Intelligenza artificiale: il lavoro si libera di noi?

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02.04.2023

La notizia è di quelle che sembrano uscite da un film di fantascienza. Secondo uno studio della banca d’affari Goldman Sachs, l’intelligenza artificiale sarebbe ormai in grado di portare un aumento del Prodotto interno lordo mondiale del 7% nel giro di 10 anni. 

Peccato – avverte sempre lo stesso studio – che verrebbero lasciati per strada con molta probabilità qualcosa come 300 milioni di posti a tempo pieno a rischio nelle grandi economie. Ora, la prima cosa che viene da chiedersi è come facciano i conti quando elaborano certi studi. 

IL LAVORO E IL PIL. STUDI A CONFRONTO

Per fare un esempio delle proporzioni, i circa 2,5 milioni di lavoratori stranieri in Italia producono secondo la Fondazione Moressa 134 miliardi di euro. Parliamo del 9% del Prodotto interno lordo italiano (dati 2021). Quindi, parliamo di 120 volte questo valore, prendendo come base un lavoro che al momento produce un margine di valore più basso (le qualifiche dei lavoratori immigrati sono basse). Quindi si tratta di un calcolo fatto a spanne e ottimistico.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE GENERATIVA

Un’avvertenza dovuta, perché i due autori dello studio di Goldman Sachs spiegano che l’intelligenza artificiale generativa (quella che crea contenuti e attività da zero, come l’ormai famosa ChatGPT) colpirà in particolare i posti di lavoro di profilo medio e medio alto.

Così, spiegano, nel caso statunitense c’è un 30% di forza lavoro che svolge attività più “fisiche” o all’aria aperta che sarebbe coinvolto in modo marginale. Il 63% della forza lavoro sarebbe soggetto a cambiamenti mentre un restante. Il 7% vedrebbe almeno la metà delle proprie mansioni svolte dall’AI. Aggiungiamoci poi che anche le mansioni meno di alto profilo da tempo stanno sperimentando l’invasività tecnologica.

Quando andate al supermercato un algoritmo determina quante persone devono stare alle casse. Lo sviluppo dei codici a barre permetterà di attraversare da soli le casse, pagare e andare via in modo istantaneo.

Qualcuno conosce Isaak? Il quotidiano britannico The Guardian racconta che è il nome di un algoritmo usato dalle aziende (parliamo di studi legali o società immobiliari). Un algoritmo che già 4 anni fa controllava qualcosa come 130mila lavoratori, stimandone il grado di collaborazione con gli altri colleghi e la loro pro-attività. Vagliando oltre 1 miliardo di singole azioni prodotte dai dipendenti sotto osservazione. La Repubblica riporta che il 60% delle imprese statunitensi già usa l’Intelligenza Artificiale per vigilare i curricula.

Questo ha aiutato a buttare fuori 150mila lavoratori dal settore high tech nel giro di pochi mesi, decidendo anche i livelli degli stipendi di chi è rimasto.

LA SITUAZIONE ITALIANA

E veniamo a noi. Nei secoli siamo stati abituati al fatto che l’evoluzione tecnologica apriva un nuovo settore che alla fine richiamava più lavoratori. Così è stato il passaggio da una economia a prevalenza agricola a quella industriale e poi a quella del terziario.

Oggi si vede il passaggio, ma non il travaso dei posti (non fateci ingannare dai proclami in senso contrario).

Delle macchine che occupano l’equivalente di 300 milioni di posti significa una massa enorme di contributi, tasse, spese che vengono sottratte ai circuiti economici territoriali e che alimentano una economia. Si chiama effetto “moltiplicatore”. Se introducete su un’isola 100 monete in verità sono molte di più.

Chi le riceve ne spende 80 dandole a qualcun altro, che poi ne spende un altro 80% e chi le riceve ne spende un altro 80%. Totale: da 100 monete alla fine ne girano quasi 300, perché entrano in un sistema di scambio.

Ma se esiste un effetto moltiplicatore (introduco 100 ma vale molto di più) esiste anche un effetto demoltiplicatore (tolgo 100 ma in verità tolgo molto di più). Il rischio è tutto qui e non si vedono politiche del lavoro adeguate al futuro ormai presente.

La tecnologia sembra non tanto liberare noi dal lavoro ma il lavoro da noi.

Il tema della redistribuzione della ricchezza è già drammatico, con l’aggravante che il più grande meccanismo di redistribuzione di risorse è proprio il lavoro tramite i salari e le garanzie che porta con sé. Adesso, per la prima volta nella storia dell’umanità, viene messo sul serio in discussione, una svolta epocale che non sembra interessare a nessuno. 

Francesco Leitner

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