Direttiva Europea sulla parità e la trasparenza salariale: l’attesa potrebbe costare cara alle donne europee

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13.04.2023

Il 30 marzo 2023, il Parlamento Europeo ha approvato la Direttiva volta a rafforzare il principio della parità salariale attraverso la trasparenza retributiva e meccanismi esecutivi, proposta dalla Commissione nel 2021.

Una volta che il Consiglio avrà dato formale approvazione, il testo sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della UE ed entrerà in vigore venti giorni dopo.

Ma quali sono le nuove norme indicate dalla direttiva e quanto tempo hanno gli Stati Membri per attuarla?

Cosa dice la Direttiva europea sulla parità salariale

Criteri di neutralità rispetto al genere dovranno essere applicati dagli Stati membri sotto diversi profili: le strutture retributive, i processi di assunzione e la denominazione delle posizioni lavorative dovranno risultare neutre e non discriminatorie, come anche i sistemi di valutazione del personale. 

Qualora in un’azienda o in una pubblica amministrazione la soglia di disparità salariale risultante dalla dichiarazione obbligatoria sulle retribuzioni superi il 5%, i datori di lavoro (pubblici o privati) dovranno effettuare la valutazione delle retribuzioni insieme ai rappresentanti dei lavoratori.

Gli Stati membri dovranno vietare la possibilità, per i datori di lavoro, di ricorrere a clausole contrattuali che impediscano ai dipendenti di divulgare informazioni sulla propria retribuzione, di chiedere informazioni su essa o su quella di altre categorie di lavoratori. I lavoratori ed i loro rappresentanti hanno diritto a ricevere informazioni esaustive sui livelli retributivi, suddivisi per genere. 

Dal punto di vista della tutela giudiziale, qualora un caso di violazione del principio della parità retributiva venga sollevato da un lavoratore davanti al giudice, l’onere della prova passerà al datore di lavoro; gli Stati membri dovranno quindi dotarsi di una legislazione in merito. 

Il tempo è denaro

I tempi di attuazione delle Direttiva negli Stati membri potrebbero portare una perdita di circa 17mila euro nei salari femminili

La Confederazione Europea dei Sindacati (CES), che già nel 2019 aveva presentato una risoluzione per chiedere all’Unione Europea proprio una direttiva sulla trasparenza salariale di genere, esprime preoccupazione in merito ai tempi dell’attuazione della direttiva: gli Stati membri avranno tempo infatti fino al 2026 per adeguare le legislazioni nazionali, con costi enormi per le lavoratrici europee che, come osserva la Segretaria Generale della CES Esther Lynch “hanno già atteso più di 45 anni perché le leggi dell’Unione Europea sulla parità retributiva venissero rafforzate, per cui non c’è tempo da perdere nel rendere operativa la direttiva sulla trasparenza retributiva.”

Da una ricerca condotta dall’Istituto di Ricerca della CES, per ogni anno di attesa le donne subiscono una perdita salariale di circa 4,256 euro. Confrontando i diversi paesi, qualora i vari Governi attendano fino al 2026 per adeguare le proprie normative nazionali, questa perdita potrebbe avere un valore, a seconda dello Stato, tra i 1,872 ed i 36,344 euro, con le donne di Austria, Danimarca e Germania tra le più penalizzate. In Italia, nel triennio 2023-2026 la perdita salariale femminile potrebbe arrivare a 5,990 euro.

“La direttiva” prosegue Esther Lynch “non porrà fine alla diseguaglianza retributiva in una notte, ma darà alle lavoratrici ed ai sindacati che le rappresentano strumenti efficaci per smascherare e sfidare la ben radicata discriminazione che si cela dietro ad essa.

È necessario quindi che i Governi nazionali si adoperino quanto prima per adeguare le proprie normative, per porre fine alla disparità salariale di genere ed evitare che le donne continuino a vedere i propri salari sempre più bassi ed inadeguati a contrastare la crisi del caro-vita.   

Priscilla Binda

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