Tlc: parte la mobilitazione di settore. A rischio 20.000 posti di lavoro

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13.04.2023

Contro un modello industriale sbagliato, contro la miopia delle aziende e l’assenza di lungimiranza dei Governi nei confronti di questo settore fortemente strategico, UILCOM, SLC e FISTEL si apprestano a proclamare la mobilitazione del settore delle Tlc.

Sono a rischio reale oltre 20.000 posti di lavoro diretti nel solo perimetro delle Telco, senza calcolare gli effetti che saranno generati nell’intero sistema degli appalti del settore

Parte il percorso di mobilitazione

Si apre così ufficialmente “il percorso di mobilitazione” dei sindacati a difesa di tutto il settore delle Tlc che è ormai arrivato ad un bivio drammatico.

Da mesi va avanti un “surreale” tavolo tecnico presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, nel quale è completamente assente la voce dei rappresentanti di lavoratrici e lavoratori e dove si fatica ad immaginare di cosa si dibatta. 

Le audizioni delle compagnie di telecomunicazione (Tlc)

Tim, anche grazie all’offerta formalizzata da Cassa Depositi e Prestiti, si avvia velocemente a spezzare in maniera definitiva l’unicità dell’azienda. 

Vodafone chiede una riduzione dei costi pari al taglio di circa 1.000 posti di lavoro, il 20% dell’attuale forza lavoro.

WindTre ha ufficializzato la vendita dell’infrastruttura di rete imboccando una strada sbagliata e piena di incognite occupazionali.

British Telecom ed Ericsson hanno formalizzato, anche loro, eccedenze. 

Ogni anno fallisce un importante soggetto fra i call center in outsourcing, mentre quelli che rimangono non riescono a garantire alcuna stabilità occupazionale ed economica, ricorrendo quotidianamente ad ammortizzatori sociali. 

Il silenzio del Governo

L’inerzia del Governo ha fatto il resto, con tavoli di crisi annunciati, ma poi mai convocati nel silenzio delle istituzioni.

Siamo arrivati ad un punto in cui le aziende a causa di un contesto di regolamentazione sfalsato stanno chiedendo di mettere in atto piani di ristrutturazione che vedono solo problemi di gestione di esuberi o di riconversione o di strumenti che comunque non risolvono i problemi del settore.

È un settore che è stato caratterizzato negli ultimi 15 anni dal continuo ricorso ad ammortizzatori sociali, esodi incentivati, tagli nella contrattazione aziendale, perdite di professionalità importanti, e blocco pressoché totale del ricambio generazionale. 

Un modello industriale sbagliato

È evidente che il modello industriale adottato sia sbagliato. 

La parcellizzazione dell’ex monopolista non migliorerà la situazione, anzi, il Paese sarà privo di un campione nazionale che dovrebbe stabilizzare il comparto. Che dovrebbe evitargli di ridursi a un ‘emporio’ di sole vendite, per altro a prezzi sempre più stracciati.

La ricetta introdotta, di recente, dalle principali Telco per gestire gli effetti di un mercato deregolamentato è quella di dividere l’industria (le infrastrutture di rete) dai servizi. 

Un’impostazione miope che impoverirà ancor di più il settore, trasformando aziende leader del comparto TLC a meri rivenditori di servizi, i cui azionisti di riferimento non sono neanche italiani. 

Nessuna regolamentazione

In questo scenario le Istituzioni non stanno svolgendo alcun ruolo regolatorio, nessun intervento strutturale. Così non c’è modo di dare stabilità al settore rilanciando un asset strategico per il sistema paese e di tutelare oltre 120mila addetti che operano nel variegato mondo delle telecomunicazioni. 

Le contraddizioni che il sindacato confederale unitariamente denuncia da anni, in solitaria e senza la giusta attenzione delle Istituzioni, stanno esplodendo con veemenza. È giunto il tempo di contrastare, con forza, una deriva che rischia di affossare il comparto. 

Siamo stanchi di sterili promesse da parte della classe politica di questo paese. 

Questo governo si era preso l’impegno entro dicembre di aprire un ragionamento con il sindacato. 

Siamo arrivati ad aprile e continuiamo a vedere latitanti le Istituzioni e assente il Governo.

È tempo che ciascuno si  assuma le proprie responsabilità. 

TLC come motore attivo della transizione digitale del Paese

Il settore delle TLC deve tornare ad essere il motore attivo della transizione digitale del Paese, deve rinnovarsi ed attrarre nuovi talenti. 

Al contempo, bisogna puntare alla professionalizzazione di migliaia di lavoratrici e lavoratori verso i nuovi mestieri di cui un settore in costante evoluzione necessita. 

Occorre far cessare i tagli dell’occupazione e dei salari. 

Eliminare gestioni che non fanno gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori del settore e meno che mai del Paese, ma solo quelli di fondi di investimento o gruppi finanziari esteri. 

Non possiamo più essere confinati come fanalino di coda dell’Europa nella strategica rivoluzione digitale in corso. 

Dobbiamo tutelare un settore che pur avendo enormi potenzialità vive il contesto di un sistema inadeguato e con carenza di regole. 

Proprio per questo la UILCOM ritiene che sia arrivato il momento di aprire una grande mobilitazione chiamando a raccolta tutte le lavoratrici e i lavoratori del settore delle Tlc.

Ufficio Comunicazione UILCOM

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