Nella giornata mondiale della Nazioni Unite si sentono ancora forti i colpi della guerra
24.10.2022
Quella del 24 ottobre è la Giornata mondiale delle Nazioni Unite; una ricorrenza internazionale che ricorda l’entrata in vigore dello Statuto dell’ONU, avvenuto in questo giorno del 1945.
Già sul finire del secondo conflitto mondiale, e visti i massacri che la guerra aveva generato, gli Stati prossimi alla vittoria vollero promuovere l’istituzione di una organizzazione internazionale a vocazione generale, con l’intento di affidargli il funzionamento di un sistema di sicurezza mondiale, che fosse in grado di prevenire l’insorgere di nuove tragedie belliche.
Questo intento nobilissimo non era nuovo, perché già alla fine della Prima guerra mondiale venne fondata per scopi simili la Società delle Nazioni, voluta fortemente dall’allora presidente degli Stati Uniti Wilson. Essa si pose come obbiettivi il disarmo, l’indipendenza degli stati, la loro integrità territoriale e, quindi, la pace nel mondo.
Come le tragedie della Seconda guerra mondiale dimostrarono, questo tentativo non ebbe successo e in un breve lasso di tempo si passò dalle trincee fangose della Francia e dalla carne da macello rappresentata da milioni di soldati lanciati allo sbaraglio contro i cannoni nemici tra il 1914 e il 1918, ad un altro conflitto su scala mondiale, che causò oltre cento milioni di morti.
Il compito principale che i fondatori si dettero nel 1945 a San Francisco, fu di mettere al bando il flagello della guerra e riaffermare i diritti di ogni persona in quanto essere umano. Infatti, alla sua terza sessione del 10 dicembre 1948, nella città di Parigi, vide la luce la Dichiarazione universale dei diritti umani. Che, tra l’altro, afferma che tutti gli uomini sono liberi ed uguali in dignità e diritti (art. 1), senza distinzione alcuna che possano derivare da razza, sesso, lingua, religione, opinioni politiche o di altro genere (art. 2). Stabilendo che ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona (art. 3) e che mai nessun uomo potrà essere tenuto in schiavitù o servitù (art. 4) o torturato (art. 5).
La struttura dell’Onu è composta da una Assemblea generale, dove ogni Stato ha un voto; un Consiglio di sicurezza di 15 membri, di cui 5 permanenti (Francia, Gran Bretagna, Cina, Russia e Usa) con diritto di veto sulle risoluzioni, cioè la possibilità di impedire l’adozione di un provvedimento anche contro il parere degli altri 14 membri del Consiglio. Poi abbiamo un Consiglio economico e sociale, la Corte internazionale di giustizia e il Segretariato generale (il Consiglio di amministrazione fiduciaria non è più in funzione). Tra gli istituti specializzati vanno di certo ricordati L’UNESCO, la FAO e l’ILO, l’Organizzazione internazionale del lavoro, con sede a Ginevra e che ha – caratteristica unica tra gli altri – una struttura tripartita (governi, datori di lavoro, lavoratori).
L’Onu, quindi, ha sicuramente assicurato un luogo stabile di confronto tra i 196 Paesi che ne fanno oggi parte. Soprattutto tra quelle potenze che determinano più degli altri gli equilibri mondiali. Ciò non toglie che esso lungi dall’essere l’organo di reale soluzione dei problemi globali, a cominciare dalla sicurezza e dalla prevenzione quanto della soluzione di questioni legate ai conflitti.
Le guerre non sono terminate affatto con la fine del secondo conflitto mondiale (anzi, assistiamo a quella in Ucraina scatenata dalla Russia, uno dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza). E in tutti i teatri di scontri succedutesi negli anni, solo in due occasioni – durante la guerra di Corea del 1950 e in seguito l’aggressione irachena del Kuwait – il Consiglio di sicurezza ha deciso un intervento coercitivo. Perdendone, però, nei fatti il controllo a favore delle nazioni più attrezzate militarmente.
Indimenticabile, inoltre, rimane la tragedia di Srebrenica avvenuta tra l’11 e il 19 luglio del 1995, quando le forze serbo-bosniache trucidarono circa 8000 uomini e ragazzi musulmani. Due anni prima le Nazioni Unite avevano designato Srebrenica “area sicura” per i civili in fuga e aveva posto a presidio di questa meno di 500 soldati della forza internazionale. I quali anche per via delle regole di ingaggio stabilite, risultarono completamente inefficaci al fine di impedire il più grande massacro compiuto in Europa dalla conclusione della Seconda guerra mondiale.
L’ONU, mentre allarga le sue competenze notevolmente (basti pensare all’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile) mostra inevitabilmente molti limiti e anche una struttura che è figlia di un mondo, quello del lontano 1945, in cui dominavano di fatto due potenze mondiali: Usa e Urss, le quali si dividevano il globo in sfere di influenza “delimitate” dalla cortina di ferro e nello scenario della guerra fredda. Oggi quel mondo non esiste più. Altri Paesi stanno emergendo prepotentemente come potenze mondiali. Alcuni, come la Cina, già siedono nel Consiglio di sicurezza. Altri, come l’India o il Brasile si affaccino prepotentemente sullo scenario planetario, portando in dote potenza economica, risorse naturali e una debordante demografia. Le vecchie nazioni sconfitte in guerra, Germania e Giappone, oggi sono potenze economiche fondamentali e molti altri Paesi, pur non possedendo forti strumenti di deterrenza militare, hanno un ruolo condizionante le decisioni geostrategiche, come nel caso delle nazioni aderenti all’Opec.
Lungi dall’essere un “punto d’arrivo” per la pace nel mondo, l’Onu rimane un nobile tentativo per permettere alle nazioni di parlare e confrontarsi. Ma è proprio in giorni così evocativi come il 24 di ottobre, che bisogna schiettamente affermare che ancora non si è fatto abbastanza (pur congiurando un terzo conflitto mondiale nonostante le tante tensioni internazionali); troppe vite umane vengono spazzate via da guerre e violenze di ogni genere e la strada per un mondo pacifico e democratico appare ancora lunga. Obbligatorio continuare a lottare perché un giorno diventi possibile.
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