Settantacinque anni di democrazia

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08.05.2023

L’8 maggio del 1948 rimane per il nostro Paese una data importantissima, perché in quel giorno di ormai 75 anni fa si riunirono per la prima volta la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica.

Una data, quindi, che si pone in continuità con altre altrettanto importanti, quanto oggi evocative, succedutesi nei tre anni precedenti.

E stiamo parlando del 25 aprile del 1945, data simbolo del nostro ritorno alla libertà dopo il ventennio fascista; il 2 giugno 1946 in cui si celebrarono libere elezioni, le prime dal 1924, per eleggere l’Assemblea Costituente (nonché il referendum istituzionale che sancì l’assetto repubblicano del nostro Paese); il 18 e il 19 aprile 1948, in cui si svolsero le prime lezioni politiche a suffragio universale della nostra storia.

Le elezioni del ‘48

I risultati delle elezioni parlamentari del ’48, avevano visto la prevalenza netta della Democrazia cristiana con oltre il 48% dei voti, che insieme agli altri partiti atlantisti conquistava una solida maggioranza Nettamente sconfitto il Fronte popolare formato da PCI e PSI, con circa il 30% dei suffragi.

Il peso dei partiti nelle aule parlamentari, si ripercuote inevitabilmente anche sull’elezioni dei primi presidenti di aula. Alla Camera viene eletto il democristiano Gronchi, che ha la meglio sul candidato frontista Targhetti; al Senato, invece, a prevalere è Ivanoe Bonomi, eletto tra le fila del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, guidato da Giuseppe Saragat, che prevale nettamente sul candidato comunista del Fronte, Umberto Terracini.

L’8 maggio, quindi, si riprendevano i fili di un processo costituzionale, che pur tra mille contraddizioni e tante differenze, è giusto far iniziare nel 1848, con lo Statuto Albertino, diventato dopo l’unificazione dell’Italia del 1861, la nostra prima carta di rilevanza costituzionale.

Democratizzazione e movimento operaio

L’avvento del fascismo ha poi bloccato un processo lento ma costante di democratizzazione del nostro Paese, in cui un ruolo importante ebbe il movimento operaio, rispetto alla conquista di importanti diritti civili e sociali e all’inclusione di milioni di persone – le masse, si diceva un tempo – nel giocò democratico.

Il primo Parlamento italiano si trovò davanti ad una sfida durissima: ricostruire materialmente e moralmente un Paese distrutto nell’animo e nel corpo dalla guerra e dalla dittatura. Di cementare su solide basi il nuovo regime di democrazia parlamentare istituito dall’Assemblea Costituente. Il tutto in un clima da guerra fredda, che da li a poco avrebbe visto calare sul mondo la cortina di ferro.

Senato e Camera: Una nuova realtà costituzionale

Alla nuova Camera come al nuovo Senato, in cui si riproducevano plasticamente le profonde faglie ideologiche che avrebbero caratterizzato per lunghi anni la vita politica italiana, si richiedeva di consolidare la nuova realtà costituzionale, che ha il suo presidio e strumento fondamentale proprio nel Parlamento.

Ad esso veniva affidato il compito primario di realizzare una libera e giusta democrazia, in un clima di immense speranze dopo decenni di sofferenze.

È fondamentale conservare la memoria delle nostre radici e del ruolo che queste Istituzioni continuano a svolgere come presidio della rappresentanza e dei diritti di libertà, perché come affermava Norberto Bobbio “la democrazia, piaccia o non piaccia, è il nostro destino [e] sembra aver posto salde radici”.

Mussolini, in nel discorso alla Camera del 16 novembre del 1922, aveva affermato: “Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli, potevo sprangare il Parlamento […]”. Lo fece con crudeltà per un ventennio. Ma grazie alle lotte e al sacrificio di chi ha creduto nella democrazia, la storia ha ripreso a camminare nel verso giusto: quello della libertà.

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