L’Italia sulla strada della Circolarità: il rapporto del Circular Economy Network

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22.05.2024

Lo scorso 10 maggio, in occasione della sesta Conferenza Nazionale sull’Economia Circolare, è stato presentato il rapporto annuale elaborato dal Circular Economy Network in collaborazione con Enea.

Sia la conferenza che il documento – che giungono in un momento storico assai particolare, in cui aumentano sia i conflitti internazionali che la richiesta di materie prime, e ad appena un mese dalle elezioni europee – testimoniano un passaggio cruciale per il futuro del Green Deal e per lo sviluppo dell’economia circolare. Nel recente passato, infatti, il nostro Paese – sebbene relativamente povero di materie prime, caratterizzato da una bassa crescita e da vincoli stringenti del rientro del debito pubblico – ha dimostrato di poter essere un leader nel settore della circolarità, puntando sulla filiera del riciclo e facendo registrare ottime performance per quanto concerne i cicli produttivi.

Alcuni dati della circolarità in Italia

Nello specifico, nel 2021, abbiamo avuto un tasso di riciclo dei rifiuti da imballaggio del 71,7% (8% in più della media UE27, 64%), e il riciclaggio dei RAEE nel 2021 è stato pari all’87,1% (meno due punti percentuali rispetto al 2017), con una media UE, però, dell’81,3%. Inoltre, nel 2022, la produttività delle risorse in Italia ha generato, per ogni chilo di risorse consumate, 3,7 euro di PIL (+2,7% rispetto al 2018) mentre la media UE, nel 2022, è stata 2,5 euro/kg.

Il Rapporto, in generale, contiene un’approfondita valutazione della circolarità dell’economia italiana, con dati indicatori che misurano le prestazioni nazionali sia dal punto di vista della produttività delle risorse, sia del tasso di circolarità e della produzione di rifiuti e del riciclo, sia ancora dell’utilizzo di materie prime seconde, della produzione e del consumo, della competitività e dell’innovazione, ed anche della sostenibilità ecologica. Peraltro, l’insieme degli indicatori impiegato, che fa riferimento al nuovo quadro di monitoraggio dell’economia circolare adottato dalla Commissione Europea nel 2023, è stato ancor più ampio rispetto a quello utilizzato in passato, consentendo altresì una comparazione con quelli dei principali paesi europei (Germania, Francia, Spagna, Polonia).

Criticità

Dal report sono comunque emerse anche alcune criticità: nel 2022, per esempio, la dipendenza dell’Italia dalle importazioni di materiali (46,8%) è risultata pari a più del doppio della media europea (22,4%) e, per ciò che riguarda i brevetti relativi alla gestione dei rifiuti e al riciclaggio, nel 2020 per ogni milione di abitanti ne sono stati depositati 0,46 (in Italia solo 21 brevetti, -25% rispetto al 2016).

È stato poi trattato con un paragrafo specifico il tema delle materie prime critiche, come rame e terre rare, nel quale l’Ue risulta ancora fortemente dipendente dalle importazioni. Il Vecchio Continente, infatti, possiede solo circa il 3% delle riserve globali di rame, mentre la maggior concentrazione dello stesso è localizzata in Cile (31%), Perù (11%) e Repubblica Democratica del Congo (9%). Discorso analogo per le cosiddette “terre rare” (scandio, lantanio, lutezio e simili), per l’85% dipendenti dalla Cina su scala globale.

Stante quanto esposto finora, è evidente che occorra un netto cambio netto di passo, altrimenti a fare le spese del mancato cambiamento non saranno solo le lavoratrici e i lavoratori, ma anche l’ambiente in cui viviamo, la nostra economia ed in particolare il nostro tessuto sociale. Lo Stato deve fare la sua parte, così come è compito di tutti – dalle imprese alla società civile – dare un proprio contributo.

End of Waste

Come UIL, avvertiamo il bisogno di ribadire l’importanza di modelli di produzione e di consumo sempre più circolari, non solo per garantire una maggiore e solida ripresa economica del nostro Paese, ma anche per rendere più stabili e duraturi lo sviluppo e la competitività delle imprese (in particolare di quelle piccole e medie, vero e proprio elemento trainante dell’economia italiana).

Inoltre, riteniamo che per favorire il passaggio dall’attuale modello economico e produttivo di tipo “lineare” ad uno che abbia realmente le caratteristiche di circolarità, sia necessario snellire le fasi di autorizzazione dei nuovi impianti ed estendere la regolamentazione dell’“End of Waste” (processo attraverso il quale un rifiuto cessa di essere tale, per mezzo di procedure di recupero, ed acquisisce invece lo status di prodotto) a molte tipologie di rifiuti rispetto a quelle attualmente previste dalla legge.

Non bisogna mai dimenticare, inoltre, che la “Circular Economy” è anche un tema che riguarda istruzione e formazione; e che pertanto, serve una adeguata preparazione delle lavoratrici, dei lavoratori e dei giovani, al fine di dotarli di competenze che saranno sempre più “verdi”, così da garantire piena occupabilità e il recupero dei posti di lavoro che andranno necessariamente persi a causa del passaggio da un’economia carbon based a una pienamente green. 

Dovrà anche necessariamente accadere, in questa fase, che il Governo rivolga una diversa e ampliata attenzione al tema, investendo con più determinazione sull’economia circolare, non limitandosi alle sole risorse attualmente previste dal PNRR.

Il ruolo del Sindacato

Per poter attuare realmente questo cambiamento, occorre però fare sistema e avviare un serio coinvolgimento di tutti gli stakeholder coinvolti, a partire proprio dal Sindacato, che, insieme al Governo, alle Istituzioni, al mondo dell’impresa e agli Enti Locali, possa lavorare attivamente per rilanciare l’occupazione. Allo stesso tempo, è opportuno intervenire sui processi produttivi agevolando la simbiosi industriale al fine di massimizzare il riutilizzo dei materiali, sviluppando la bioeconomia rigenerativa e promuovendo la circolarità nelle piccole e medie imprese, e garantendo il principio della Giusta Transizione. Quest’ultima, tuttavia, per poter essere attuata concretamente, richiede investimenti mirati e sostegno a nuove filiere del settore.

La UIL intende continuare a fare la propria parte affinché venga superata la totale assenza e l’indifferenza da parte del Governo nel definire sia politiche attive del lavoro, sia una politica industriale che promuova un’economia realmente circolare, che assurga al ruolo di comparto sempre più strategico per il nostro Paese: perché la circolarità non è da considerarsi unicamente uno slogan, ma può rappresentare una vera chiave di volta per affrontare i mutamenti in corso nel sistema economico nazionale e globale e per portare a compimento una riorganizzazione industriale diffusa e più sostenibile.

Dipartimento Ambiente UIL

 

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