LE PMI E LA SFIDA DELLA DIGITALIZZAZIONE

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16.07.2024

Il rapporto “Imprese e ICT 2023” dell’Istat offre un quadro dettagliato sullo stato della digitalizzazione delle piccole e medie imprese (PMI) italiane, mettendo in evidenza le aree di progresso e quelle in cui c’è ancora molto da migliorare.

Uno degli aspetti positivi emersi dal rapporto riguarda l’adozione del cloud computing e della fatturazione elettronica. Le PMI italiane si distinguono in questo campo, posizionandosi sopra la media europea. Questo segnale di progresso mostra come molte imprese abbiano colto l’opportunità di migliorare l’efficienza operativa e la gestione dei dati attraverso tecnologie avanzate. L’uso del cloud computing, per esempio, permette alle aziende di accedere a risorse IT flessibili e scalabili, riducendo i costi operativi e aumentando la sicurezza dei dati. Allo stesso modo, la diffusione della fatturazione elettronica ha semplificato i processi amministrativi e migliorato la trasparenza fiscale.

Il problema dello scarso utilizza dell’intelligenza artificiale

Nonostante questi progressi, il rapporto mette in luce una significativa lacuna nell’adozione dell’intelligenza artificiale (AI). Solo il 5% delle PMI italiane utilizza tecnologie di AI, un dato preoccupante se confrontato con altre nazioni europee più avanzate in questo settore. Il ritardo nell’adozione dell’intelligenza artificiale non è solo una questione tecnologica, ma ha implicazioni dirette sulla competitività del “Made in Italy”.

Le ragioni di questo ritardo sono molteplici. Innanzitutto, c’è una diffusa mancanza di competenze specifiche all’interno delle PMI. Molte aziende non dispongono del know-how necessario per implementare e gestire soluzioni di intelligenza artificiale. Inoltre, vi è una percezione diffusa dei costi elevati associati all’adozione di queste tecnologie. Sebbene i benefici a lungo termine dell’AI siano evidenti, gli investimenti iniziali possono sembrare proibitivi per molte PMI.

Se da un lato l’AI, con le dovute cautele, può trasformare significativamente settori chiave del “Made in Italy” come la moda, il design, l’automotive e l’agroalimentare, ottimizzando, ad esempio, i processi produttivi, dall’altro, la prospettiva di una crescente adozione dell’AI solleva anche una serie di preoccupazioni in ambito lavorativo. La principale paura riguarda la possibile riduzione dei posti di lavoro dovuta all’eccessiva automazione del lavoro, e quindi ad un aumento della precarietà. La richiesta di nuove competenze tecniche potrebbe escludere i lavoratori meno qualificati, aumentando le disuguaglianze e la polarizzazione del mercato del lavoro. Questo scenario richiede un’attenta riflessione e l’adozione di misure adeguate a garantire che la transizione tecnologica sia equa e inclusiva.

Il ruolo del Sindacato

In questo contesto, il Sindacato ha un ruolo cruciale da svolgere. Deve essere, così come la Uil da sempre afferma, attore attivo nel processo di transizione tecnologica, promuovendo la formazione e l’aggiornamento professionale per i lavoratori. È essenziale sviluppare programmi di riqualificazione che consentano ai dipendenti di acquisire le competenze necessarie per lavorare con le nuove tecnologie.  È necessario governare e gestire il cambiamento e non subirlo. Solo attraverso una collaborazione tra il sindacato, le imprese, i lavoratori e le istituzioni sarà possibile sfruttare appieno le potenzialità dell’AI, soprattutto in settori centrali della nostra economia, preservando al contempo l’occupazione e le condizioni di lavoro.

Servizio Contrattazione Privata, Rappresentanza Politiche Settoriali e Ambiente

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