Lauree umanistiche: i pregiudizi da smentire

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22.03.2022

Filosofia, lettere, storia, scienze politiche, scienze della comunicazione, della formazione, psicologia, sociologia, mediazione linguistica e culturale e molte altre. Circa il 30% degli italiani sceglie facoltà umanistiche, che risultano infatti essere le preferite dai giovani.

In passato risultavano esserci troppi laureati in queste materie rispetto ai posti di lavoro disponibili. Il contrario di quello che da sempre accade per le lauree scientifiche. E anche ora, le sirene delle professioni STEM suonano molto forte. Sono tante le aziende che sollecitano gli studenti maturandi a intraprendere percorsi di laurea in discipline scientifiche e tecniche.
Ma se un giovane alla scienza e alla tecnologia non vuole approcciare, è destinato a timbrare il cartellino della disoccupazione? Noi pensiamo di no.

Quando si parla di facoltà umanistiche, i pregiudizi non tardano a farsi notare: la maggior parte delle persone sono scettiche sugli sbocchi lavorativi; tante altre sono convinte della ineluttabilità del binomio lauree umanistiche-insegnamento. Si crede, cioè, che l’unica vera opportunità di lavoro sia offerta dal mondo della scuola. Ed effettivamente quello dell’insegnante rimane tra i lavori più richiesti tra le lauree umanistiche.

Al netto di questo, le cose sono molto cambiate grazie all’avvento dell’era digitale, che ha creato nuovi lavori. Alcuni di questi si sono dimostrati indispensabili, soprattutto ai tempi del Covid, in cui in molti sono stati costretti a lavorare solo online.

Digitale vuol dire sì molta tecnica, informatica, elettronica, ingegneria insomma. Eppure l’esigenza di sviluppo del web e dei social per le aziende ha reso molto appetibili i laureati in sociologia, lettere, filosofia, lingue e non solo. Le lauree in filosofia, lettere o comunicazione risultano essere molto richieste nel mercato del lavoro perché presentano delle qualità che permettono loro di essere molto flessibili e di adattarsi ai cambiamenti di questo mondo che è in continua evoluzione.

In primo luogo, la capacità di sintesi e di scrittura, nonché una buona dizione sono elementi molto apprezzati in ambito lavorativo. Figure come il responsabile comunicazione, il giornalista, l’addetto stampa o il Social Media Manager (di cui abbiamo parlato qui) hanno una domanda di lavoro molto alta.

Non solo. L’instructional design, ad esempio è una professione che si sta facendo molta strada, così come una figura “umanista” è indispensabile nello sviluppo delle interfacce e dell’AI.
Il valore aggiunto delle lauree umanistiche potrebbe essere proprio l’assenza di una traiettoria univoca tra studi e lavoro. Basti leggere la ricerca dell’American academy of arts and sciences da cui emerge che l’11% dei laureati nel settore fa carriera nel management, accanto a quote interessanti di professionisti riconvertiti in ambiti come Ict, finanza, vendite, servizi, sempre lavori molto richiesti.

Come anticipato infatti, le industrie del digitale e del tech si stanno rivelando come tra le più “affamate” di laureati in possesso delle competenze intellettive fornite da studi umanistici.
Un esempio interessante è che i laureati in filosofia sono molto apprezzati nel mondo dell’intelligenza artificiale, al fine di studiare il rapporto che intercorre tra i robot e gli uomini e l’interazione uomo – macchina.

Quelli umanistici sono studi che aprono la mente a una grande versatilità e creatività perché insegnano dei metodi di ragionamento molto aperti, riflessivi e innovativi. Allenano all’acquisizione di soft skill (ne abbiamo parlato qui) che stanno diventando sempre più richieste.

Come evidenziato da Lorenzo Tomasin, ordinario di storia della Lingua italiana all’Università di Losanna:

«I laureati in ambito umanistico hanno un approccio teorico che si applica anche in ambiti che sembrano distantissimi. Prendiamo il machine learning o lo speech recognition: chi li può analizzare meglio di un umanista?»

Sfatiamo dunque il mito del passato dell’elevato tasso di disoccupazione e dello squilibrio retributivo dei laureati in ambito umanistico rispetto a coloro che lavorano nell’ambito scientifico.
Ogni laurea è utile e permette di specializzarsi in un determinato settore, anche se distante dalla scelta inziale del corso universitario.

Esiste, piuttosto, un problema di orientamento e di comunicazione tra il tessuto produttivo e il sistema scolastico, oltre che formativo al di là della scuola. Continuare a scegliere percorsi universitari sulla base del sentire comune o delle mode non è più auspicabile. Sarebbe opportuno – e questi nostri approfondimenti vogliono andare proprio in questa direzione – presentare tutto il ventaglio di opportunità che ogni percorso di studi è in grado di offrire sulla base delle richieste del mercato del lavoro.

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