Rimesse. Perché sono importanti per lo sviluppo globale

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16.06.2023

Il 16 giugno si celebra la giornata internazionale delle rimesse familiari.

Forse, molti di noi non hanno più molta contezza rispetto al termine “rimessa”, che altro non è che il reddito risparmiato da un lavoratore residente all’estero e inviato nel proprio paese di origine, spesso come forma di sostegno alla famiglia.

La grande emigrazione

Le rimesse hanno avuto – e hanno tuttora – un ruolo determinante nella nostra storia sotto il profilo economico-sociale. Ed è evidente, quindi, che, quando si parla di rimesse, si sta discutendo anche di migrazioni.

Dall’Italia, rimanendo a casa nostra, tra il 1861 e il 1985, sono partiti quasi 30 milioni di emigranti. La maggioranza dei quali, oltre 14 milioni, pochi decenni dopo l’Unità di Italia (1876-1915), fu protagonista di quella che viene ricordata come “grande emigrazione”.

Si andava a cercare quel lavoro che in patria non c’era; a partire per primi erano sovente solo i capi famiglia, che mandavano ciò che risparmiavano a casa, per far sopravvivere la famiglia d’origine. Una migrazione che è continuata numerosa anche nel Secondo dopoguerra, per giunta favorita da accordi tra stati nazionali: per fare un esempio, si pensi al “Protocollo italo-belga” firmato il 23 giugno 1946: esso prevedeva l’invio (ovviamente su base volontaria) di 50.000 lavoratori italiani in cambio di carbone indispensabile per alimentare l’economia del nostro paese.

Migliaia i nostri connazionali instradati verso le miniere belghe. E insieme ai flussi di carbone, arrivavano in Italia anche quelli di denaro, che guadagnato all’estero, finiva nelle casse del paese di origine.

Come vengono contabilizzate le rimesse?

Nella contabilità nazionale, le rimesse in entrata (e in uscita) vengono contabilizzate nel conto corrente della bilancia dei pagamenti, sotto la voce “redditi secondari”.

La loro intensità può variare notevolmente con riferimento a una serie di motivazioni, legate sia all’emigrato che alla famiglia destinataria dei soldi. Infatti, la tendenza dei flussi è di solito discendente col passare del tempo, perché c’è l’affievolirsi dei rapporti affettivi.

Ancora oggi, le Istituzioni internazionali riconoscono l’importanza dei flussi di rimesse per il loro potenziale contributo alla crescita economica. Le inevitabili perdite in termini di capitale umano dei paesi di provenienza degli emigrati appaiono anche compensate dall’afflusso di quel denaro che alimenta gli investimenti economici o tiene socialmente in piedi sistemi nazionali non sempre floridi o progrediti.

Un saldo negativo 

Il nostro saldo delle rimesse – secondo la Banca d’Italia – è diventato negativo dalla metà degli anni ‘90, quando quelle in uscita (dei nostri immigrati) hanno superato il trend declinante delle rimesse in entrata degli italiani all’estero. Eppure, nel periodo che va dal 1902 al 1905 l’ammontare delle rimesse (tracciabili) ha raggiunto la cifra di oltre 161 milioni di lire. Tra il 1905 e il 1909 fu di 304 milioni. Nel ‘13 i migranti rimandarono in Italia ben 716 milioni di lire. Cifre che lievitarono fortemente nel 1919 (3 miliardi) e nel 1920 (5 miliardi). Tutto ciò permise al Regno d’Italia di riequilibrare la bilancia dei pagamenti con l’estero.

Oggi, sono i migranti presenti sul nostro territorio a mandare soldi nel paese di origine. Sempre secondo fonti Banca d’Italia, le rimesse di denaro inviate dai migranti presenti in Italia nel 2022 hanno superato la quota di 8,2 miliardi di euro, con un incremento di cinquecento milioni rispetto al 2021.

Il primo paese destinatario dei risparmi accumulati in Italia è stato il Bangladesh. Seguono Pakistan e Filippine. Poi, c’è la Romania, che comunque cala nel suo ammontare complessivo. Così come calano anche altre nazioni europee come Bulgaria e Moldova.

Le ricadute economiche dei lavoratori stranieri

La presenza di lavoratori e lavoratrici stranieri impiegati nelle nostre case come nelle nostre aziende ha ricadute economiche non solo nel nostro paese ma anche in quelli d’origine. Si pensi, per esempio, a quanto siano oggi fondamentali i soldi mandati in Ucraina, mentre imperversa la guerra di aggressione russa.

L’importanza delle rimesse, per quanto riguarda lo sviluppo dei paesi di provenienza dei migranti, è riconosciuta anche a livello internazionale. Infatti, tra gli obbiettivi dell’Agenda ONU 2030, il punto 10c prevede entro il 2030 la riduzione a meno del 3 per cento dei costi di transazione delle rimesse dei migranti, nonché l’eliminazione dei corridoi di rimesse con costi più alti del 5 per cento.

La riduzione dei costi, nelle intenzioni della comunità internazionale, favorirebbe la liberazione di risorse destinate ai paesi di ricezione che necessitano di inclusione finanziaria, fondamentale per generare sviluppo.

Un motore nascosto della connettività globale

Anche durante la pandemia, le rimesse hanno giocano un ruolo importante per la tenuta economica e sociale di intere comunità. Una sorta di motore nascosto della connettività globale, dove sono i singoli individui ad essere responsabili della massiccia circolazione di capitali attraverso le frontiere. Un capitale spesso indispensabile e frutto di duro lavoro.

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