tra ambiente, lavoro, industria e territorio deve rappresentare un vero e proprio volano di sviluppo.

L’obiettivo è quello di garantire un equilibrio tra occupazione, attività produttive, tutela della salute e dell’ambiente.

Costruire un nuovo modello di economia decarbonizzata che dia forza a tutte le potenzialità dello Sviluppo Sostenibile si può, creando piena occupazione, affinché tutti i lavori siano dignitosi.

In questi anni, l’emergenza sanitaria legata alla pandemia ha in parte oscurato un’altra necessità, più profonda e di più lunga durata: la crisi ambientale e climatica.

È innegabile che per rilanciare l’economia del nostro Paese sia indispensabile partire dal tema della Sostenibilità, considerata in tutte le sue dimensioni – ambientale, economica, sociale.  Di riflesso, si coglierebbero tutte le problematicità e le potenzialità della Giusta Transizione, nonché le possibilità di rilancio dell’economia italiana nel quadro degli impegni climatici definiti in questi ultimi anni dall’Unione Europea (COP 21 di Parigi, Green New Deal, Next Generation EU, nuovo pacchetto europeo sul clima il Fit for Fifty Five, Patto per il clima di Glasgow, ecc.).

Tra questi merita attenzione anche l’Agenda ONU 2030 con i suoi 17 goals e 169 targets. L’Agenda Onu 2030, del resto, è stata adottata nel nostro Paese a settembre 2015. L’Italia, lo ricordiamo, è stata protagonista nel suo processo di costruzione, sottoscrizione e adesione.

Il raggiungimento degli obiettivi, da traguardare entro il 2030 (precisamente, il taglio delle emissioni clima alteranti del 55% entro il 2030 e il perseguimento della neutralità climatica nel 2050) richiede però l’impegno e il coinvolgimento di tutti. Istituzioni, Parti Sociali, società civile, imprese e cittadini devono lavorare insieme per il raggiungimento degli obiettivi. A livello europeo la Commissione ha pubblicato – a gennaio del 2019 – il documento di riflessione “Verso un’Europa più sostenibile entro il 2030”, nel quale emerge con forza il collegamento tra Sviluppo Sostenibile, Governance multilivello e Better regulation. Il tutto proprio per monitorare il raggiungimento dei targets presenti nell’Agenda ONU 2030.

Inoltre, va ricordato che l’UE ha fissato diverse norme ambientali e sociali rigorose e ha messo in atto politiche di tutela della salute umana tra le più ambiziose, finalizzate a contrastare i cambiamenti climatici. L’Italia, per rispettarle, deve perfezionare i modelli di produzione e di consumo creando nuova occupazione (green e di qualità) agendo anche per fermare il riscaldamento globale e la perdita degli ecosistemi e della biodiversità. Tutti fattori che minacciano il nostro benessere, le prospettive di crescita e la vita stessa sulla Terra.

Abbiamo la capacità per fare tutto questo, ma non il lusso del tempo. Lo sostiene anche la comunità scientifica mondiale con l’ultimo rapporto pubblicato ad agosto del 2021 dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC), il più importante organismo scientifico dedicato alla ricerca sulle modalità in cui sta cambiando il clima della Terra, soprattutto in seguito alle attività umane con la costante emissione nell’atmosfera di anidride carbonica (CO2).

La vera sfida di oggi è conciliare crescita economica ed equa distribuzione delle risorse in un modello di sviluppo incentrato sul principio della sostenibilità. Quest’ultimo richiede dinamiche economiche e sociali compatibili con il miglioramento delle condizioni di vita e delle risorse naturali. In questo contesto, le stime e i dati dell’ultimo Global risks report (pubblicato a gennaio 2022) del World economic forum  (Wef) sono molto chiare. Il rapporto evidenzia l’importanza dell’applicazione del principio della Giusta Transizione e i costi e i benefici sociali legati alla transizione energetica. Evidenziamo a tal propositivo che il settore dei combustibili fossili potrebbe perdere entro metà secolo circa 8 milioni di posti di lavoro, quello del settore legato alle rinnovabili invece potrebbe crearne molti di più, addirittura 42 milioni, sempre entro il 2050.

Questo modello di sviluppo decarbonizzato offrirà ai Governi e alle istituzioni locali nuove opportunità, ma anche sfide che dovranno essere affrontare in termini complessivi (cambiamenti climatici, Sviluppo Sostenibile, disuguaglianza e inclusione sociale) anche alla luce dello sviluppo digitale e della quarta rivoluzione industriale.

Un sindacato come la Uil che guarda al futuro ha il dovere di non farsi trovare impreparato. Bisogna continuare a insistere per dare contributi essenziali alla causa ambientale che è la causa di tutti. Non è irrilevante focalizzare l’attenzione su strategie occupazionali appropriate che favoriscano politiche ambientali sostenibili. L’obiettivo finale è quello di creare un sistema economico più stabile e competitivo. Si può fare.

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Redazione

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