Cina e Usa, l’economia mondiale cambia volto

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29.03.2023

È stata una mezza sorpresa. Gli Usa, impegnati ormai in un conflitto con la Russia per interposto paese, non hanno esitato a puntare i piedi in modo molto esplicito anche con la Cina. Ma è solo mezza sorpresa, perché da tempo gli Stati Uniti sono impegnati in una strategia che qualcuno definisce di “contenimento” nei confronti dell’espansionismo economico e commerciale della Cina. Una sorta di battaglia globale, con Pechino che ha bisogno di stabilizzarsi tramite espansione dopo una tempestosa crescita che ormai è un ricordo.

RELAZIONI COMMERCIALI NUOVE

Per fare questo un altro protagonista deve cedere spazio. Basterebbe il primo viaggio del presidente Biden in Asia, tra Corea del Sud e Giappone, dove ha lanciato una iniziativa economica dell’Indo Pacifico (IPEF), per rafforzare le relazioni commerciali nell’area. A sua volta, a stretto giro di posta, la Cina ha organizzato il “Common Development Vision”, incontrando nel giro di 10 giorni i vertici di 8 paesi del Pacifico per un accordo di “sicurezza economica”. Tutte nazioni piccolissime, ma in posizioni molto strategiche, come ben ha mostrato la II Guerra Mondiale. Si parla di un raddoppio entro 5 anni degli scambi commerciali con questi paesi e addirittura la creazione di una area di libero scambio. Eppure, tutto questo è solo l’effetto di qualcosa che parte da più lontano.

IL DECENNIO PERDUTO: USA E GIAPPONE

Avete mai sentito parlare del “decennio perduto”? Negli Anni 80 il Giappone conosce una scalata economica incredibile, che sembra mettere in difficoltà la leadership statunitense. Fino a quando un accordo dell’85, voluto dagli Usa, porta alla rivalutazione dello yen e del marco contro il dollaro. Ebbene, nel giro di 12 mesi un dollaro passa dal valere 250 yen ad appena 150 yen, cosa che contribuisce a spingere una potente bolla speculativa sia in Borsa (l’indice Nikkei triplica il suo valore in 4 anni) sia immobiliare.

Imprese e famiglie nipponiche usano azioni e immobiliare come garanzia per prestiti e investimenti ma, agli inizi degli anni ’90 la bolla esplode, la Borsa crolla (il Nikkei arriva a valere il 30% rispetto ai momenti d’oro), stessa fine fa il mercato immobiliare. Le garanzie non valgono più nulla, il Giappone entra in un’eterna fase di stagnazione. E l’economia nipponica dal punto di vista statunitense è sistemata a dovere per un decennio, anzi, per due decenni. Ora, nel primo decennio 2000 la stessa mossa è stata lanciata anche contro la Cina in ascesa.

USA E CINA: BATTAGLIA A COLPI DI MICROCHIP

Ma questa volta le cose non sono andate come 35 anni fa per il Giappone. Pechino sta lottando per arginare da 20 anni la bolla immobiliare e speculativa (la stessa che travolse il Giappone), e non è uscita di scena. Anzi, è stata spinta ad accelerare la sua politica espansiva commerciale, creando difficoltà per gli Usa che ha avviato una strategia molto più aggressiva. Basti pensare alla guerra dei microchip, con gli Statunitensi che stanno cercando di annientare la produzione e commercializzazione cinese. Sullo sfondo c’è però qualcosa di molto grosso ed epocale, come è emerso all’ultimo Forum di Davos: un mondo che poco alla volta sta mettendo in discussione il predominio del dollaro sugli scenari commerciali internazionali.

LA “DEDOLLARIZZAZIONE”

Il Fondo monetario internazionale racconta che le riserve in dollari delle Banche centrali mondiali è crollata dal 71 al 59% (mentre lo yuan cresce). Le disponibilità di crediti in dollari nel giro di pochi mesi è passata da oltre 7 trilioni a meno di 6,4 trilioni di dollari. Economisti internazionali dicono che il gruppo dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) sta guidando la “dedollarizzazione” del mondo. Addirittura, l’Arabia Saudita (storico alleato) ha detto chiaro e tondo che è aperto all’uso di altre valute per il petrolio; uno dei temi che ai tempi ha messo sotto scacco l’Iran. La Cina possiede adesso solo un trilione di dollari di debito pubblico di Washington contro gli oltre 3 trilioni di pochi anni fa. Con i soldi ricavati dalla cessione dei bond Usa proprio contro di loro, le liquidità sono state investite in aree sensibili nei progetti di espansione cinese. E se il dollaro perde il suo ruolo mondiale anche la capacità di credito globale Usa ne risulta colpita. Quella che sembra una guerra economica lontana riguarda tutti noi, nella nostra quotidianità ma la politica italiana sembra ancora ragionare con schemi ormai superati da parecchio tempo.

Francesco Leitner

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