Women Power: La storia di Filomena
14.04.2022
Circa 10 anni fa al Policlinico Sant’Orsola di Bologna, dove lavoro ancora, mi hanno cambiato la sede lavorativa. Lo hanno fatto senza un criterio oggettivo e contro la mia volontà, motivo per cui mi sono rivolta ai sindacati per chiedere di tornare al mio posto. Tutti mi hanno risposto di lasciar perdere e che tanto era uguale lavorare in un posto o in un altro. Per me invece non lo era. Tenevo al mio lavoro, ma a nessuno importava.
Una sola persona mi ascoltò e mi disse che ciò che chiedevo era un mio preciso diritto: il responsabile aziendale della UIL FPL Michele De Michele, che era il sindacato più piccolo presente al Sant’Orsola, ma nonostante questo l’unico a mostrare interesse per la mia problematica.
Sono sempre stata una persona che a gran voce combatteva per i diritti di tutti i miei colleghi, ma quando ho conosciuto Michele ho capito che le mie battaglie sarebbero state molto più forti se condivise con il sindacato. E che la mia voce iniziava ad avere una forma diversa con la UIL.
Da allora ho, quindi, deciso di impegnarmi nell’attività sindacale e mi sono appassionata a questo mondo: ho conosciuto una realtà nuova che andava oltre la mia professione. Ho imparato che cosa significa veramente fare sindacato: rendere migliore la vita dei lavoratori.
Con il tempo ho partecipato a più competizioni elettorali e vedendo riconosciuto il mio impegno da parte dei lavoratori, ho deciso di dedicarmici a tempo pieno fino ad essere eletta segretaria aziendale.
Oltre ad una lavoratrice e sindacalista, sono moglie e madre di due figli, Raffaele e Ludovica di otto e due anni. Per questo molti detrattori mi invitavano a desistere, sostenendo che non fosse conciliabile il lavoro professionale e sindacale con il ruolo di mamma e moglie.
Quando due anni fa sono rimasta incinta di Ludovica, ho subito temuto che le persone pensassero di non poter più fare affidamento su di me. Per questo motivo, ho deciso di non dire a nessuno della mia gravidanza fino al settimo mese, quando ho dovuto comunicarlo all’azienda per il congedo obbligatorio. Da quel momento alcune donne si sono messe davanti alla mia porta dell’ufficio per “accogliere” le persone che venivano a cercarmi e dire loro che io non sarei tornata per due anni. Ero una mamma, mentre loro erano libere da impegni con molto più tempo a disposizione per seguirli.
Tuttavia, le persone a cui si rivolgevano non hanno mai creduto di non poter più contare su di me o che non sarei tornata per due anni. Non lo hanno fatto perché io non ho mai smesso di rispondere al telefono, di scrivere, di sostenere chi ne avesse bisogno.
Non è stato semplice, ma ho trovato nella UIL un grande supporto. Pur di non perdermi, non hanno esitato a mettermi in distacco sindacale e aiutarmi il più possibile.
Quando mi sono candidata, dagli altri sindacati uscivano post che si riferivano alla mia campagna come “Votazione Baby-sitter”. Come se il fatto di essere una madre fosse inconciliabile con la lotta che volevo portare avanti per il sindacato.
Tuttavia, io ci ho creduto e, forte anche del sostegno che la mia famiglia non mi ha fatto mai mancare, ho cercato di organizzarmi sacrificando un po’ del mio tempo libero e sfruttando i tempi morti della giornata. Mi chiedevano sempre come facessi a conciliare la vita personale e professionale e lo dico a voi: con la volontà di un forte ideale. Quella volontà che ti fa rispondere al telefono anche alle 23 di sera o che dopo aver messo a dormire i bambini ti porta a scrivere lettere e preparare documenti. E per essere sempre attiva mi sono attrezzata. Non a caso mio marito dice che casa mia è una sede distaccata della UIL, comprensiva di documentazioni, Computer e stampante.
Inoltre, durante la mia campagna, come donna e mamma ho cercato di farmi carico (perché le conosco) delle problematiche inerenti alla conciliazione del lavoro con la famiglia, soprattutto per coloro che hanno difficoltà. Il mio programma elettorale, infatti, è incentrato sulla tutela delle donne in maternità, anche in azienda.
Con l’Azienda abbiamo avuto un rapporto di rispetto e confronto, ma mai di sottomissione. Non abbiamo lesinato forme di lotta anche dure, come nel caso del mancato riconoscimento di indennità di rischio per alcuni operatori che avevano lottato in prima linea durante la pandemia. In quel caso abbiamo fatto una raccolta firme che ha ottenuto il consenso di molti lavoratori, tanto da arrivare a presentare un documento alla direzione sopportato da 500 firme costringendola così a riaprire il tavolo delle trattative.
Io e i miei sostenitori e collaboratori abbiamo sempre messo in primo piano gli interessi di tutti i lavoratori, lottando contro le ingiustizie e le discriminazioni.
Quando c’è una grande squadra, la passione e la volontà poi a parlare sono i fatti.
Il risultato delle ultime elezioni RSU non è stato una sorpresa, perché è il frutto del lavoro svolto in questi anni.
Abbiamo ottenuto 1006 VOTI di lista eleggendo così 16 RSU. Siamo cresciuti rispetto alle scorse elezioni di 400 voti, con un incremento del 60% dei consensi.
Siamo diventati così il primo sindacato in un’Azienda, come il Sant’Orsola di Bologna, di rilievo nazionale.
È stato il riconoscimento della nostra serietà e correttezza.
Ho avuto anche la soddisfazione personale di essere stata la prima eletta in assoluto con 337 preferenze, incrementando del 100% il mio consenso rispetto alle ultime RSU. Sono stata anche la più votata nell’intera provincia di Bologna. Tutto questo mi ha gratificata e mi spingerà a fare ancora molto di più.
Devo anche ringraziare tutta la UIL FPL che mi è stata vicina, dalla segreteria provinciale e regionale sino alla Nazionale. Il Segretario Generale della UIL FPL, Michelangelo Librandi, mi ha sempre supportato nelle scelte e consigliato nelle azioni.
Ora viene il lavoro più duro, ma più bello. Dobbiamo continuare su questa strada per crescere ed affermarci come leader indiscussi della sanità bolognese.
Noi abbiamo dimostrato che, nonostante diversi detrattori, come UIL possiamo ottenere risultati importanti per noi e per il bene dei lavoratori che sempre più crederanno in noi.
E io penso di aver dimostrato che essere una mamma e una moglie, non significa non poter puntare in alto su altri ambiti della vita, quando veramente si tiene a qualcosa.
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