La ripresa post-Covid dell’economia non ha diminuito il rischio di povertà: I dati ISTAT

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10.10.2022

Grazie ad uno studio fatto dall’Istat relativo all’anno 2021 possiamo capire come la ripresa post-Covid dell’economia italiana non abbia diminuito il rischio di povertà, ma anzi un italiano su quattro rimane “esposto” a questo tipo di rischio. Con una percentuale rispetto agli anni precedenti purtroppo rimasta stabile (25,4%).

L’istituto di ricerca registra anche che relativamente all’anno 2020 c’è stato un lieve peggioramento per quanto riguarda il reddito tra famiglie più ricche e quelle più povere pari 5,8 volte (5,7 volte nel 2019).

Durante il periodo di emergenza questo dato è stato molto più alto, pari a 6,9 volte, perchè non sono pervenuti interventi di sostegno alle famiglie.

Una differenza importante riguardo il rischio di povertà si nota nelle coppie con figli per i quali l’aumento è stato dal 24,1% al 25,3% prendendo in considerazione il periodo dal 2019 al 2021.
Nel 2021 questo rischio è stato ancora più alto nelle persone che vivono in nuclei familiari composti da almeno cinque individui, con una percentuale pari al 38,1% rispetto al 36,2% del 2020.

Riguardo lo stato di disoccupazione tramite una nota dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) si può evincere come il tasso di disoccupazione in Europa sia rimasto stabile pari al 6,6%, mentre in Italia è sceso lievemente dal 8% al 7,8% riguardante l’anno corrente.

Una riflessione è d’obbligo farla considerando questi ultimi dati. Alla luce anche di quali interventi possono essere messi in campo per sostenere in particolare le famiglie.

In un Paese democratico come il nostro è sostenibile il fatto che le famiglie che decidono di fare più figli sono maggiormente a rischio povertà?

Una volta si diceva “dove mangiano 3, mangiano in 4” e così via. Sembra che ora, con il progresso a pieno ritmo, non sia più così se non a patto di sacrifici non indifferenti. E anche in quel caso il 38,1% delle famiglie con 5 figli rischia comunque di finire in uno stato di povertà.

Certo, cinque figli vuol dire cinque bocche, cinque armadi, cinque paia di scarpe (almeno!), cinque zainetti, etc. Immaginiamo che voglia dire anche casa più grande, affitto o mutuo più alto, macchina più grande. Le vacanze sono un’idea che non si realizza. Al netto, quindi, delle esigenze quotidiane di casa, vestiti e altro chi sta insieme a questi figli? Ovvio che c’è chi si può permettere 2 babysitter, la colf per casa e più mezzi per gestire i viaggi di andata e ritorno dal lavoro, più gli spostamenti dei bambini.

Ma per le famiglie con redditi più bassi? Ecco che un genitore, la madre di solito, deve rinunciare a lavorare per poter gestire i figli senza delegare e pagare una terza persona. Il nucleo diventa a tutti gli effetti monoreddito con conseguenze tangibili sulle possibilità di quella famiglia non solo di avere quelle scarpe e quegli zainetti, ma proprio di riuscire a riempire quei cinque piatti a tavola.

Ci chiediamo e a questo punto lo chiediamo anche alle istituzioni: nel futuro di questo paese sono ancora previste le famiglie? Hanno ancora una loro importanza?
Se la matematica non è un’opinione alla fine dei conti saranno in troppi a scegliere di non fare figli per “sopravvivere”. È una realtà di cui discutere ora, senza attendere oltre.

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