Non abbassate le tapparelle – “Vita e persecuzione di Giovanni Falcone”
21.06.2022
Ieri, come UIL, abbiamo organizzato la presentazione del libro di Claudio Martelli: “Vita e persecuzione di Giovanni Falcone”.
Hanno partecipato Claudio Martelli, il Segretario Generale PierPaolo Bombardieri, la giornalista Federica Angeli e ha moderato la Vice Direttrice di LaPresse, Caterina Parise.
Un evento importante, emozionante, di cui vogliamo riportarvi gli interventi più significativi.
Ha iniziato a parlare Claudio Martelli, sotto gli occhi attenti dei tanti giovani presenti, narrando le vicende non come uno studioso dei fatti, ma come chi le ha vissute e sentite in prima persona:
“Questo non è un libro celebrativo del Magistrato Falcone, ma un contributo per raccontare la sua persecuzione che è iniziata nel 1988 e non solo da parte di cosa nostra.
Ho impiegato 30 anni per decidere di pubblicarlo perché a caldo non riesci a scrivere di qualcosa che ti ha provocato tanta rabbia. Perché è il tempo a farti comprendere cosa sia essenziale e cosa superficiale. Quello che si può dire è quello che è opportuno tralasciare. Poi ho sperato vedendo le celebrazioni un anno dopo l’altro che queste potesse servire, ma niente mi è sembrato sufficiente.
Anno dopo anno ho visto confondere gli amici di Falcone (tra cui me stesso) e i tanti che invece quando era vivo gli hanno fatto di tutto e che dopo che è morto si sono presentati come i veri eredi. A un certo punto ho detto basta e ho cominciato a scrivere.
Borsellino un mese dopo l’assassinio di Giovanni disse una frase terribile “Lo stato e la magistratura hanno forse più colpe di ogni altro. Hanno cominciato a far morire Falcone nel gennaio del 1988”.
Dopo il Maxiprocesso, nel 1988 il CSM ha infatti nominato anziché Falcone un altro capo dell’ufficio istruzione di Palermo, che era l’avamposto della lotta alla mafia.
Lui è stato degradato senza ragione, come se un generale vince una grande battaglia (il Maxiprocesso) e dopo il suo stato maggiore gli toglie il comando.
E gli hanno messo come capo uno che aveva il mandato di distruggere la sua opera. Come? Per esempio, interrompendo la prassi che era diventata abituale nelle procure, quello di mandare tutti gli atti delle indagini a Palermo. Realtà come Gela o Caltanissetta non avevano il coraggio di fare le indagini ed erano abituate a mandarle a Falcone a Palermo. E invece gli venivano rimandate indietro con questo nuovo ufficio.
Falcone insisteva per leggerle e allora il suo capo mandò tutto l’incartamento alla Corte di cassazione che si pronunciò subito dandogli ragione, sostenendo che le indagini non devono essere concentrate in un solo tribunale.
Quindi era tutto un attacco al Maxiprocesso. Non un dispetto a Falcone, ma un favore a cosa nostra.
Questo trattamento è stato riservato a Falcone che invece era un garantista con tutti. Anche rispetto agli imputati di mafia. Diceva sempre non bisogna entrare in confidenza con i pentiti, portare loro regali, ma neanche insultarli come fanno altri colleghi. Lui non si dava del tu con Buscetta.
È intervenuta poi Federica Angeli, giornalista perseguitata e sotto scorta per aver denunciato la mafia romana:
“Ho trascorso due mesi nei clan di Ostia, ma i miei nemici non erano solo quelli delle mie inchieste. Infatti, ho subito minacce dirette delle mafie, ma anche dall’opinione pubblica. Mi dicevano che lo facevo per diventare la Saviano in gonnella. Delegittimare chi punta il dito e racconta è tipico della mafia. (c.d mascariare – interviene Martelli)
Ad oggi c’è proprio una strategia politica territoriale, la PA che aiuta la mafia, che delegittima chi parla per garantirsi di proseguire i loro affari. E Questo libro mi ha ferito perché ho visto le stesse cose accadute a me e alla mia famiglia. Siamo tutti da otto anni sotto scorta. Anche i miei figli che oggi hanno 17, 14 e 12 anni.
Una volta mio figlio di 14 anni è stato sgridato da un uomo della scorta perché non aveva comunicato itinerario. Un quattordicenne non sa neanche cosa sia un itinerario. È tanta la durezza di una vita sotto scorta e chissà se anche Falcone ha vacillato.
La notte che ho assistito alla prima sparatoria, il Boss mafioso ha urlato alle persone affacciate alle finestre di farsi i propri affari. Questi sono rientrati e hanno abbassato le tapparelle. Io no.
Lo rifarei? Sì, perché abbiamo vinto noi.
A seguire l’intervento di PierPaolo Bombardieri, che risponde alla domanda di Caterina Parise:
Le sembra cambiata la cultura della legalità? Cosa può fare il sindacato per le nuove generazioni?
“Si può fare moltissimo ed è il motivo per cui siamo qui. Fare tante cose. Abbiamo presentato questo libro perché noi sosteniamo – e non solo quando parliamo di mafia, che in questo Paese c’è una questione culturale della legalità che dobbiamo risolvere del tutto. Ma non solo per la mafia. E allora dobbiamo lavorare per cambiare quelle condizioni. Claudio lo fa da narratore esperto, Federica con il suo impegno e noi con delle rivendicazioni quotidiane.
La storia di Federica è grave, ma il principio di legalità non ha una gradazione. Anche non prendere lo scontrino dal medico ha un principio di tolleranza dell’illegalità sbagliato che quasi sempre ha dietro una ragione economica. Claudio lo dice in modo chiaro, bisogna avere il coraggio di combattere queste battaglie e noi non abbiamo visto grandi cambiamenti. Falcone è stato ucciso dalla mafia, ma la magistratura l’ha delegittimato e nessuno ha reagito. Serve il coraggio e la capacità come organizzazione sindacale di combattere per la legalità, in ognuna delle battaglie che portiamo avanti ogni giorno, come quelle per le pari opportunità e quella delle morti sul lavoro. Dobbiamo chiederci come quotidianamente possiamo cambiare le cose. Per le persone che ogni giorno le subiscono.
Torna a parlare Claudio Martelli: “La cosa delle tapparelle mi ha molto colpito. Da il senso di chi non vuol sapere e poi comunque ti rimorde la coscienza e quindi meglio non vedere.
La mafia ha colpito Falcone quando ha capito che nessuno parlava, che nessuno gli andava contro, che era isolato nella magistratura”.
Pierpaolo Bombardieri: “La mafia si è trasformata. Sono imprenditori ora, non è la mafia di Falcone. E La politica con chi fa grandi investimenti fa accordi. Questo è il tema su cui serve una mobilitazione costante di denuncia. E su questi temi rispetto al libro di Claudio faccio una valutazione. Può risuccedere partendo dal libro di Claudio? Potrebbe succedere con Gratteri? Dopo che qualche settimana fa i servizi ci dicono che ci poteva essere un’altra strage e c’è stata una mobilitazione che ha spinto le forze civili a dire non accettiamo questa cosa. Noi dobbiamo capire se la politica rafforza questa barriera che deve essere soprattutto sociale. Alziamo le tapparelle”.
Le nuove generazioni saranno le sole a poter cambiare le cose e bisogna raccontare loro che ci sono persone che hanno sacrificato la propria vita per un mondo più giusto e che ogni singolo passo nella direzione opposta significa non riconoscere il valore di questi martiri.
Questo appuntamento è parte di un percorso di apertura costante che la UIL sta perseguendo per sollecitare il confronto, il dibattito e il ragionamento con tutte le realtà, ma con uno sguardo più mirato ai giovani. E vedere tanti giovani prendere parte all’incontro di ieri ci fa capire che ci siamo sulla giusta strada e che questi eventi sono un passo concreto e tangibile per una società del domani che sia migliore.
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