PER UN FUTURO PENSIONISTICO CERTO

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23.02.2023

PERCHÈ LE PENSIONI SONO UN TEMA COSÌ ATTUALE?

Quello pensionistico è uno dei temi più affrontati e dibattuti dalla politica e dalle parti sociali dell’ultimo decennio. A questo punto, la domanda sorge spontanea: ma perché proprio le pensioni?

È chiaro che la risposta non può essere una sola, ma sicuramente un punto fondamentale è la distanza che c’è tra l’attuale sistema e le necessità reali delle persone. L’attuale sistema previdenziale, infatti, è fortemente iniquo, essendo improntato su una logica piatta che fa parti uguali tra disuguali.

Riportare equilibrio sociale nel sistema è la priorità. Una necessità per delineare un futuro pensionistico certo per quelle categorie fragili o più esposte nell’attuale mercato del lavoro, come i giovani e le donne, che costituiscono il presente ed il futuro del nostro sistema economico e sociale, ma che sono state le più colpite dalle ultime riforme previdenziali, in particolare la riforma Dini e la legge Monti-Fornero. Ma facciamo un po’ di chiarezza sul punto, troppo poco conosciuto soprattutto dalle nuove generazioni.

LA RIFORMA DINI E LA RIFORMA MONTI FORNERO

Prima della riforma Dini, del 1995, per stabilire l’importo della pensione che avrebbe percepito un lavoratore quando fosse uscito dal mondo del lavoro, si utilizzava il metodo retributivo. E cioè, il calcolo dell’importo pensionistico si basava sulle ultime retribuzioni che il lavoratore aveva percepito prima di andare in pensione, retribuzioni che erano, ovviamente, le più elevate, perché percepite a fine servizio. 

Con la riforma Dini, invece, venne introdotto il metodo di calcolo cosiddetto contributivo, perché basato sulle contribuzioni versate dal lavoratore durante l’intero arco lavorativo. Ma perché passare da un metodo di calcolo all’altro? Perché permette un più corretto bilanciamento tra, appunto, quanto il lavoratore ha contribuito, attraverso i propri versamenti, a finanziare il sistema pensionistico e quanto da esso riceverà sotto forma di assegno pensionistico. Una logica condivisa dal sindacato, ma che abbiamo sempre sostenuto debba essere accompagnata da correttivi sociali che tutelino le categorie meritevoli e quelle più a rischio, come chi perde il lavoro negli anni antecedenti la pensione, chi svolge mansioni gravose o usuranti, chi si fa carico di un lavoro di cura familiare, i giovani e le donne.

Nel 2011, poi, è arrivata la riforma Monti-Fornero, una gigantesca operazione di cassa sulle spalle dei pensionati e dei lavoratori, che ha innalzato l’età di accesso alla pensione, fino a 67 anni, legandola direttamente alla speranza di vita e fissando dei parametri economici che i contributivi puri (coloro il cui primo versamento è successivo al 01/01/1996) devono rispettare per accedere al trattamento pensionistico. 

LA UIL CONTINUA A LOTTARE PER UN FUTUTO SICURO E GIUSTO

Tirando un po’ le somme di questo breve excursus, l’innalzamento dell’età anagrafica ed il passaggio al metodo di calcolo contributivo sono alla base dell’incertezza pensionistica che aleggia sul futuro previdenziale delle donne e dei giovani, perché presuppongono delle vite lavorative stabili e durature, con versamenti contributivi effettivi e costanti.

Anche chi non segue molto la materia, sa che al giorno d’oggi queste condizioni sono veramente molto difficili da realizzare, se non quasi proibitive. I giovani sono sempre più ostaggio di stage, tirocini e contratti di apprendistato, mentre le lavoratrici sono spesso soggette a contratti part time involontari e a discriminazioni salariali sul luogo di lavoro.

C’è, dunque, bisogno di politiche serie, che garantiscano certezze professionali prima e pensionistiche poi, perché le categorie attualmente più fragili dal punto di vista previdenziale sono anche quelle su cui si regge il nostro intero sistema di welfare.     

Per questo, la UIL continua a battersi per realizzare quelle proposte necessarie per un futuro pensionistico certo e dignitoso.

Nello specifico, è necessario introdurre una flessibilità in uscita dal mondo del lavoro intorno ai 62 anni o al perfezionamento di 41 anni di contributi, a prescindere dall’età e senza penalizzazioni.

Bisogna prevedere una pensione contributiva di garanzia per i giovani, collegata al numero di anni di lavoro svolti e di contributi versati, che valorizzi, dal punto di vista previdenziale, anche i periodi di formazione e quelli di disoccupazione, affinché ricevano un assegno pensionistico equo e dignitoso.

Occorre, poi, porre fine alle discriminazioni di genere sul luogo di lavoro e tutelare previdenzialmente le lavoratrici attraverso il riconoscimento di dodici mesi di anticipo pensionistico per ogni figlio e attraverso la valorizzazione ai fini pensionistici del fondamentale lavoro di cura che svolgono all’interno del nostro sistema di welfare, anche se non coincidente con periodi di lavoro.

Infine, è necessario rafforzare la misura di anticipo pensionistico Ape sociale a sostegno delle categorie più deboli e consentirne la piena efficacia valorizzando l’ottimo lavoro svolto nel 2021 dalla Commissione istituzionale sui lavori gravosi attraverso una riduzione del requisito contributivo in favore di quei lavoratori che svolgono mansioni gravose ed usuranti e che, data l’onerosità dei compiti svolti, sono soggetti a malattie e ad infortuni professionali. 

Servizio fiscale e previdenziale UIL

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