In Italia mancano 65 mila infermieri ma i corsi di laurea segnano un – 10% 

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06.10.2023

I governi degli ultimi 3 anni li hanno definiti eroi durante la pandemia di Covid-19, hanno promesso maggiori risorse e investimenti nella sanità, assunzioni, stabilizzazioni e fondi per la valorizzazione della loro professionalità. Eppure, a distanza di tre anni, la situazione per gli infermieri italiani non è cambiata. 

In Italia mancano all’appello 65mila infermieri. I tempi di attesa infiniti per ogni prestazione nel pubblico, fonte di stress per pazienti, familiari e operatori sanitari e la congestione dei Pronto soccorso con iperafflusso di accessi e mancanza di posti letto degli ospedali e la carenza di personale, sono tra le cause principali della grande fuga in atto dal lavoro pubblico sottopagato e causa della poca attrattività della professione infermieristica agli occhi dei più giovani che si affacciano al mondo lavorativo. 

Le domande non hanno raggiunto nemmeno il numero dei posti del bando

Rispetto allo scorso anno accademico, come evidenziato da molteplici studi, sono calate del 10% le domande di accesso ai corsi di laurea in Scienze Infermieristiche, con punte del 15% nelle regioni del Centro. In alcuni Atenei, per la prima volta, le domande non hanno raggiunto nemmeno il numero di posti a bando. Senza infermieri, non avremo più un Servizio sanitario nazionale degno di questo nome. Come Uil Fpl diciamo basta al numero chiuso per le ammissioni ai corsi di laurea in modo da assicurare un consono turnover dei professionisti per gli anni a venire e rafforzare alla radice l’organico, non essendo sufficiente una semplice sostituzione degli infermieri che vanno in pensione. Inoltre, in tal modo, si interromperebbe la via crucis all’estero per la compravendita di titoli, poi riconosciuti equipollenti in Italia. Sosteniamo, invece, la valorizzazione del nostro capitale umano: un giovane che finisce in tempo il percorso di studi universitario e inizia a lavorare non può trovarsi, a distanza di anni, a svolgere sempre le stesse mansioni senza prospettive di crescita, possibilità di specializzazione e aumento salariale nonostante i master di primo o di secondo livello o le lauree magistrali conseguite.

Stipendi più bassi del 23% 

La questione della retribuzione è una delle criticità più evidenti. Gli stipendi degli infermieri italiani sono in media più bassi del 23% rispetto a quelli dei loro colleghi nei paesi Ocse. Ma non è solo un nodo salariale. Gli eroi sono stati abbandonati nelle retrovie dai generali di un esercito disorganizzato con contratti di lavoro condannati ad essere sottoscritti a tempo scaduto, che non migliorano le condizioni di lavoro e che non tengono il passo con le retribuzioni europee. Gli stessi fondi del PNRR rischiano di non essere utili al cambiamento strutturale se non si interviene attraverso un investimento deciso sulle risorse umane anche per prevenire la fuga dei professionisti in cerca di condizioni migliori. 

Oggi il diritto alla salute dei cittadini è strettamente intrecciato al destino professionale di tutti gli operatori sanitari del SSN. Perciò la battaglia in difesa della sanità pubblica è la battaglia di tutti. Nonostante i dati e i limiti sottolineati, il sistema sanitario del Paese ha retto l’urto della pandemia. E questo grazie alla vitalità, alla passione e al forte senso di responsabilità che hanno dimostrato le lavoratrici e i lavoratori, ineguagliabili professionisti che hanno messo a repentaglio la propria vita pur di assicurare il diritto alla salute ad ogni singolo cittadino. Per riprogettare la sanità italiana, i 20 miliardi di euro previsti dal PNRR sono importanti ma non sono sufficienti. Difatti, tutti gli studi economici di questi mesi affermano che per riallineare la spesa sanitaria italiana alla media europea occorrono 10 miliardi all’anno per i prossimi 5 anni. 

Il Mes sanitario

Per permettere la sostenibilità di questa mole importante di risorse, la UIL-FPL e la UIL continuano a ribadire alla Presidente Meloni di riaprire in Europa la partita del Mes Sanitario: 35 miliardi immediatamente disponibili, restituibili in molti anni e ad un tasso d’interesse dello 0.60%. Il Def 2024 rappresenta la cartina di tornasole delle politiche sanitarie del Governo in carica, e l’occasione per capire quale modello assistenziale vuole adottare e quali politiche di tutela dei professionisti di cui pure, a parole, riconosce l’importanza per il rilancio della sanità pubblica. Il presente e il futuro della più grande infrastruttura civile del Paese, la sanità pubblica, presidio di coesione sociale e unità nazionale, dipende da quante risorse si posteranno nelle prossime leggi di bilancio e da quale ruolo si vorrà riconoscere a tutti i professionisti sanitari che da troppi anni subiscono le conseguenze di pessime condizioni di lavoro.

Ufficio Comunicazione UIL FPL Nazionale

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