Milioni di lavoratori aspettano il rinnovo del loro contratto nazionale
07.10.2023
Sono milioni, le lavoratrici e i lavoratori che aspettano da anni il rinnovo del loro contratto nazionale.
Costretti a viaggiare a due velocità, gli italiani subiscono da un lato il costo della vita sempre più alto, mentre dall’altro si scontrano con retribuzioni insufficienti.
I settori più colpiti
Gli stipendi della quasi totalità delle persone che lavorano nel terziario sono fermi da anni, con famiglie intere in difficoltà, costrette a tagliare le vacanze vivendo in un clima di rinunce e privazioni.
Parliamo di 3 milioni di persone solo nel terziario, senza rinnovo da 4 anni, per i contratti siglati con Confcommercio, Confesercenti, Distribuzione Cooperativa e Federdistribuzione. E di 1.5 nel turismo, dove il contratto nazionale di riferimento e i salari non sono più adeguati ai costi della vita reale.
È indispensabile arrivare presto ad un rinnovo anche per chi è impiegato negli Studi Professionali in Italia, ben 700mila persone che attendono da più di 5 anni la firma del loro Ccnl. Serve dunque una svolta, un cambio di marcia che non lascerebbe indifferenti nemmeno i 130mila lavoratori del comparto acconciatura ed estetica.
Che dire poi del milione di persone che lavorano nella ristorazione? E dei 2 milioni di colf e badanti ancora senza contratto?
Una vera emergenza
L’emergenza – perché di emergenza si tratta – è in dubbio alta e, soprattutto, molto ampia: con un aumento cumulato dei prezzi che, negli ultimi 24 mesi, tra pandemia e guerra, ha sfiorato il 17%, e le perdite del potere d’acquisto per i lavoratori si fanno sentire. E, inevitabilmente, i consumi calano. Con buona pace delle parti datoriali.
Perché a fare acquisti che gli imprenditori bramano sono proprio i lavoratori che non hanno i contratti rinnovati: senza dare loro potere d’acquisto il commercio arranca.
Si chiedono coraggio e investimenti ai consumatori italiani senza tener minimamente conto a chi si parla. E senza pensare alla mastodontica fetta dei part time presenti nel commercio e nei servizi, oltre agli stagionali nel turismo, che rappresentano i nuovi poveri. Donne e uomini che più di altri subiscono il contraccolpo dell’atteggiamento dilatorio delle parti datoriali.
D’altro canto, l’esitazione di queste parti sta tenendo i rinnovi fermi al palo e ha spinto, a fine luglio, i sindacati di categoria a manifestare a Bologna stigmatizzando questo atteggiamento. Mentre la Uiltucs con Filcams e Fisascat portano i lavoratori in piazza che fa il Governo? Sta a guardare, quasi come se fosse corpo estraneo a una questione che, in realtà, lo riguarda molto, ma molto, da vicino.
Ufficio Comunicazione UILTUCS
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