Il Rapporto SVIMEZ 2024. Criticità e prospettive economiche del mezzogiorno
09.12.2024
Il Rapporto SVIMEZ 2024 mette in evidenza le criticità e le prospettive economiche del Mezzogiorno, con focus su occupazione, demografia, povertà e l’impatto del PNRR. Di seguito una sintesi dei temi principali di interesse sindacale.
Principali temi di interesse sindacale
- Occupazione e precarietà. Nonostante un aumento dell’occupazione nel Mezzogiorno (+3,1% rispetto al +1,3% del Centro-Nord), la qualità del lavoro resta un problema. La precarietà è diffusa: circa il 23% dei lavoratori a termine al Sud ha un contratto da più di cinque anni, rispetto all’8,4% del Centro-Nord. Inoltre, il part-time involontario colpisce il 75% dei lavoratori meridionali, evidenziando l’urgenza di contratti stabili e dignitosi
- Disuguaglianze salariali e povertà. Il potere d’acquisto al Sud è stato gravemente eroso dall’inflazione, con un impatto doppio rispetto al Centro-Nord. Le retribuzioni reali sono calate del 10,7% nel Mezzogiorno, aggravando la povertà lavorativa: nel 2022, 2,5 milioni di persone vivevano in povertà assoluta, con un incremento di 250.000 rispetto al 2020. La povertà tra gli occupati dimostra che avere un lavoro non garantisce la sicurezza economica
- PNRR e investimenti. Il PNRR rappresenta una leva essenziale per la crescita del Sud, con un impatto stimato del +2,5% sul PIL nel biennio 2024-2025. Tuttavia, la realizzazione dei progetti è rallentata dalla debole capacità amministrativa dei Comuni meridionali, evidenziando la necessità di rafforzare le competenze locali e migliorare la gestione dei fondi
- Spopolamento e gelo demografico. Dal 2002 al 2021, oltre 2,5 milioni di persone hanno lasciato il Sud, di cui 808.000 giovani under 35, aggravando lo spopolamento e il declino demografico. Questa emorragia di capitale umano rischia di compromettere lo sviluppo del territorio, richiedendo politiche mirate per trattenere talenti e favorire il rientro dei giovani emigrati.
- Autonomia differenziata. SVIMEZ segnala il rischio che l’autonomia differenziata frammenti ulteriormente il Paese, penalizzando il Sud in termini di accesso a risorse e servizi. Il sistema Paese deve garantire equità territoriale e coesione sociale attraverso un coordinamento efficace tra Stato e Regioni.
Sostenibilità e transizioni in atto
Entrando agilmente nel merito delle questioni legate alla sostenibilità, rispetto al capitolo sulla competitività e coesione nei processi di transizione, è stato correttamente evidenziato che nel nostro Paese mancano politiche industriali ambiziose, necessarie per affrontare le sfide poste dalle transizioni in atto. Riteniamo che, accanto all’innovazione tecnologica, il tema della decarbonizzazione sia fondamentale per aumentare la competitività e sostenere la crescita del Paese. È indispensabile, però, che sia garantita una transizione giusta, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche, e soprattutto, sociale e industriale.
In tale contesto, l’Italia è chiamata a gestire e governare queste sfide, anticipando i tempi e investendo in politiche green. Tali politiche non solo migliorerebbero le performance ambientali, ma rafforzerebbero anche la competitività del Made in Italy sui mercati internazionali. Il risultato è che il nostro Paese, nonostante i buoni propositi, appare incerto e contraddittorio nelle politiche energetiche, industriali, climatiche, sociali e istituzionali. Servono, invece, politiche coerenti con gli impegni climatici assunti a livello internazionale, capaci di trasformare le transizioni in corso in opportunità per creare nuova occupazione e migliorare il nostro sistema socioeconomico.
Negativo poi il capitolo legato alla povertà lavorativa, che interessa 1,4 milioni di persone. Questo deterioramento salariale e lavorativo alimenta eventi come la fuga di giovani laureati dal Sud, accentuando le disuguaglianze regionali e compromettendo la crescita e la coesione sociale.
Come UIL riteniamo che sia indispensabile intervenire con urgenza, rinnovando i contratti collettivi scaduti, prevedendo la detassazione degli aumenti contrattuali, della tredicesima e dei premi di produttività, accrescendo in tal modo, sia quantitativamente che qualitativamente, la contrattazione di secondo livello e restituendo valore e dignità ai salari.
L’equità salariale non è solo una questione di giustizia sociale, ma anche un fattore di stabilità economica: lavoratori con salari più elevati tendono a investire di più nei consumi, contribuendo così alla crescita dell’economia nazionale. La UIL continua a rivendicare investimenti nel capitale umano e infrastrutturale del Sud, promuovendo uno sviluppo sostenibile e inclusivo per colmare i divari territoriali.
Sfide nell’industria automotive e transizioni strategiche
Infine, rispetto alla doppia transizione – ecologica e digitale – che sta investendo l’industria automotive italiana, quest’ultima rappresenta una sfida sempre più complessa per il settore, soprattutto in un contesto in cui l’espansione dell’industria automobilistica cinese avanza rapidamente, mentre il processo di elettrificazione dei veicoli nel nostro Paese procede a ritmi insufficienti per rispettare gli obiettivi di decarbonizzazione fissati dall’Unione Europea.
Tale scenario sta già generando gravi conseguenze sui livelli produttivi e sulle scelte di investimento delle imprese, con un impatto diretto sulla filiera e sullo sviluppo delle infrastrutture di ricarica. Questa situazione alimenta preoccupazioni tra i lavoratori e le organizzazioni sindacali, soprattutto per il rischio concreto di una perdita di competitività e per l’ingresso di nuovi attori internazionali nel mercato dell’elettrico.
Nel frattempo, le difficoltà economiche che stanno colpendo economie fondamentali come quella tedesca, si riflettono sull’intero settore europeo, aggravando le tensioni geopolitiche e aumentando l’incertezza per i lavoratori.
Si ribadisce, pertanto, la necessità di una svolta radicale e immediata per affrontare efficacemente la crisi climatica. Gli impegni nazionali sul clima (NDC), assunti con la COP21 di Parigi e successivamente aggiornati alla COP26 di Glasgow, hanno posto l’obiettivo cruciale di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C. Per vincere questa sfida epocale occorre agire su più fronti, a partire dalla rimozione della CO2 (Carbon Dioxide Removal – CDR), già utilizzata attraverso metodi tradizionali come l’imboschimento, il rimboschimento e la gestione delle foreste esistenti, spesso localizzati nei Paesi in via di sviluppo. È quindi indispensabile un intervento immediato e mirato da parte delle istituzioni nazionali ed europee, con politiche industriali che tutelino i lavoratori e garantiscano la continuità produttiva.
La UIL chiede con forza l’adozione di piani straordinari che salvaguardino l’occupazione e il futuro del settore, attraverso investimenti pubblici, incentivi per la riconversione ecologica e digitale delle imprese e un rafforzamento degli ammortizzatori sociali. Parallelamente, è fondamentale avviare percorsi di formazione e riqualificazione professionale per i lavoratori, garantendo loro il diritto a un impiego stabile e dignitoso. È di assoluta importanza la definizione, a livello europeo, delle filiere strategiche legate alle transizioni in corso. Ciò consentirebbe di recuperare anche competitività internazionale in aree chiave del settore green, quali, ad esempio, la creazione di accumulatori, di pannelli policristallini per il solare fotovoltaico e di batterie, definendo così una nuova visione strategica europea tesa a sviluppare una base industriale e tecnologica innovativa e competitiva, che sia fondata su filiere integrate e coordinate a livello europeo.
UIL Servizio Contrattazione Privata, Rappresentanza, Politiche Settoriali, Ambiente
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