Crisi Google e Big Tech: licenziano e non assumono più, nonostante gli extraprofitti…

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14.07.2022

Quella che stiamo attraversando è una crisi economica globale. Il mercato internazionale risente degli effetti negativi della pandemia e del conflitto in Ucraina, ed è un fatto. Ciò che sorprende, però, è che anche le grandi multinazionali, i colossi dell’economia mondiale, iniziano a soffrirne. Nelle ultime ore ha destato scalpore una lettera di Sundar Pichai, amministratore delegato di Google, diretta ai dipendenti dell’azienda.

“Lo scenario economico mondiale è incerto”, ha riferito nella premessa della missiva. Dunque, ha chiesto, senza troppi giri di parole, maggiore impegno a chi fa parte dell’azienda e ha anche chiarito che, per un po’, l’organico non verrà arricchito. Ma procediamo per gradi.

“UNO SCENARIO INCERTO”

Difficile pensare che un gigante come Google possa essere in difficoltà, eppure è così. Non lascia alcun dubbio la lettera inviata da Sundar Pichai ai propri dipendenti, poi diffusa sui maggiori quotidiani statunitensi.

“Lo scenario economico globale incerto è in cima ai nostri pensieri. – ha chiarito l’ad di Google – Come tutte le aziende, non siamo immuni al vento contrario economico. Un aspetto della nostra cultura a cui tengo molto è che non abbiamo mai visto sfide di questo tipo come ostacoli. Al contrario, le abbiamo viste come opportunità per andare più a fondo nelle questioni che ci riguardano e per investire a lungo termine”. Parole che determinano consapevolezza dell’attuale situazione economica mondiale.

A tal proposito, ha voluto poi specificare che: “Per via dei progressi compiuti finora nel 2022 sul fronte delle assunzioni, rallenteremo il ritmo del reclutamento per il resto dell’anno, anche se continueremo a cogliere le opportunità più importanti”.

Rallentamento è probabilmente la parola chiave della lettera. Nonostante i buoni risultati ottenuti durante la prima metà dell’anno, così come tende a precisare Pichai, Google tira i remi in barca e placa il ritmo, almeno per quel che riguarda il reclutamento. Ciò comporta che: “Dobbiamo avere un piglio più imprenditoriale, lavorare con un maggiore senso di urgenza, più concentrazione e più fame di quanto abbiamo fatto nei giorni più luminosi”.

Viene quindi richiesta una maggiore partecipazione da parte dei dipendenti, ma non si fa riferimento ad aumenti salariali o a bonus. Resta poi da considerare un altro fattore: quello delle grandi dimissioni. Una maggiore mole di lavoro induce i dipendenti a tirare le somme sul work life balance: ecco perché, nell’ultimo anno, molti hanno scelto di dimettersi dal proprio impiego, se ritenuto inconciliabile con la vita privata, per cercare un equilibrio. Considerato questo, viene spontaneo chiedersi: cosa avranno pensato i dipendenti di Google dopo aver ricevuto la lettera? Saranno disposti ad accettare la nuova missione? A questa domanda risponderà il tempo.

D’altra parte, il messaggio è chiaro: Google è forte e strutturata, ma non è immune. Si viaggia a vista e sulle prospettive future il discorso è rimandato al 2023. Le condizioni sono chiare.

GOOGLE NON LICENZIA: E GLI ALTRI?

Google si limita a frenare sulle assunzioni e non è la sola; mentre altri colossi del settore informatico e digitale optano per i tagli. Tra chi ha messo in pausa il reclutamento: Meta, Spotify e Uber.

Quanto a chi invece ha intrapreso azioni più nette, sappiamo che durante le scorse settimane Elon Musk, attualmente al centro di una bufera mediatica per la potenziale rinuncia all’acquisto di Twitter, ha esplicitato di voler tagliare il 10% del personale di Tesla. Pare inoltre abbia già licenziato, recentemente, oltre 200 addetti alla guida autonoma.

Anche lo stesso Twitter ha scelto la strada dei licenziamenti per settore: ha infatti mandato a casa il 30% del reparto addetto all’individuazione dei nuovi talenti.

Si fa riferimento, ad ogni modo, a grandi multinazionali che negli ultimi due anni hanno generato extraprofitti e per le quali il contraccolpo economico non è certo alla stregua di quello delle altre attività. Anzi!

Considerato ciò, va fatta un’ulteriore riflessione che riguarda società e aziende, grandi o piccole, start up o ben rodate che siano. Molte, data la somma dei numerosi fattori negativi esterni e interni, non riescono a tenere il passo e la slavina travolge i dipendenti. Ecco perché, ai governi del mondo, è richiesta grande attenzione sul tema. In Italia per arginare la crisi, ad esempio, la tassazione sugli extraprofitti delle succitate grandi multinazionali rappresenta un passo importante; aiutare chi è davvero in difficoltà è cruciale. Licenziamenti, precarietà e incertezza sono sempre più all’ordine del giorno e gli interventi in merito non possono più essere rimandati.

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