Primo Maggio: non una festa, ma una giornata di straordinario ascolto per la dignità del lavoro

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Questo Primo Maggio saremo ad Assisi per rilanciare il binomio Pace e Lavoro.

Un’assurda guerra che si sta consumando vicino a noi ci induce a continuare a rafforzare la nostra testimonianza di Solidarietà e Umanità per il popolo ucraino. Noi stiamo dalla parte della libertà, noi stiamo dalla parte di chi si batte per la libertà. Serve più Europa, si faccia uno sforzo definitivo per una politica di difesa comune.

E partiamo da un principio non negoziabile: sia la pace a determinare le scelte economiche. Non viceversa.

Ma proprio per chi sta sotto le bombe in queste ore non possiamo definire il Primo Maggio un giorno di festa.

E non lo è non soltanto perché in pochi mesi il mondo, diventato più sofferente: è cambiato due volte. Per la guerra e anche per la pandemia.

Non lo è per chi non ha lavoro e per chi rischia di perderlo; perché la precarietà è dilagante; per i 3 milioni di NEET e i 7 milioni di lavoratori in attesa del rinnovo dei contratti.

Su 24 milioni di contratti depositati all’Inps dal 2018, 20 milioni sono a tempo determinato o precari e quasi la metà di questi durano da un giorno a un mese; e il rischio di morte sul lavoro, tra i lavoratori precari e irregolari, è ben 4 volte superiore a quello dei lavoratori stabili.

Numeri dietro cui ci sono persone, principalmente giovani, che non riescono a progettare la propria vita o a costruire il proprio futuro, penalizzati da insicurezza e da un ascensore sociale paralizzato.

Senza dimenticare un Mezzogiorno lasciato a se stesso e fermo nel tempo: sono quasi 140mila le persone che ogni anno lasciano il Mezzogiorno, ogni dieci minuti, giorno e notte compresi, un giovane emigra dal Sud verso il Nord in cerca di un’opportunità.

Il Primo Maggio, però, rappresenta un’occasione preziosa per accendere i riflettori su vecchi e nuovi bisogni, in una società dilaniata dai divari e dalle disuguaglianze e la cui soglia dei diritti è regredita.

Possiamo e dobbiamo insieme rivendicare scelte coraggiose urgenti e con lo sguardo oltre la scadenza elettorale. Bisognerà ridisegnare il Paese indicando un nuovo modello di sviluppo imperniato sulle persone e sulla sostenibilità sociale, dentro un ambito europeo più coeso e solidale.

Si riparta dal lavoro.

Prendiamo spunto dall’accordo siglato in Spagna tra Governo e parti sociali per ridurre al minimo la precarietà. Facciamo coincidere il salario minimo con i minimi contrattuali. Rinnoviamo i contratti. Impostiamo al meglio la sfida della transizione, governandola e creando buona occupazione. Investiamo di più in formazione e aumentiamo le ispezioni nelle aziende. Utilizziamo la leva fiscale, tagliamo il costo del lavoro. Inaspriamo l’extra-tassa sugli extraprofitti e la tassazione sulle transazioni finanziarie, per redistribuire.

Si è autenticamente riformisti se si è in grado di aggiornarsi connettendosi ai cambiamenti della collettività, estendendo il terreno dei diritti. Questa è la sfida che ci aspetta, il Primo Maggio se ne parli, si parli di della dignità del lavoro e si ascolti chi non ha voce.

Noi continueremo a batterci perché questo avvenga tutti i giorni.

 

Pierpaolo Bombardieri

 

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