La parità di genere nel Trasporto Pubblico Locale: quando la sicurezza passa anche da un approccio culturale

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31.01.2025

Il lavoro è importante per l’identità personale di una donna, in quanto garanzia di indipendenza e di riconoscimento sociale.

Nonostante le donne siano sempre più presenti in ogni ambito lavorativo e raggiungano posizioni di rilievo in molti settori, tali cambiamenti non sono stati considerati in maniera sistematica nell’organizzazione del lavoro. Permangono infatti forti squilibri rappresentati dall’ancora scarsa presenza delle donne ai livelli alti d’inquadramento e dalla loro quasi assenza ai livelli di vertice. Ma non solo, perché il problema si pone anche a livelli più bassi per particolari tipologie di attività, vedi ad esempio il trasporto pubblico locale, dove la percentuale di presenza delle donne è ancora molto bassa.

Il settore dei trasposti

Nel settore dei trasporti, le donne sono entrate tardi e sono sottoposte a una doppia esposizione: quella dell’ambiente lavorativo e quella della clientela. Il comparto soffre ancora oggi di una cultura troppo maschilista, spesso penalizzante per le donne conducenti.

Le donne hanno un accesso limitato alla formazione e all’informazione, non vengono incoraggiate a fare esperienze personali, educative o professionali che aprirebbero la strada a una professione non tradizionale.

La Direttiva 2006/54/CE

Ricordiamo che la parità di opportunità fra donne e uomini è un principio fondamentale del diritto comunitario (Direttiva 2006/54/CE), e per questo, più volte il legislatore è intervenuto al fine di garantire la pari opportunità e trattamento fra gli uomini e le donne in ambito lavorativo.

Non dimentichiamo inoltre la cosiddetta discriminazione indiretta e cioè una disposizione, un criterio, una prassi, un patto, o un comportamento apparentemente neutri che mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso.

Questa forma di discriminazione, sicuramente più subdola rispetto a quella “diretta” ma non per questo meno insidiosa, ricorre ad esempio quando una determinata proposta di lavoro viene offerta a uomini e donne, ma nel contempo viene richiesta una flessibilità che di norma le madri non riescono a garantire a causa degli impegni familiari (es. nastri di lavoro eccessivamente lunghi con pause frazionate…).

Le aziende non possono trincerarsi dietro atteggiamenti del genere per disincentivare la donna ad entrare o rimanere nel mondo del lavoro. Da qui il ruolo essenziale e determinante delle associazioni sindacali che soprattutto nel tavolo delle trattative devono riconoscere e farsi carico anche di queste situazioni, opponendosi a tentativi del genere da parte dei datori di lavoro.

Ricordiamo, inoltre, che la discriminazione di genere nell’ambito lavorativo può riguardare non solo l’accesso al lavoro, la carriera professionale e le condizioni di lavoro ma si può annidare anche nelle iniziative in materia di orientamento, formazione, perfezionamento, aggiornamento e riqualificazione professionale.

Migliorare e sostenere la rappresentanza e l’integrazione delle donne nel settore del trasporto pubblico, richiede la messa in campo di azioni concrete a diversi livelli.

Sul posto di lavoro è necessaria un’attività di educazione e sensibilizzazione volta ad accrescere la consapevolezza sul valore della diversità, per creare un ambiente più inclusivo e combattere stereotipi di genere e pregiudizi, istruire i lavoratori sui temi della parità, dei diritti fondamentali, salute e sicurezza, violenza e molestie sul posto di lavoro.

Sicurezza

La sicurezza delle donne passa anche per mezzi di trasporto sicuri, dove le lavoratrici non devono aver paura di violenze e aggressioni. C’è da chiedersi se il decreto ministeriale 17 aprile 2024 che disciplina le regole per l’installazione delle paratie di sicurezza nei veicoli adibiti a servizio pubblico utili a garantire appunto la sicurezza e l’isolamento degli operatori di guida da ogni rischio di aggressione o interferenza da parte dell’utenza o di soggetti estranei, in aggiunta ai dispositivi per la geolocalizzazione e ai sistemi di videosorveglianza a bordo degli autobus, bastino a garantire la sicurezza e l’incolumità degli autisti e soprattutto delle autiste.

Il disagio sociale, presente ormai in parecchi ambiti del territorio nazionale, le aggressioni e le violenze della microcriminalità, a cui assistiamo negli ultimi tempi, inducono a ritenere ormai necessario installare cabine blindate per gli autisti/e a bordo di tutti i mezzi, come è già stato fatto nelle maggiori città italiane.

Sarebbero opportune, in aggiunta, convenzioni con la polizia locale per controlli sui mezzi in circolazione: a volte garantisce una maggior sicurezza l’essere osservati da un agente di polizia, che dalle lenti delle telecamere a circuito chiuso.

Nonostante la copiosa normativa soprattutto in questi ultimi anni per la tutela della donna nel mondo del lavoro, rimangono le differenze che invece potranno essere appianate e superate solo con un più evoluto atteggiamento culturale di rispetto verso la donna stessa; deve essere fatto un investimento culturale ed economico mirato a promuovere azioni positive per le pari opportunità e la formazione valorizzando la forza della diversità.

Non possono essere solo le leggi e le norme a risolvere questo problema, che affonda le sue radici nella notte dei tempi, ma il sindacato, all’interno del quale sarebbe auspicabile la collaborazione di una maggiore quota femminile più vicina e sensibile a queste tematiche, sicuramente potrà fare la differenza per un percorso verso la vera “parità di opportunità”.

Di Marina Conti – Segretaria Organizzativa Uiltrasporti Umbria

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