42 anni fa, la strage alla stazione ferroviaria di Bologna

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02.08.2022

La strage del 2 agosto 1980 alla stazione ferroviaria di Bologna è stata, e resterà sempre, un capitolo orribile della storia italiana.

Questo drammatico evento terroristico si colloca nella fase finale della strategia stragista che insanguinò l’Italia: Milano, la Banca Nazionale dell’Agricoltura a piazza Fontana il 12 dicembre 1969; Brescia, la strage di piazza Loggia il 28 maggio 1974 durante una manifestazione antifascista e sindacale; presso San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna, il treno Italicus la notte tra il 3 e il 4 agosto 1974, e poi Bologna.

In questo decennio il neofascismo, complici alcuni vertici degli apparati di sicurezza dello Stato, con l’intento di destabilizzare il Paese e favorire una svolta autoritaria, se non un intervento diretto dei militari, operò in maniera feroce colpendo le forze dell’ordine, sedi istituzionali e obiettivi commerciali.

Bologna Centrale. Alle 10.25 nella sala d’aspetto della seconda classe della stazione esplose un ordigno a tempo, uccidendo 85 persone e ferendone oltre 200.

L’esplosione potente provocò il crollo di un’ala intera della stazione, investendo in pieno il treno Ancona-Chiasso, in sosta al primo binario, e il parcheggio dei taxi.

La deflagrazione colpì turisti in partenza o di ritorno dalle vacanze, persone in transito, clienti e lavoratori del punto di ristoro della stazione. E poi c’era chi ci lavorava alla stazione: ferrovieri, taxisti, impiegati.

In quella occasione la città si fece una nel soccorso e nel dolore. Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, appena arrivato a Bologna affermò che si era di fronte alla impresa più criminale che fosse avvenuta nell’Italia repubblicana.

Questo tipo di strategia del terrore sembrava essere stata abbandonata dopo gli attentati della metà degli anni Settanta. Si stava cominciando ad attenuare l’onda della contestazione, il terrorismo andava subendo delle sconfitte, si cominciava a parlare di “riflusso”. Insomma, i tempi che avevano spaventato i ranghi deviati delle istituzioni e tutto il mondo dell’eversione nera, che si era prestata a questo disegno di reazione, ossia le grandi lotte sindacali per il lavoro con l’autunno caldo, il femminismo, le lotte per i diritti, lo sviluppo del movimento studentesco, sembravano perdere la loro forza d’urto o, perlomeno, cambiavano strategie d’impatto.

In effetti, restava al fondo questo antagonismo, con l’eversione e l’attivismo omicida del terrorismo rosso, che continuava a mietere vittime.

Non bisogna pensare ad un percorso bilanciato tra neri e rossi, ma purtroppo questa “corsa al rilancio o al pareggio” ha, in più di qualche occasione, caratterizzato quei tempi bui.

Dal primo giorno cominciarono i depistaggi. Accanto alle indagini, che seguivano la pista del terrorismo neofascista, emergevano altri intrecci con altri eventi. Ricostruzioni verosimili che non aiutavano a chiarire nessi, mandanti e i motivi di tanta violenza. Il dato più inquietante resta la presenza costante di elementi che avevano potuto creare reti occulte e pronte a concorrere allo sfascio dello Stato democratico.

Nonostante 27 anni di processi, ancora non è stato condannato nessuno come mandante. Per la strage sono stati condannati in via definitiva tre appartenenti a un gruppo armato della destra eversiva che, però, si sono sempre dichiarati innocenti per questo attentato.

Il sindacato è, e sarà sempre per sua natura, garante della democrazia e della Repubblica. Si è sempre stati consapevoli che la libertà e la democrazia, proprio seguendo i principi che stanno alla base della nostra fede in questi valori assoluti, è nostro dovere difenderle. Proprio perché protagonista, il sindacato e la UIL, in particolare, si è sempre schierato dalla parte dei diritti di ciascun cittadino, sapendo qual è la strada da percorrere perché la democrazia, il rispetto della vita, la rivendicazione dei diritti, la convivenza civile e la partecipazione sociale e politica restino patrimonio di tutti.

Paolo Saija

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