Decreto Mezzogiorno: non ci sono risposte adeguate

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05.10.2023

Nei giorni scorsi il Governo ha varato il cosiddetto “Decreto Mezzogiorno” (Decreto-legge 124/2023), che riguarda la programmazione delle politiche di coesione 2021-2027: utilizzo del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC); Zona Economica Speciale Sud; aree interne; rafforzamento della capacità amministrativa in materia di politiche di coesione.

Il Decreto, pur contenendo alcune norme condivisibili, non dà risposte adeguate al tema dello sviluppo e del benessere sociale e lavorativo del Mezzogiorno.

Non stiamo aiutando il Mezzogiorno 

Il Mezzogiorno deve diventare di nuovo tema nazionale attraverso una forte politica di rilancio dello sviluppo di questa area del Paese in grado di riequilibrare le differenze territoriali, modernizzare e disegnare per le future generazioni un Paese più giusto ed equo, che affronti tutti i divari e le disuguaglianze, garantendo in questo modo i diritti di cittadinanza uniformi su tutto il territorio nazionale.

È importante avere per il Mezzogiorno un quadro complessivo degli investimenti pubblici, in grado di attrarre anche quelli privati, programmando e coordinando gli interventi in un sistema di complementarità delle risorse del PNRR con quelle per la coesione europea e nazionale 2021-2027.

Nel merito dei singoli provvedimenti del Decreto assistiamo ad un accentramento delle autorizzazioni del FSC 

Si interviene poi spostando risorse del FSC sui progetti definanziati dal PNRR, rischiando di aggiungere il “danno alla beffa” in quanto questo fondo ha già una ripartizione al Mezzogiorno dell’80%. 

Non sono certamente questi gli interventi che aiutano il nostro Sud.

Tra l’altro le continue rimodulazioni del FSC operate negli ultimi anni non hanno certamente accelerato la spesa: al 30 aprile di quest’anno, stando al bollettino della Ragioneria Generale dello Stato su 84,3 miliardi di euro del FSC 2014-2020 gli impegni giuridicamente vincolanti erano 41,9 miliardi (il 49,7% del totale), mentre la spesa effettiva ammontava a 22,3 miliardi di euro (il 26,4% del totale).

Quanto all’introduzione degli “Accordi di Coesione” per la programmazione del FSC 2021-2027, ricorda molto da vicino quanto già fatto negli anni precedenti con i Patti per il Mezzogiorno e i piani di sviluppo regionali e delle Città metropolitane. 

Inoltre, la dotazione di cassa del FSC per i primi anni di programmazione è esigua rispetto al finanziamento totale.

Le nostre proposte

Noi crediamo invece che per la messa a terra dei progetti e per accelerare la spesa effettiva del FSC siano necessarie due condizioni ben precise: occorre aumentare la dotazione di cassa del FSC nei primi anni di programmazione e prevedere la possibilità di prendere impegni giuridicamente vincolanti nei primi anni di programmazione al di là della dotazione di cassa. 

Per quanto riguarda la Zona economica Speciale Sud – Zona unica si interviene per l’ennesima volta sulla “governance” anziché concentrarsi sull’avvio concreto delle attività.

Con la modifica delle ZES e l’istituzione di un’unica Zona Economica Speciale nel Mezzogiorno, paventiamo ulteriori ritardi nell’avvio di tale strumento che, ricordiamo, è stato istituito nel 2017, e, da allora, ha attraversato annualmente modifiche legislative, soprattutto nella governance.

Peraltro, il solo strumento del credito d’imposta investimenti quale fattore “incentivi fiscali e al lavoro”, previsto per il periodo 2024-2025 è insufficiente se non prorogato almeno fino al 2029 e se abbinato alla conferma del 30% della “decontribuzione Sud” fino allo stesso periodo senza il decalage previsto.  

Lo abbiamo detto già dalla loro costituzione: occorre avere più coraggio e aprire un confronto con la Commissione Europea per avere nella ZES unica una fiscalità di vantaggio, almeno sul modello delle Zone Franche Urbane (ZFU).   

Non condividiamo il dimezzamento da 10 a 5 anni della condizionalità per il riconoscimento delle agevolazioni alle imprese.

Vi è poi il tema della Governance, che non prevede nella cabina di regia il coinvolgimento delle parti sociali.

Questa mancanza va assolutamente sanata.

Il rilancio delle aree interne

Quanto al tema delle aree interne per anni abbiamo assistito ad una politica miope e poco lungimirante per lo sviluppo locale, costringendo le aziende e le lavoratrici e lavoratori a migrare verso aree più organizzate e favorevoli allo sviluppo. 

Una certa miopia che notiamo anche in questo decreto che non prevede nella cabina di regia la presenza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. 

Per noi un tema per il rilancio delle aree interne passa da investimenti nelle opere stradali e nelle infrastrutture digitali. 

Al tempo stesso occorre introdurre una fiscalità differenziata per le aree interne e misure di incentivazione per l’autoimprenditorialità.

Ultimo, ma non meno importante, il tema del rafforzamento della capacità amministrativa in materia di politiche di coesione.

Prendiamo atto con soddisfazione, dal momento che era una nostra precisa richiesta, che le assunzioni previste dal Programma Nazionale “Capacità Ammnistrativa” siano a tempo indeterminato.

Ma al tempo stesso rileviamo come le stesse erano già programmate e rappresentano una goccia nel mare.

Servizio Politiche Territoriali UIL.

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