“Offro 1300 euro al mese”, ma nessuno risponde all’annuncio: Perché succede?

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05.07.2022

Mentre il Covid riparte con la variante Omicron 5 e gli effetti del conflitto in Ucraina si fanno sentire più forte nella quotidianità degli italiani, c’è un tema caldissimo che fa da sfondo e che non può essere ignorato: quello del lavoro. Abbiamo già visto come molte aziende abbiano difficoltà ad assumere in questo periodo.

Scarseggiano soprattutto i lavoratori stagionali. Un caso che nelle ultime ore ha suscitato molto clamore è quello di un bar al centro di Bologna. I proprietari hanno comunicato alla stampa di non riuscire a trovare personale, motivo per cui devono rinunciare all’apertura. Nel caso specifico, la titolare dell’esercizio commerciale ha chiarito che l’offerta economica è di 1300 euro al mese per 40 ore settimanali con somministrazione di un contratto collettivo nazionale del lavoro. Nonostante ciò, nessuno si è candidato per il ruolo di barista richiesto.

Ma perché c’è questa reticenza? Cosa spinge, soprattutto i più giovani, a rinunciare a un’offerta di lavoro?

PERCHÉ I GIOVANI RIFIUTANO O NON RISPONDONO ALLE OFFERTE DI LAVORO?

La notizia che arriva da Bologna avvia una riflessione che va oltre il singolo caso e che bisogna estendere sul piano nazionale. Abbiamo affrontato la questione da diversi punti di vista, ma la criticità numero uno resta il precariato. Molte attività e aziende, contrariamente a quanto espresso dalla titolare del bar di Bologna, non offrono sicurezze né contrattuali, né economiche. Gli straordinari non sono retribuiti, si ricercano profili avanzati per poi inquadrarli come stagisti, oppure l’offerta economica, talvolta, è irrazionale. La storia di Francesca Sebastiani (di cui abbiamo parlato qui) ne è un esempio pratico: 70 euro a settimana per lavorare sei giorni su sette.

A dirla tutta, i dati divulgati dall’Istat la scorsa settimana confermano che il numero di dipendenti a termine è in crescita: parliamo di 3 milioni e 170 mila persone. Cifre da record che restituiscono un quadro desolante. Con questi presupposti, le prospettive di crescita personale e professionale, ribadiamo soprattutto per i giovani, vengono demolite.

Per definirsi tale, un lavoro deve essere dignitoso. Il problema, contrariamente a quanto una fetta dell’opinione pubblica – e non solo – sostiene, non risiede nel reddito di cittadinanza, ma dall’incertezza del futuro, dal continuo somministrare contratti pirata, dalla precarietà sempre crescente. L’impatto che situazioni lavorative irrispettose e improponibili hanno su disoccupati e inoccupati porta a un allontanamento progressivo dal mondo del lavoro stesso. Ecco perché bisogna combattere concretamente il precariato, permettere ai giovani e alle lavoratrici e ai lavoratori temporanei in toto di non avere timore e di poter gettare basi solide su cui fondare le prospettive future.

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