Rom e Sinti, è tempo di un riconoscimento legislativo linguistico culturale

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21.02.2023

Il Consiglio d’Europa ha recentemente ribadito la necessità che l’Italia adotti un quadro legislativo nazionale organico e specifico per la protezione di Rom e Sinti. 

L’organizzazione internazionale accusa esplicitamente il nostro Paese di un approccio emergenziale in materia, fortemente condizionato da pregiudizi e discriminazioni, nonché di una politica sostanzialmente securitaria nei confronti di un’etnia che viene spesso additata come una minaccia, ingenerando così verso di essa odio e rifiuto nella pubblica opinione.

Da sempre è in atto nel nostro paese una campagna permanente di linciaggio politico e mediatico dei 170 mila <Rom, Sinti e Camminanti> la grande maggioranza dei quali vive da secoli in Italia e vanta cittadinanza italiana o comunitaria. Fanno eccezione circa 20 mila Rom, arrivati in Italia dopo la guerra nella ex Jugoslavia: una serie di famiglie che non si sono mai integrate, che vivono spesso di espedienti e che vivono nei campi, quasi sempre in condizioni non degne di una società civile, in mezzo alla sporcizia, topi, malattie e con una forte presenza di minori spesso esclusi di fatto dall’istruzione pubblica. Campi che sono stati additati per anni come luogo di emarginazione e delinquenza, ma che non si è mai riusciti a chiudere del tutto a causa dell’assenza di proposte alternative sul piano dell’integrazione. Infatti, ci si limita a chiudere un campo lasciando per strada donne e bambini e vecchi che andranno a metterne in piedi un altro più fatiscente in un’altra parte della città. 

Malgrado i copiosi finanziamenti dell’Unione Europea, infatti, la strategia nazionale di uguaglianza e inclusione 2021-2030 gestita soprattutto da UNAR ed alcune associazioni, non sembra aver prodotto grandi cambiamenti nella vita di queste persone, pur avendo – detta strategia -un approccio ambizioso su tutti gli aspetti della vita di questa minoranza linguistico-culturale: sanità, lavoro, casa, istruzione, partecipazione e lotta alle discriminazioni.

La critica del Consiglio d’Europa versa sul fatto che tutte le misure proposte a favore di ROM e Sinti si basano principalmente su progetti e non sono supportate da riforme istituzionali nazionali: procedono insomma in modo frammentato ed emergenziale, e non nell’ambito di strategie e misure più organiche.

È certo che il tema dell’inclusione sociale e l’eventuale riconoscimento dei diritti civili di queste popolazioni non è un terreno facile su cui avanzare proposte concrete ed efficaci. Nessuna tra le forze politiche, infatti, sembra finora aver trovato il giusto approccio, in termini di integrazione ed inclusione, per avviare concretamente a soluzione i molti problemi. 

Va anche ricordato che la Legge 482 del 1999 (che riconosce l’esistenza di 12 minoranze linguistiche) non comprende quella dei Rom e dei Sinti. La motivazione dell’esclusione da parte del Legislatore è sembrata piuttosto pretestuosa e basata sull’assunto che quella di Rom, Sinti e Camminanti, non è una minoranza territorialmente ubicata (come le altre). Una distinzione di lana caprina, in quanto l’art. 6 della Costituzione italiana si limita a dire che “la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”, e non limita territorialmente questo diritto. 

Sarebbe molto importante il riconoscimento legislativo della popolazione di lingua Romanì quale vera minoranza linguistica e culturale, tema che rimanda alla necessità di adeguate forme autonome di rappresentanza dei Rom e Sinti in Italia ed alla loro attiva partecipazione ad una campagna a sostegno della proposta di legge. 

Il riconoscimento legislativo di Rom e Sinti renderebbe più chiaro l’alveo dei diritti/doveri connessi alla loro inclusione nella società civile italiana, nonchè forse più facile il coinvolgimento delle loro rappresentanze nel difficile processo di integrazione, che dovrebbe a nostro avviso partire soprattutto dalla Scuola e dalla istruzione delle giovani generazioni e dalla formazione professionale ai fini dell’inserimento al lavoro.

Tutto ciò, però, rischia di rimanere sulla carta se non accompagnato da una massiccia campagna mediatica e culturale contro le discriminazioni, le fake news ed i pregiudizi che accompagnano la narrativa sugli “zingari”. 

È nota, infatti, la difficoltà a trovare lavoro per chi viene marchiato come “nomade”, quasi sempre oggetto di pesanti discriminazioni, ed in genere costretto ad arrangiarsi in attività precarie. In un’Europa dove la circolazione delle merci e dei capitali avviene senza restrizioni, il rischio è di essere illiberali con le persone, stranieri o rom, colpevoli di essere marchiati come diversi ed indesiderabili.

È importante, dunque, per la UIL che la tematica venga affrontata con lucidità e lungimiranza, dando riconoscimento istituzionale a questa significativa minoranza linguistico-culturale, ed intraprendendo un sia pur difficile percorso di piena inclusione, nel rispetto dei diritti/doveri fondamentali per ogni essere umano.

Dipartimento Politiche Migratorie UIL

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