Competenze digitali: Italia fanalino di coda in UE

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15.10.2023

Il futuro è digitale. Non esiste progresso senza competenze hi tech. Per questo, l’Unione Europea, lo scorso gennaio, ha inaugurato il Digital Decade: un piano decennale per obiettivi, finalizzato a implementare le infrastrutture digitali in tutti i Paesi membri. Tra questi, l’Italia è il fanalino di coda. Nel primo report biennale sul progetto, redatto dalla Commissione, i dati non ci lasciano scampo. Solo il 46 % della popolazione possiede competenze digitali di base. Significa che più della metà di chi vive nel nostro Paese vede limitate le proprie opportunità di lavoro e l’esercizio della cosiddetta cittadinanza digitale.

Il PNRR per la transizione digitale 

Eppure, le risorse da investire non mancano. Alla transizione tecnologica sono stati dedicati ben 48 miliardi del PNRR, ossia il 27 % dei fondi. Nel dettaglio, la strategia di intervento italiana si articola su due assi: digitalizzare la PA e potenziare le infrastrutture di settore, specie per la connettività a banda larga. L’insieme di misure punta a diffondere entro il 2030, scadenza europea, l’uso dell’identità digitale in almeno il 70% della popolazione, a convertire il 75% degli uffici pubblici ai servizi cloud e a erogare l’80% dei servizi pubblici online. Altri obiettivi sono: raggiungere il 100% di famiglie e imprese con reti a banda ultra-larga, e infine, colmare il gap di competenze digitali, rendendo il 70% della popolazione digitalmente abile. Ma l’attività di monitoraggio della Commissione prova non ci stiamo riuscendo.

Il Report della Commissione sulle competenze digitali

Il numero di aziende che offrono effettivamente una formazione adeguata ai propri dipendenti è limitato. D’altro canto, scarseggiano anche i laureati ICT. Sebbene i percorsi formativi si stiano evolvendo dando più spazio alle discipline STEM, le corone d’alloro in queste materie rimangono l’1,5%. Una quota nettamente inferiore agli obiettivi del Digital Decode come pure al 4,2% della media europea. C’è poi, il problema nel problema del gender gap. Perché se la media europea delle specialiste ICT è del 18,9%, in Italia si ferma al 16.

Di conseguenza, non stupirà nessuno che il nostro Paese sia quartultimo nell’Unione per uso di internet e conti meno del 4% di specializzati in materie Ict tra i lavoratori e le lavoratrici attivi. Tuttavia, almeno su questo fronte, non abbiamo nulla da invidiare all’Europa. La mancanza di esperti nel settore digitale è una piaga condivisa con gli altri Paesi membri tanto che la media comunitaria è del 4,6%.

Digitale e PA: mancano i servizi online

Torniamo sotto la media europea, però, nei dati sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione. I servizi pubblici on-line, infatti, si attestano per i cittadini al 68%, contro il 77% comunitario, e per le imprese al 75 contro l’84%.  Inoltre, per quanto possiamo dirci soddisfatti della copertura 5G su tutto il territorio nazionale, va segnalato non si tratta del 5G stand alone, ancora assente nel nostro Paese. Infine, in vista dell’obiettivo decennale per la rete fissa ad altissima capacità (VHCN), questa è a disposizione solo del 54% delle famiglie contro il 73% della media europea. Il nostro balzo di ben 10 percentuali tra il 2021 e il 2022 è notevole, ma del tutto insufficiente per recuperare il ritardo con i nostri partner continentali.

I progressi ci sono, ma non sono abbastanza

Quello che chiede l’esecutivo comunitario è fare di più e farlo meglio. La direzione intrapresa è quella giusta ma serve accelerare. In particolar modo nella riqualificazione della forza lavoro e nello sviluppo delle infrastrutture e dei servizi pubblici digitali. La Commissione non nega i progressi fatti, ma la sfida della transizione digitale impone standard più elevati.

La chiave di volta è la messa a terra del PNRR. Tuttavia, nella recente riunione della Cabina di regia, è tornato lo spettro della lentezza. Basta leggere la terza relazione del Parlamento sullo stato di attuazione del piano dove si certifica la spesa di soli 24,5 miliardi, ossia il 12% del totale. Non possiamo permetterci di sprecare un solo euro. Il rilancio del nostro Paese, la lotta alle disuguaglianze e un più largo accesso al mercato del lavoro sono impensabili senza metterci al passo della rivoluzione digitale.

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