L’Italia scende al secondo posto nella classifica della Circular Economy

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30.09.2023

Dalla recente pubblicazione del “Rapporto sull’Economia Circolare in Italia (2023)”, a cura del Circular Economy Network, in collaborazione con Enea, emerge che nel 2023 solo il 7,2% dell’economia mondiale è circolare, mentre cinque anni fa lo era il 9,1%.

Il Rapporto evidenzia, inoltre, come tra le economie europee, l’Italia risulti ancora tra i principali leader, assieme a Francia, Germania, Polonia e Spagna, ma dai dati, purtroppo, si riscontra chiaramente che, dopo anni al vertice fra gli stati del continente europeo, il nostro Paese ha perso il proprio primato nel settore della circular economy, lasciando il posto all’Olanda.

Su che indicatori si basa l’analisi?

A rendere evidente questo risultato è stata l’analisi di 17 indicatori, di cui cinque misurano l’impatto ambientale pro-capite su ambiente e clima, sei tengono conto dell’efficienza d’uso delle risorse e sei valutano la capacità di risposta ai problemi ambientali. L’Italia, purtroppo, risulta al primo posto solo in un caso: il tasso di riciclo sul totale dei rifiuti urbani e speciali prodotti, indicatore rispetto al quale doppiamo abbondantemente la media dell’Unione europea (40%).

Consumiamo una quantità maggiore di risorse e generiamo una quota più elevata di rifiuti, sia in termini per abitante che in rapporto al nostro Pil. Questo è in contrasto con i dati medi europei, che mostrano una diminuzione di tali indicatori. Inoltre, produciamo una maggiore quantità di emissioni nocive per persona, con un andamento peggiore in confronto ai dati europei. Anche nei settori del consumo di energia fossile e della crescita delle energie rinnovabili, non stiamo seguendo la tendenza del continente.

Nel consumo di energia fossile, rimaniamo stabili, mentre l’Europa mostra una riduzione del 5%. Nella crescita delle energie rinnovabili, contribuiamo solo al 7% rispetto al totale dei consumi, mentre l’Ue è al 14%. Inoltre, la nostra crescita nella produzione elettrica da fonti rinnovabili è del 2,2%, mentre l’insieme degli stati membri ha registrato un aumento del 15,2%.

Un serio rallentamento della sostenibilità ambientale

La crisi che emerge dai dati presentati evidenzia un serio rallentamento nel nostro percorso verso la Sostenibilità ambientale, soprattutto nel contesto della transizione energetica. Quest’ultima, che mira a spostarsi dalle fonti fossili (come il carbone, il petrolio e il gas) verso fonti rinnovabili come il sole e il vento, è di cruciale importanza per affrontare con efficacia la crisi climatica globale. È importante notare che l’Italia è attualmente uno dei principali punti di crisi nella situazione climatica globale. Infatti, abbiamo registrato un aumento della temperatura media di quasi 3 °C rispetto al periodo preindustriale, un incremento pressoché triplo rispetto alla media globale. Nel 2022, la temperatura ha superato la soglia dei 14 °C. Ci troviamo essenzialmente nel “cuore” di una tempesta climatica che, diversamente da tutti i fenomeni di similari precedenti nella storia della Terra e dell’umanità, è causata dalle attività umane.

La tendenza al ribasso di cui sopra, in realtà, non risulta limitata solo all’Europa e al nostro Paese, in quanto l’indice globale di circolarità dell’economia mondiale – che misura la quota di materiali provenienti dal riciclo sul totale dei materiali consumati – appare in diminuzione: infatti, partendo da un livello già basso e del tutto insoddisfacente, addirittura si è verificato un calo dal 9,1% nel 2018 al 7,3% stimato per il 2023 (Circularity Gap Report 2023).

L’economia mondiale, a sua volta, ha superato il consumo totale di 100 miliardi di tonnellate di materiali (minerali, metalli, fossili e biomasse) che, dal 1950 ad oggi, è cresciuto di oltre 7,5 volte; di questo passo, al 2050 avremo bisogno di 170-180 miliardi di tonnellate di materiali.

Piano d’azione per l’economia circolare e Green Deal

Leggermente migliori sono le stime sul tasso di utilizzo circolare delle risorse nell’Unione europea, rispetto al dato mondiale: la percentuale dell’11,7% del 2018 è rimasta sostanzialmente stabile fino all’ultimo dato disponibile nel 2021. Nel marzo 2020, inoltre, la Commissione Ue ha adottato il nuovo Piano d’azione per l’economia circolare per un’Europa più sostenibile e più competitiva, in linea con il Green Deal.

Quest’ultimo prevede iniziative e misure che puntano a: rendere i prodotti immessi sul mercato dell’UE durevoli, più facili da riutilizzare, riparabili e riciclabili, limitando anche i beni monouso, l’obsolescenza programmata e vietando la distruzione dei beni invenduti; responsabilizzare i consumatori, fornendo loro corrette informazioni e favorendo scelte più circolari di consumo e gestione dei beni; incentrare l’attenzione sui settori che hanno un elevato potenziale di circolarità; ridurre i rifiuti potenziando le misure di prevenzione e di riutilizzo e ridurre il loro smaltimento, trattando i beni a fine ciclo di vita per trasformarli in “materie prime seconde” di elevata qualità con un mercato delle materie prime seconde efficiente.

Tornando all’Italia, nonostante il trend in diminuzione, i dati aggiornati confermano un buon posizionamento europeo del nostro Paese nella direzione della circolarità dell’economia: il tasso di utilizzo circolare dei materiali al 18,4% è ben più alto della media Ue; per la produttività delle risorse ci attestiamo davanti alle altre principali economie del continente, con 3,2 euro generati per ogni kg di materiale consumato; e anche nella percentuale di riciclo sul totale dei rifiuti prodotti, speciali e urbani, ci confermiamo in testa con un 72%.

Le proposte della UIL

Come UIL, siamo convinti che la conversione verso modelli di produzione e di consumo circolari si manifesti sempre di più come una necessità, non solo per garantire al nostro Paese la Sostenibilità dal punto di vista sociale ed ecologico, ma anche per garantire una solida ripresa economica, per rendere stabile e duraturo lo sviluppo e assicurare la competitività delle imprese, creando nuova occupazione e di qualità.

Per centrare al meglio e in tempi brevi i target previsti dal nuovo modello di sviluppo, è anche necessario agire affinché la progettazione dei prodotti sia sempre più ecocompatibile: ampliando la direttiva sulla progettazione; estendendo i criteri di ecodesign; puntando sulla durabilità e sulla riutilizzabilità, sull’incremento dell’uso di materiali riciclati e di “materie prime seconde”, nonché sulla limitazione di prodotti monouso. Allo stesso modo, è opportuno intervenire sui processi produttivi: agevolando la simbiosi industriale; sviluppando la bioeconomia rigenerativa; promuovendo l’uso delle tecnologie digitali per la tracciabilità delle risorse; incrementando il ricorso alle tecnologie green; supportando la circolarità attraverso la revisione della direttiva sulle emissioni industriali; promuovendo la circolarità nelle piccole e medie imprese.

Dal punto di vista dei consumi, infine, bisogna puntare a garantire che gli utenti finali ricevano informazioni attendibili sulla durata di vita e sulla riparabilità dei prodotti, avviando una cultura del riciclo e del riuso che dovrà essere il fondamento del prossimo futuro comune.

Dipartimento Ambiente UIL

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