Voto in condotta. Perché educare non significa reprimere
06.11.2024
“Se si perdono i ragazzi più difficili, la scuola non è più scuola. È come un ospedale che cura i sani e respinge i malati.” Con queste parole, don Milani ci invitava a riflettere sul ruolo inclusivo che l’istituzione scolastica dovrebbe avere. La recente approvazione della riforma del sistema di valutazione, con 154 voti favorevoli, 97 contrari e 7 astenuti alla Camera, sembra però muoversi in una direzione opposta. Il provvedimento più discusso è quello legato al voto in condotta, che diventa più severo e centrale nel percorso di studi, determinando addirittura la possibilità di bocciatura o debito formativo per chi non raggiunge la sufficienza.
IL VOTO IN CONDOTTA NON RISOLVE LE CAUSE PROFONDE DEL CATTIVO COMPORTAMENTO
Dall’anno scolastico 2024/2025, le scuole elementari continueranno a utilizzare giudizi sintetici per le valutazioni, mentre nelle scuole medie e superiori verranno adottati voti numerici. La riforma stabilisce che gli studenti delle medie e delle superiori con un voto di condotta inferiore a sei saranno bocciati. Nelle superiori invece, un 6 in condotta comporterà un debito formativo, che dovrà essere recuperato attraverso un elaborato di educazione civica.
Ma fermiamoci un attimo: davvero si pensa che questa sia la strada giusta? Lo abbiamo chiesto a chi la scuola in questo momento la sta frequentando, vale a dire gli studenti.
“Invece di affrontare i problemi di fondo che causano comportamenti difficili, si preferisce scaricare tutta la responsabilità sugli studenti, colpendo soprattutto quelli più fragili”, ci spiega Marco di un istituto tecnico di Viterbo.
Chi sono gli studenti che ottengono voti bassi in condotta? “Spesso sono quelli che affrontano situazioni familiari difficili, che vivono in contesti di disagio – dice Flaminia di un liceo classico di Roma – che non trovano nella scuola un luogo accogliente e inclusivo. Bocciare o costringerli a recuperare con ulteriori esami non risolve le cause profonde del loro comportamento, ma li marginalizza ancora di più. Invece di dare loro il supporto di cui hanno bisogno, li si etichetta come “cattivi” e si rinuncia ad aiutarli”.
LA SCUOLA È UN LUOGO DI CORRESPONSABILITA’ E REGOLE, NON DI PENA
Un altro aspetto da non sottovalutare è l’introduzione delle multe per chi aggredisce il personale scolastico. Se da una parte è giusto tutelare chi lavora nella scuola – le aggressioni fisiche e verbali sono in aumento anno dopo anno – dall’altra si rischia di trasformare l’istituzione scolastica in un tribunale, dove la punizione diventa il fulcro del metodo educativo. Piuttosto che educare al rispetto, si cerca di ottenere l’ordine attraverso la minaccia di sanzioni, alimentando così un clima di paura e sfiducia.
Infine, il legame tra il voto di condotta e il punteggio massimo per il credito scolastico al diploma è una misura che non convince. “Ma chi stabilisce cosa sia davvero un buon comportamento? – si chiede Francesca di un liceo artistico di Roma –. E soprattutto, quale messaggio si trasmette agli studenti? Che solo chi si adegua completamente alle regole ottiene riconoscimento e successo”
Questa riforma sembra più interessata a mantenere l’ordine che a coltivare la crescita dei ragazzi. Ma la vera educazione non si ottiene con la repressione. È necessario lavorare su programmi che stimolino il dialogo, che aiutino gli studenti a capire le conseguenze delle loro azioni, che li coinvolgano attivamente nel processo educativo.
SERVE UNA SINERGIA TRA SCUOLA, FAMIGLIA E SOCIETA’ CIVILE
Alcuni aspetti della riforma della valutazione proposta dal ministro sono senza dubbio positivi, come l’idea di prolungare il tempo di permanenza a scuola per gli studenti che adottano comportamenti scorretti. Tuttavia, l’introduzione dell’attività di cittadinanza solidale nelle scuole, che si traduce in lavori socialmente utili come misura disciplinare, è un approccio eccessivo, che potrebbe avere conseguenze negative sul percorso educativo degli studenti coinvolti.
La scuola è lo spazio in cui gli studenti possono apprendere, crescere e sviluppare consapevolezza delle proprie potenzialità e delle conseguenze dei propri errori. È luogo di corresponsabilità e di regole, non luogo di pena. Il problema – come ricordato più volte dalla Uil Scuola Rua – va dunque risolto a monte, in maniera diversa. Va recuperato il rispetto verso il personale della scuola facendo molta attenzione a parlare di scuola con superficialità, trattandola bene anche attraverso una maggiore considerazione di chi vi lavora. E per raggiungere tutto questo, serve creare una sinergia tra scuola, famiglia e società civile.
Ufficio Comunicazione Uilscuola
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di Pierpaolo Bombardieri

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