Lotta al Lavoro Sommerso: I nuovi Decreti

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21.04.2023

Negli ultimi giorni è tornato di attualità il Piano Nazionale per la Lotta al Lavoro Sommerso per il triennio 2023-2025, adottato a dicembre 2022 con cui si è data attuazione ad una Milestone del PNRR dedicata alla lotta al sommerso. 

Si tratta nello specifico, di una “strategia stabile in grado di valorizzare il ruolo e le sinergie tra i diversi attori, non solo istituzionali, coinvolti nella prevenzione, nel contrasto del lavoro irregolare e nella valutazione delle politiche, secondo un approccio multi-agenzia, anche in relazione alle diversità dei settori produttivi e dei contesti territoriali”.

Il Piano e il comitato Nazionale per la Lotta al Lavoro Sommerso

Oggi se ne torna a parlare poiché lo scorso 6 aprile, il Ministero del Lavoro ha emanato due decreti volti rispettivamente ad aggiornare il Piano Nazionale e la relativa tabella di marcia attuativa (Decreto Ministeriale 58/2023) e ad istituire il Comitato Nazionale per la prevenzione e il contrasto del lavoro sommerso (Decreto Ministeriale 57/2023). 

Del Comitato, oltre ai rappresentanti di tre diversi Ministeri, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, Inps, Inail, Anpal, Banca d’Italia, Istat, Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza, Arma dei Carabinieri, Conferenza delle Regioni, faranno parte anche le Parti Sociali e, tutti insieme, coordineranno e monitoreranno l’attuazione delle misure contenute nel Piano e vigilare sul rispetto della tabella di marcia.  

I dati dell’Istat sul lavoro sommerso

Il tema, anzi la piaga del lavoro sommerso, nel nostro Paese, è particolarmente rilevante: in Italia, il valore dell’economia non osservata, che comprende economia sommersa e illegale, è di 174,6 miliardi di euro, con un’incidenza del 10,5 per cento sul PIL nazionale, di cui 62,4 miliardi di euro riferiti a lavoro irregolare ed una platea di circa 3 milioni di lavoratrici e lavoratori irregolari. 

Sono gli ultimi dati resi noti dall’ISTAT (ottobre 2022) ma fanno riferimento a un anno molto particolare, il 2020, caratterizzato dall’esplosione della pandemia da Covid-19.

Un elemento di contesto decisivo che bisogna tenere presente in modo particolare quando si parla della componente relativa al lavoro irregolare: nel 2020 il tasso di irregolarità (calcolato come incidenza delle unità di lavoro irregolari sul totale) registra un 13,6 per cento, in diminuzione di 1,2 punti percentuali rispetto al 2019. 

I settori dove si riscontra più lavoro irregolare

Andando a esaminare nel dettaglio la distribuzione del lavoro irregolare nei diversi settori produttivi, il comparto “Altri servizi alle persone”, che comprende il lavoro domestico, arriva quasi alla metà del totale (43,4 per cento) e registra la flessione più consistente rispetto al 2019 (3 punti percentuali), mentre il settore Agricoltura si attesta al 18 per cento (-0,4 per cento rispetto al 2019) e si raggiunge il 15,3 per cento nel Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (-1,8 per cento). 

Nonostante la diminuzione del fenomeno rispetto al 2019, dunque, e soprattutto tenendo conto della particolarità dell’anno di rilevazione in questione, rimane evidente quanto il lavoro sommerso sia, nel nostro Paese, una pratica diffusa.

Una pratica che, molto spesso, rende ancora più esposte le persone già in condizioni di fragilità, che dunque, pur di lavorare, accettano situazioni non tutelate e condizioni di grave rischio anche dal punto di vista della salute e sicurezza sul lavoro. 

Il Report dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro

Ma accanto ai dati statistici, occorre aggiungere quelli più recenti forniti annualmente dal Report dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro sui risultati dell’attività ispettiva. 

Ed anche sul tema delle ispezioni ci si accorge di quanto ancora ci sia da fare per arrivare all’obiettivo finale della lotta al lavoro sommerso. 

Sicuramente dalle risultanze delle ispezioni effettuate nel 2022 emerge la necessità di aumentare il numero degli ispettori e delle ispezioni poiché è molto bassa la percentuale di aziende controllate (solo il 6% delle imprese in Italia) ed è alto il tasso di irregolarità lavorativa riscontrato durante l’attività di vigilanza (72% delle aziende ispezionate) e in tema di salute e sicurezza (82,5%).

Le azioni prioritarie del Piano Nazionale

Ecco il perché dell’importanza di far rientrare la lotta al lavoro sommerso come parte integrante del PNRR attraverso il Piano Nazionale e la sua roadmap.

Un Piano che delinea come azioni prioritarie quelle volte a: 

  • affinare le tecniche di raccolta e delle modalità di condivisione dei dati sul lavoro sommerso, volto a migliorare la conoscenza del fenomeno da parte di tutte le Autorità competenti, la creazione di reti inter-istituzionali di cooperazione, anche informatica, tra le Autorità finalizzate a condividere il patrimonio informativo sul lavoro sommerso e favorire una più approfondita conoscenza dell’evoluzione del fenomeno in funzione di monitoraggio e prevenzione di possibili ed inediti scenari di irregolarità; 
  • introdurre misure dirette e indirette per trasformare il lavoro sommerso in lavoro regolare, in maniera che i benefici dall’operare nell’economia regolare superino i costi del continuare ad operare nel sommerso; 
  • realizzare una campagna informativa rivolta ai datori di lavoro e ai lavoratori, con il coinvolgimento attivo delle parti sociali, in linea con le più recenti iniziative adottate dalla Commissione Europea, per sensibilizzare i destinatari sul “disvalore” insito nel ricorso ad ogni forma di lavoro irregolare; 
  • una struttura di governance che assicuri una efficace implementazione delle azioni ed il monitoraggio sull’attuazione delle misure;
  • azioni volte a favorire l’impiego regolare di lavoratori stranieri in agricoltura, attraverso il contrasto agli insediamenti abusivi e la promozione di azioni di politica attiva (azione inserita con il Decreto Ministeriale 58/2023)

Lavoro sommerso: nessun confronto con le Organizzazioni Sindacali

La data di scadenza per l’adozione di questo piano, da programma, era il 31 dicembre 2022. Il Piano è stato adottato il 19 dicembre ed è entrato in vigore due giorni dopo, il 21. 

Sarà forse questa lotta contro il tempo ad aver impedito al Governo di avviare, su questo tema e su questo strumento, così centrali nel nostro mercato del lavoro, un confronto preventivo e propedeutico con le parti sociali? 

Alle Organizzazioni Sindacali, infatti, è stato chiesto – peraltro con tempistiche davvero molto strette – solamente un contributo scritto, che non prevedeva alcuna possibilità di confronto. 

Il metodo seguito per la sua formulazione (irrispettoso delle procedure di consultazione delle parti sociali previste dal Protocollo d’intesa tra il Governo e CGIL, CISL, UIL sottoscritto il 23 dicembre 2021 in attuazione dell’articolo 8 comma 5 bis del Decreto-legge 77/2921 “Governance e semplificazioni del PNRR”) è solo uno dei rilievi che, come UIL, abbiamo avanzato su questo documento, quando – lo scorso dicembre – ci è stato presentato il testo. 

Le criticità della proposta del Governo

La prima grande criticità da noi rilevata riguarda l’aumento del numero di ispezioni (proposta all’interno della seconda azione), che dovrebbero crescere del 20 per cento entro il 2026. 

Guardando le cifre assolute e, soprattutto, parametrandole sul numero di imprese esistenti nel nostro Paese, ci si rende facilmente conto dell’insufficienza e inadeguatezza di questa misura.

Nel 2021, anno che il PNRR prende come riferimento per calcolare il target del 20 per cento, sono state effettuate 117.608 ispezioni, che hanno riguardato il 7,1 per cento delle imprese censite dall’INPS. 

L’aumento previsto dal PNRR porterebbe il numero assoluto delle ispezioni a 141.000, pari all’8,5 per cento del totale delle imprese. È evidente che questo target non possa in alcun modo essere considerato efficace rispetto alla vastità del fenomeno che ci si prefigge di contrastare. 

Il lavoro dell’Ispettorato, infatti, riveste un ruolo essenziale e produce risultati impressionanti: lo scorso anno, su 12.522 ispezioni effettuate, il tasso di irregolarità riscontrato è altissimo, pari all’83 per cento. Sono stati presi 6.196 provvedimenti di sospensione dell’attività di impresa, di cui 4.085 per impiego di personale in nero e 2.111 per gravi violazioni in materia di salute e sicurezza. 

Reintroduzione dei Voucher: un inaccettabile passo indietro

Inoltre, se è vero, come abbiamo già sottolineato, che una grande fetta del lavoro irregolare è afferente al lavoro domestico, riteniamo che la strada della reintroduzione dei voucher per questo tipo di attività prospettata nel Piano, sia inaccettabile.

Invece di pensare a strumenti che fanno tornare indietro il sistema in termini di tutele, dobbiamo garantire un più efficiente ed efficace sistema di controlli e lavorare per una più capillare diffusione della cultura della legalità.

Infine, riteniamo sbagliato inserire in questo contesto la riflessione riguardante l’indennità di accompagnamento: il quadro normativo più appropriato è quello dell’attuazione della Legge delega sulla disabilità e della Legge sulla non autosufficienza.

Le proposte della UIL sul tema del lavoro sommerso

Se fossimo stati interpellati con i metodi e le tempistiche consone all’ideazione e stesura di una misura di simile importanza, avremmo potuto avanzare una serie di proposte. Proposte che, comunque, non mancheremo di rappresentare nelle sedi deputate se e quando ce ne verrà data la possibilità e che comprendono:

  • prevedere la costituzione di una cabina di regia a livello locale presso le Prefetture con il coinvolgimento delle parti sociali sul modello dei tavoli per l’emersione;
  • inserire e definire in questo contesto una vera e propria qualificazione delle imprese, creando una sorta di “patente a punti”;
  • estendere anche al settore agricolo, adattandolo alle specificità del comparto, il sistema della congruità della manodopera impiegata messo in atto nel settore edile;
  • potenziare il contrasto di interessi con il rafforzamento delle agevolazioni fiscali e contributive per il lavoro domestico che non deve essere ancorato all’ISEE né, tantomeno, all’indennità di accompagnamento;
  • prevedere forme di emersione ad personam per immigrati che hanno un lavoro, anche se irregolare, unitamente a forme monitorate di ingresso per ricerca di occupazione, con garanzia di uno sponsor e, infine, una riforma della Legge sulla cittadinanza;
  • coinvolgere la bilateralità contrattuale;
  • costituire presso l’INPS un Fondo di Garanzia per garantire il pagamento delle retribuzioni e dei contributi ai lavoratori per cui sia stato accertato un credito da lavoro tramite l’emanazione di una “diffida accertativa” che, pur rappresentando un titolo esecutivo, è spesso complicato far valere.

Il dialogo sociale prima della norma

Il dialogo sociale su provvedimenti così rilevanti dovrebbe essere sempre la norma, ma questa buona prassi diventa ineludibile per tutte le misure relative al PNRR.

La partecipazione delle parti sociali, infatti, è stata prevista e voluta per garantire che, nel momento di progettazione e di implementazione, sia sempre garantita l’adozione di una prospettiva più ampia e inclusiva possibile. 

Come è ovvio che sia, le parti sociali sono portatrici di conoscenze, competenze e anche una visione di tutela degli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori che, per forza di cose, è complementare a quelle delle istituzioni: ecco la necessità di lavorare insieme, nel merito. 

La finalità è la qualità della misura o del provvedimento, non il mero espletamento di un obbligo burocratico. 

La lista di misure e interventi da realizzare all’interno della cornice del PNRR è ancora lunga: contiamo che il Governo se ne ricordi per tempo, alle prossime occasioni. 

Servizio Lavoro, Coesione e Territorio UIL

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