La scintilla dell’Europa unita: la dichiarazione Schuman

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09.05.2023

Oggi, probabilmente, pochi ricordano la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, istituita nel 1951 (Trattato di Parigi). Eppure, la CECA può a buona ragione essere considerata la prima esperienza di politica comunitaria, nonché anche la prima esperienza di politica industriale a livello sovranazionale. Un’istituzione che precorse i Trattati di Roma – firmati il 25 marzo 1957 – che portarono alla creazione sia della Comunità Economica Europea che della Comunità Europea dell’Energia Atomica (Euratom).

L’iniziativa di provare a rimuovere quei fattori che potenzialmente potevano portare a nuovi e pericolosi conflitti fra i Paesi europei, in particolare tra Francia e Repubblica Federale tedesca, attraverso una politica comune sovranazionale del carbone e dell’acciaio, fu presa principalmente da due politici francesi: Jean Monnet e Robert Schuman.

Il Piano Schuman

Si pensava, giustamente, che mettere in comune gli interessi economici avrebbe contribuito non solo a migliorare il tenore di vita dei cittadini dei Paesi aderenti, ma anche che questo sarebbe potuto diventare il primo e concreto passo verso un’Europa più unita. Soprattutto in un momento storico che vedeva ancora il Vecchio continente tentare di risollevarsi dopo le devastazioni materiali e morali della Seconda guerra mondiale.

Fu proprio Robert Schuman – allora ministro degli esteri francese – a lanciare l’iniziativa il 9 maggio del 1950. Nella sua famosa dichiarazione (o Piano Schuman), e a fondamento della necessità di una maggiore integrazione tra Stati europei, affermò che “la pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano [e che] l’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”.

Un sogno necessario

Tutti erano consci del fatto che bisognava eliminare la storica conflittualità franco-tedesca e che proprio la fusione delle produzioni di carbone e di acciaio avrebbe potuto cambiare “il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono state le vittime”.

Si iniziava a combattere quel male profondo che Altiero Spinelli – insieme a Ernesto Rossi, uno dei padri dell’idea di unione europea – vedeva nel nazionalismo, il quale aveva portato alla “guerra totale”. Quello di un’Europa unita era ritenuto allora un “sogno necessario”, per scongiurare altri massacri.

Per Schuman, quindi, la CECA avrebbe rappresentato la prima tappa della Federazione europea di là da venire. Alla sua costituzione parteciparono sei paesi fondatori: Francia, Germania occidentale, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo.

Una solidarietà di fatto

Nel Preambolo del Trattato di Parigi si legge che i Paesi firmatari solennemente affermano di essere “coscienti che l’Europa non si potrà costruire altro che mediante concrete realizzazioni che creino innanzitutto una solidarietà di fatto, e mediante l’instaurazione di basi comuni di sviluppo economico” e di essere “risoluti a sostituire alle rivalità secolari una fusione dei loro interessi essenziali, a fondare con la instaurazione di una comunità economica la prima assise di una più vasta e più profonda comunità fra popoli per lungo tempo contrapposti da sanguinose scissioni, ed a gettare le basi di istituzioni capaci di orientare il destino ormai comune”.

Una breccia alla muraglia della sovranità

Il Piano Schuman rimane ancora oggi una pietra miliare fondamentale della costruzione dell’Europa come oggi la conosciamo e viviamo. Con la CECA, infatti, vennero introdotti nell’architettura istituzionale – chiamata non a caso comunità – principi del tutto innovativi, e che ancora oggi caratterizzano la nostra Unione europea. Per la prima volta, per esempio, viene creata un’istituzione indipendente e sopranazionale, l’Alta autorità, “le cui decisioni saranno vincolanti per […] i paesi che vi aderiranno”. Viene così intaccato anche il principio dell’assoluta sovranità nazionale, pur se limitatamente al settore carbosiderurgico.

Il Piano Schuman – quindi – come affermò Spinelli, fu “una breccia nella muraglia della sovranità; perché l’Europa vi potesse passare la si sarebbe dovuta allargare, o altrimenti la si sarebbe murata di nuovo”.

Quella breccia è stata allargata. Certo, in maniera spesso imperfetta, ma con la consapevolezza che oggi l’Unione Europea è una realtà. Da migliorare, ovviamente. Ma una realtà.

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