Le lotte dei lavoratori della terra e un ricordo di Rocco Scotellaro
17.04.2023
Il 17 aprile ricorre la Giornata internazionale della lotta contadina.
Il motivo della scelta di questa data risiede nel fatto che lo stesso giorno del 1996, presso la cittadina brasiliana di Eldorado Dos Carajas, fu perpetrata la strage di 19 contadini da parte delle forze di polizia governativa. La “colpa” dei contadini, che facevano parte del “Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra” (Movimento dei lavoratori senza terra o MST) fu quella di manifestare pacificamente, chiedendo l’appropriazione da parte del governo federale di un ranch privato in cui il movimento aveva montato un campo chiamato “Macaxeira” con quasi 3000 famiglie.
Quella dell’affermazione dei diritti per braccianti e contadini è una storia lunga, che ancora vede enormi soprusi perpetrarsi e non solo nei Paesi dove c’è un basso livello di sviluppo economico e politico. Infatti, basta vedere cosa accade ai migranti nella nostra filiera agricola e le condizioni in cui sono costretti a vivere, per capire di quanto il fenomeno dello sfruttamento selvaggio lungi dall’essere risolto definitivamente.
Le radici del sindacalismo
Il nostro, inoltre, è un sindacalismo che ha le sue radici più nei campi che nelle ferriere, visto il ritardo con cui l’Italia arrivò alla rivoluzione industriale. Le lavoratrici stagionali delle risaie, le mondine, sono state le protagoniste di pagine eroiche di scioperi e proteste, che rimangono scolpite nella storia del sindacalismo italiano delle origini, a cavallo tra Otto e Novecento, soprattutto in Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.
Tra i personaggi più straordinari ricordiamo la nostra Argentina Altobelli, che partecipò al Congresso costitutivo di Federterra del 1901, divenendone segretaria nel 1909.
Lotte dure e spietate, che non hanno smesso di versare sangue anche dopo la caduta del fascismo e l’avvento della Repubblica: le stragi di Portella della Ginestra (primo maggio del 1947) ed Avola (2 dicembre del 1968) ne sono tragici esempi. Entrambe, poi, consumatesi nel Sud del nostro paese. Una regione che ancora soffre di enormi abusi nei confronti dei lavoratori della terra.
Rocco Scotellaro e la lotta contadina
Ad essi dedicò tutta la vita Rocco Scotellaro, di cui quest’anno ricorre il centenario dalla nascita. Ricordarlo è doveroso, soprattutto nella giornata di oggi.
Rocco Scotellaro nasce a Tricarico, cittadina del Materano, impoverita dai drammi della Prima guerra mondiale. Tanta era la miseria che colpiva una popolazione che viveva di una poverissima economia agro-pastorale e artigiana. Tremende erano le condizioni dei contadini senza terra e dei braccianti.
Scotellaro, ebbe la possibilità di intraprendere studi fuori regione. A Trento si avvicina al socialismo ma matura il suo pensiero politico, con la conseguente iscrizione al PSI, in anni critici come il biennio tra il 1943-1944, in cui la Basilicata diviene terra di ebrei internati e di confinati politici, che si opponevano al fascismo.
Fu designato come membro del Comitato di Liberazione Nazionale della provincia di Matera e nel 1946, ad appena 23 anni, Scotellaro fu eletto sindaco della sua cittadina natale rimanendovi in carica fino al 1950.
Nella sua azione politica ebbe sempre una grande attenzione per le questioni sociali che affliggevano la sua gente, tanto che riuscì ad aprire nella sua Tricarico un ospedale e la scuola. L’analfabetismo era una piaga enorme nell’Italia meridionale dell’epoca.
Si mise alla testa del movimento della lotta contadina per l’occupazione e l’utilizzazione delle terre incolte al fine di strapparle al latifondo, ben prima della riforma agraria del 1950 per la redistribuzione del possesso delle terre.
Tentò, con tutte le sue forze, di elevare le condizioni di vita di un Mezzogiorno, che nel Secondo dopoguerra era certamente un luogo di intensa conflittualità, nel quale situazioni di arretratezza economica e di sperequazione sociale, risalenti almeno all’Unità, andavano via via appalesandosi, trasformandosi non di rado in una vera avversione verso il modello su cui andava ricostruendosi l’Italia post- bellica.
L’arresto
L’8 febbraio del 1950, per un presunto reato di concussione, fu arrestato. Trascorse un periodo tremendo in carcere, che lo segnò per sempre. Ne uscì il 25 marzo successivo e il tribunale ne decretò la completa innocenza. Però, Scotellaro decise ugualmente di dimettersi dalla carica di sindaco di Tricarico, lasciando il suo paese di origine per recarsi a Portici.
Nella cittadina campana, fu chiamato dal suo amico economista e meridionalista Manlio Rossi Doria come segretario di redazione del “Gruppo lucano di studio”.
Con Rossi Doria, Scotellaro lavorò all’Osservatorio di Economia Agraria, partecipando ai lavori per il Piano regionale di sviluppo della Basilicata. L’amore per la sua terra e i “suoi contadini”, rimasero immutati, tanto che furono al centro di numerosi componimenti poetici e letterari.
Già, perché Rocco Scotellaro fu anche un poeta.
In una di queste, intitolata “Sera e Mattina”, scrive: Scorrono neri alle case di faccia/ dai nascondigli per i sentieri. Camminano i contadini/ quando la terra è presa dal sonno/ sera e mattina. Come la terra chiude gli occhi/ le nubi vanno dalle case ai monti. Poi si sono accese le luci nel paese. Aria mite, cielo celeste/ a operaio e contadino/ una notte di festa.
Il filone meridionalista a cui lo scrittore di Tricarico si ispirava ha il suo esponente più rappresentativo in Carlo Levi. Scotellaro riconobbe nel Cristo si è fermato a Eboli un fondamentale quanto efficace intervento di denuncia di Levi rispetto ai problemi del Sud.
Scotellaro muore improvvisamente il 15 dicembre del 1953. Aveva solo 30 anni e la sua vita l’aveva dedicata tutta alla lotta contadina. Ai “suoi” contadini: quel «gruppo sociale più omogeneo e antico, per le condizioni di esistenza, per i rapporti economici e sociali, per la generale concezione del mondo e della vita». Agli ultimi.
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di Pierpaolo Bombardieri

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