La violenza sulle donne con disabilità: un crimine orrendo e vile!

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17.02.2025

La violenza contro le donne con disabilità rappresenta una delle forme più gravi e meno visibili di discriminazione e abuso. Spesso sottovalutata, si manifesta in una complessità drammatica, dovuta alla sovrapposizione di due vulnerabilità: quella legata al genere e quella relativa alla disabilità, che espone le donne con disabilità a un rischio significativamente maggiore di subire di subire abusi fisici, psicologici, economici e sessuali rispetto.

Gli abusi sono spesso perpetrati da persone di fiducia, come familiari, caregiver, operatori sanitari, il cui legame di dipendenza rende ancora più difficile la denuncia e l’emersione del fenomeno. La paura di non essere credute, la mancanza di strutture adeguate e il rischio di perdere l’assistenza quotidiana, rappresentano ostacoli insormontabili per molte donne con disabilità.

Convenzione ONU sui Diritti delle Persone Disabili

La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità del 2006, ratificata dall’Italia con la legge n. 18/2009, riconosce che le donne con disabilità sono esposte a discriminazioni multiple, sottolineando pertanto, la necessità di adottare misure per prevenire e combattere la violenza, includendo specifiche disposizioni per le donne con disabilità. Il riconoscimento della discriminazione intersezionale viene riaffermato dalla Convenzione di Istanbul nel 2011, ratificata nel 2013 dal nostro Paese, impone agli Stati di adottare misure legislative, educative e di prevenzione per proteggere le donne con disabilità dalla violenza domestica e sessuale.

Secondo l’Osservatorio per la Sicurezza contro gli Atti Discriminatori (OSCAD), nel periodo tra ottobre 2020 e settembre 2022 in Italia sono stati registrati 230 casi di maltrattamenti contro conviventi o familiari, 50 casi di violenza sessuale e 21 episodi di atti persecutori nei confronti di donne con disabilità. Tuttavia, questi numeri rappresentano solo una piccola parte della realtà, poiché il tasso di denuncia rimane estremamente basso a causa della paura, della dipendenza economica ed emotiva dagli abusanti e della difficoltà di accesso ai servizi di supporto.

Il mancato riconoscimento di molte forme di violenza

Un problema critico è rappresentato dal mancato riconoscimento di molte forme di violenza, sia da parte delle vittime che dalla società. La sottostima del problema contribuisce a un alto tasso di under-reporting, ovvero la scarsa segnalazione dei casi di violenza.

Le donne con disabilità affrontano forme di violenza specifiche e spesso invisibili, come gli abusi domestici perpetrati dai caregiver o dai familiari che esercitano un controllo coercitivo; gli abusi e maltrattamenti all’interno di strutture di assistenza; l’isolamento sociale e i trattamenti non consensuali come la sterilizzazione forzata, e la limitazione di accesso alle risorse finanziarie e all’impossibilità di gestire autonomamente il proprio denaro. Situazioni tali da costituire elementi dirimenti della difficoltà di denunciare gli abusi.

Nel documento “La violenza contro le donne con disabilità”, pubblicato dal Ministero dell’Interno, si evidenzia la necessità di riconoscere gli indicatori di violenza, come ricoveri in ospedale frequenti, eccessiva sedazione o trascuratezza nell’abbigliamento. Inoltre, si sottolinea l’importanza di superare gli stereotipi che descrivono le donne con disabilità come dipendenti, infantili o prive di credibilità.

Una risposta istituzionale insufficiente

Tuttavia, la risposta istituzionale alla violenza contro le donne con disabilità è ancora insufficiente. I servizi sanitari e sociali faticano ad intercettare la violenza principalmente a causa della scarsa formazione degli operatori, che non sono adeguatamente preparati a riconoscere e gestire questi casi. Inoltre, il persistere di pregiudizi, che negano l’autodeterminazione alle donne con disabilità, rappresenta un ulteriore ostacolo alla loro protezione.

Anche quando la violenza viene intercettata e riconosciuta, le strutture di accoglienza non sono abbastanza attrezzate per ospitare donne con disabilità fisiche, sensoriali o cognitive, limitandone interventi efficaci. Le principali criticità, oltre la mancanza di formazione specifica del personale, riguardano la presenza di barriere architettoniche e l’assenza di strumenti e conoscenze adeguate a garantire una comunicazione efficace e un’informazione accessibile.

Anche la mancanza di dati aggiornati è un problema cruciale. Studi internazionali indicano che le donne con disabilità hanno una probabilità fino a tre volte maggiore rispetto alle altre donne di subire violenza fisica, sessuale o psicologica. Tuttavia, in Europa e in Italia, la raccolta di dati specifici è ancora lacunosa, rendendo difficile monitorare il fenomeno e implementare politiche efficaci.

Ci troviamo di fronte quindi, a un fenomeno preoccupante, sottovalutato o considerato come normale.  Sebbene se ne parli a livello culturale e politico, la sua reale gravità viene ancora trascurata, la mancanza di attenzione ritarda l’adozione di misure concrete e interventi specifici per garantire maggiore protezione e tutele.

Ad esempio, la legislazione italiana, non è dotata di una normativa specifica per la protezione delle donne con disabilità, prevede tutele sia in materia di violenza di genere che a favore delle persone disabili, ad esempio, nella legge 104/1992 viene prevista una copertura punitiva ampia nei confronti delle vittime con disabilità, tuttavia, l’attuazione è ancora debole e risulta assolutamente insufficiente a garantirne la protezione.

Nel dicembre 2024, l’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità (OND) ha reso pubblico il “Documento finale del Gruppo di Lavoro specifico sulla questione della violenza contro le donne con disabilità“, che affronta in modo approfondito le specifiche problematiche legate alla violenza subita dalle donne con disabilità.

Nel documento si richiamano, in premessa, le Convenzioni internazionali, la normativa nazionale e i diversi Piani di azione adottati dal nostro Paese in ottemperanza degli impegni scaturiti dalla ratifica delle stesse Convenzioni, riconosce che per contrastare la violenza sulle donne con disabilità occorre un approccio intersezionale e sistemico basato sulla sensibilizzazione, l’educazione, la legislazione e l’azione concreta, includendo la formazione del personale sanitario in particolare per i servizi di emergenza e dei centri antiviolenza, l’implementazione di politiche inclusive e la raccolta di dati disaggregati per monitorare efficacemente il fenomeno. Solo con un approccio così integrato è possibile garantire protezione e supporto assicurando loro il diritto a una vita libera dalla violenza.

Il Documento evidenzia, inoltre, le criticità che le donne con disabilità affrontano in relazione alla violenza di genere e propone numerose soluzioni concrete per superarle, strutturando in tre macroaree i principali interventi: accessibilità della comunicazione e dell’informazione; standard minimi dei centri antiviolenza e delle case rifugio; linee guida sulla violenza contro le donne con disabilità e formazione delle operatrici. 

Si sottolinea l’importanza di garantire che le informazioni e le comunicazioni riguardanti la violenza di genere siano accessibili a tutte le donne con disabilità. Questo include l’adozione di formati alternativi e l’utilizzo di linguaggi adeguati alle diverse esigenze, (lingua dei segni, braille, audioformati e video con sottotitoli) e strumenti di supporto digitali accessibili (siti web e app), nonché campagne informative al fine di promuovere una cultura inclusiva e consapevole.

Viene evidenziata la necessità di migliorare l’accessibilità fisica e comunicativa dei centri antiviolenza e case rifugio, assicurando che le donne con disabilità possano usufruirne senza barriere, adeguandoli alle esigenze di chi ha disabilità motorie, sensoriali o cognitive. Si raccomanda inoltre, che nei centri sia garantita la presenza di operatori formati sulla disabilità, la fornitura di ausili e strumentazione per la comunicazione assistita e l’implementazione di supporti specifici, come assistenza al reddito e sostegno abitativo per la vita autonoma per meglio rispondere a esigenze specifiche. Da ultimo l’importanza di creare la rete di protezione tra i centri antiviolenza, i servizi sociali e sanitari e le comunità locali, per offrire un supporto integrato e adeguato alle donne con disabilità vittime di violenza.

L’importanza della formazione (obbligatoria) degli operatori coinvolti

Viene proposta la realizzazione di Linee Guida specifiche per affrontare la violenza contro le donne con disabilità sottolineando l’importanza della formazione (obbligatoria) degli operatori coinvolti, che deve includere anche il personale dei centri antiviolenza e delle associazioni, affinché possano riconoscere e rispondere adeguatamente alle diverse forme di violenza e abuso.

Particolare importanza rivestono anche le proposte per l’inserimento lavorativo, il  reinserimento e l’accessibilità nell’ambiente di lavoro delle donne con disabilità, attraverso il sostegno alle aziende che favoriscono la loro occupazione e altrettante agevolazioni per favorire l’autoimprenditoria, nonché percorsi di inserimento sociale, di formazione e di politica attiva del lavoro, rafforzando i servizi per l’impiego e promuovendo le prospettive di assunzione attraverso azioni affermative e di lotta agli stereotipi.

Altro aspetto interessante, in ambito lavorativo, sono le proposte di predisporre interventi formativi, sia per i datori di lavoro che per tutti i lavoratori, integrando le ore di informazione/formazione, già dedicate alla sicurezza, con moduli specifici sulle problematiche della violenza nei confronti delle donne con disabilità e creare strumenti, canali a cui accedere, per chiedere aiuto come, ad esempio gli sportelli di ascolto.

Va infine rafforzato, si sottolinea nel Documento, il loro diritto alla formazione lungo tutto l’arco della esistenza, al fine di affrancarle dalle difficoltà economiche e dall’emarginazione dovuta a situazioni di povertà.

Inviato al Ministero per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, il Documento del GdL dell’Osservatorio nazionale, ha l’obiettivo di contribuire al Piano Strategico Nazionale contro la violenza di genere, con l’auspicio che queste indicazioni vengano integrate nelle politiche future per garantire alle donne con disabilità protezione, supporto e autodeterminazione. Una richiesta, pertanto, di un impegno concreto per un cambiamento reale.

La scarsità di risorse

Un Documento importante al cui gruppo di lavoro la Uil ha partecipato attivamente, del quale condividiamo principi, considerazioni e proposte per un cambiamento reale. Tuttavia, resta un problema fondamentale: la scarsità di risorse destinate a queste misure e che abbiamo sollevato anche nel GdL dell’Osservatorio nazionale.

Per la Uil, la violenza contro le donne con disabilità non è un tema marginale, né un problema da affrontare con mezze misure. Servono investimenti reali, e la mancanza di finanziamenti adeguati rischia di trasformare anche questo Documento in mere dichiarazioni d’intenti, senza una reale applicazione.

Affrontare la violenza contro le donne con disabilità non è solo una questione di giustizia sociale, ma un dovere civile e morale. Servono interventi immediati, finanziamenti adeguati e un cambiamento culturale che riconosca il diritto di ogni donna, indipendentemente dalla sua condizione, a vivere una vita libera dalla violenza e dalla paura.

Ogni ritardo significa nuove vittime, nuove sofferenze, nuovi silenzi. È tempo di agire. Ora.

Servizio Stato Sociale, Politiche Fiscali e Previdenziali, Immigrazione della UIL

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