Per un rilancio del Mezzogiorno serve una visione coraggiosa
17.04.2025
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) rappresenta un’occasione storica per colmare i divari strutturali che affliggono da decenni il nostro Paese, in particolare quelli territoriali tra Nord e Sud. Fin dalla sua ideazione, è stato stabilito un principio guida fondamentale: almeno il 40% delle risorse territorializzabili del Pnrr deve essere destinato alle regioni del Mezzogiorno. Si tratta di un vincolo di coesione che non può essere considerato un obiettivo indicativo, ma un preciso impegno politico e finanziario, per garantire pari opportunità di sviluppo e ad affrontare con decisione le disuguaglianze socio-economiche esistenti.
Gli elementi di criticità del PNRR
Tuttavia, a fronte dell’avanzamento dell’attuazione del Piano, emergono elementi di criticità che rendono necessario un monitoraggio puntuale e trasparente sull’effettiva allocazione e spesa di queste risorse. In particolare, si avverte l’urgenza di verificare se la quota del 40% sia stata realmente rispettata non solo nella fase di programmazione e assegnazione dei fondi, ma anche nella concreta fase di spesa e realizzazione degli interventi, che rappresenta il vero banco di prova della capacità dello Stato di ridurre i divari.
Il problema principale non è l’assenza di fondi, ma la loro gestione. Il Dipartimento per le Politiche di Coesione ha rilevato che il vincolo del 40% delle risorse territorializzabili del Pnrr destinate al Sud, pur previsto dalla normativa, non è stato pienamente rispettato. A ciò si aggiunge la frammentazione istituzionale e l’assenza di una cabina di regia nazionale capace di garantire coerenza, equità e rapidità nell’attuazione dei progetti.
Alla luce di queste considerazioni, riteniamo fondamentale chiedere al Governo una verifica dettagliata, pubblica e aggiornata, sulla destinazione territoriale e sullo stato di attuazione delle misure finanziate dal Pnrr, con particolare attenzione: alla percentuale effettiva di risorse spese nel Mezzogiorno rispetto al totale disponibile; al rispetto del vincolo del 40% per ciascuna missione e componente del Piano; alla qualità degli interventi finanziati e alla loro coerenza con gli obiettivi di sviluppo territoriale sostenibile.
È necessario, dunque, che il principio di riequilibrio territoriale non si traduca in un obiettivo formale, ma venga pienamente concretizzato attraverso atti, misure e controlli efficaci. Solo in questo modo sarà possibile trasformare il Pnrr in un vero strumento di rilancio per il Mezzogiorno e di coesione per l’intero Paese.
Perché il Piano di rilancio del Sud sia credibile, concreto e capace di generare sviluppo duraturo, è necessario fondarlo su tre pilastri essenziali.
Potenziare le infrastrutture
Intanto, c’è bisogno del potenziamento delle infrastrutture materiali, a partire dal completamento dell’Alta Velocità ferroviaria, dal potenziamento della portualità strategica e dalla piena operatività della Zes Unica, che può diventare volano di attrazione per investimenti nazionali e internazionali solo se accompagnata da opere e collegamenti all’altezza.
La UIL osserva con attenzione questa transizione. Se da un lato la semplificazione delle procedure e l’unificazione degli incentivi possono rappresentare un passo in avanti per attrarre investimenti, dall’altro restano ancora forti dubbi sull’effettiva capacità della Zes Unica di incidere in modo strutturale sullo sviluppo del Sud, se non accompagnata da una governance trasparente, risorse certe e un reale coordinamento con le politiche industriali nazionali.
La UIL ritiene indispensabile che lo strumento della Zes non diventi un’operazione meramente nominale o contabile, ma che sia inserito in un quadro strategico più ampio. Incentivi fiscali e agevolazioni non bastano se il contesto infrastrutturale, sociale e occupazionale non viene potenziato in modo organico.
Il credito d’imposta previsto fino a novembre 2025 è un’opportunità, ma va affiancato da investimenti pubblici diretti, politiche attive per il lavoro e un piano di attrazione dei giovani nel Mezzogiorno.
Autonomia differenziata e rischio disuguaglianze territoriali
Non meno preoccupante è il quadro che si va delineando sul piano legislativo. Con l’approvazione della Legge n. 86 del 26 giugno 2024, che introduce nuove forme di autonomia differenziata tra le Regioni, il rischio concreto è che le diseguaglianze territoriali si cristallizzino ulteriormente. Sanità, istruzione, trasporto pubblico: ambiti cruciali per la qualità della vita e l’esercizio dei diritti fondamentali rischiano di subire una frammentazione pericolosa. In assenza di un serio sistema di perequazione e di strumenti vincolanti per garantire l’uniformità dei servizi essenziali, il principio costituzionale dell’uguaglianza potrebbe essere compromesso.
Determinante, poi, è l’attuazione di misure strutturali di compensazione fiscale per le imprese che scelgono di investire in Calabria, chiamate a operare in un contesto ancora segnato da gravi carenze infrastrutturali. Riduzioni del cuneo fiscale, incentivi all’occupazione stabile e detassazione selettiva possono compensare i ritardi strutturali, rafforzando la competitività del territorio.
Infine, è non più rinviabile un investimento concreto sulle persone, attraverso un’azione forte e strutturale contro la povertà educativa, la dispersione scolastica e l’emigrazione giovanile. Il futuro del Mezzogiorno passa dalla formazione, dall’innovazione e dal rientro delle competenze, con politiche attive capaci di trattenere e valorizzare il talento locale.
La UIL ritiene che lo sviluppo del Mezzogiorno debba passare attraverso un investimento strutturale e integrato, che metta al centro non solo le opere pubbliche, ma anche le persone. I dati occupazionali mostrano segnali incoraggianti: nel 2023, gli occupati nel Sud sono aumentati del 2,6% su base annua, più che nelle altre macroaree e oltre la media nazionale (+1,8%). Ma per consolidare questa dinamica è indispensabile rafforzare il sistema scolastico, la sanità territoriale, i servizi pubblici e le politiche attive per il lavoro.
Serve una visione coraggiosa
Serve una visione chiara e coraggiosa. Basta con interventi frammentati e logiche assistenziali: il Sud ha bisogno di strumenti veri per mettersi in moto, agganciando pienamente le opportunità del Pnrr e oltre. Il Mezzogiorno non chiede trattamenti speciali, né sussidi. Chiede giustizia. Chiede il rispetto degli impegni assunti e una visione strategica capace di guardare oltre l’emergenza. È necessario superare l’approccio assistenzialista e riconoscere il Sud per ciò che è: un’area con risorse umane, naturali e produttive in grado di trainare l’intero Paese, se messa nelle condizioni di farlo.
Serve un progetto nazionale che riconosca il ruolo strategico del Mezzogiorno, che ne valorizzi le potenzialità industriali, agricole e culturali, e che sia in grado di colmare i divari storici con misure efficaci, non con slogan. A fronte di un contesto nazionale ancora segnato da incertezze economiche, il Mezzogiorno ha saputo distinguersi, registrando performance di crescita significative, spesso trascurate nel discorso pubblico.
Secondo il Rapporto SVIMEZ 2024, tra il 2019 e il 2023 il PIL del Sud è aumentato del 5,1%, superando il +4,4% registrato nel Centro-Nord. Un dato sorprendente, che conferma la vitalità di una parte del Paese troppo spesso descritta come immobile.
Il Mezzogiorno ha dimostrato, numeri alla mano, di saper fare la propria parte. Ora spetta allo Stato — a tutte le sue articolazioni — fare la propria. Non è più tempo di parole. È tempo di scelte chiare e coraggiose, per un’Italia che voglia definirsi davvero unita, non solo geograficamente, ma anche nei diritti, nelle opportunità e nella dignità.
UIL Servizio Stato Sociale, Politiche Economiche e Fiscali, Immigrazione
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di Pierpaolo Bombardieri

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