Nagorno Karabakh: un conflitto dimenticato

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28.11.2023

Il Nagorno Karabakh è una regione montuosa situata nel Caucaso meridionale ed è stata a lungo al centro di tensioni e di un conflitto persistente tra Armenia e Azerbaigian.

Il conflitto ha profonde radici etniche, politiche e territoriali che risalgono a circa trent’anni fa, quando il Nagorno diventa un Oblast autonomo all’interno dell’Azerbaigian, come parte dell’Unione Sovietica. Nonostante la sua posizione geografica, la maggior parte della popolazione è di etnia armena, che in termini di cultura e religione, differisce notevolmente da quella azera. I primi sono di fede cristiana, mentre gli azeri sono di religione musulmana a maggioranza sciita.

Il primo conflitto (1988-1994)

Le tensioni etniche tra i due gruppi sono rimaste contenute fino al crollo dell’URSS, sfociando in un vero e proprio conflitto militare che si è concluso nel 1994 con la decisione del Nagorno Karabakh di separarsi dall’Azerbaigian, che ha causato un massiccio sfollamento della popolazione.

Questo conflitto causò trentamila morti e gravi episodi di violenza contro i civili. Inoltre, costrinse migliaia di persone ad abbandonare le proprie case, con più di 400.000 armeni che lasciarono l’Azerbaigian per cercare rifugio in Armenia e più di 600.000 azeri sfollati all’interno del paese.

Da quel momento, e per più di 20 anni, il Nagorno è rimasta una regione separatista autonoma, fortemente dipendente dall’Armenia, ma non riconosciuta ufficialmente da alcuno stato facente parte dell’ONU. Nello stesso tempo sono stati effettuati degli sforzi di mediazione, anche tramite le trattative di pace portate avanti dal Gruppo di Minsk dell’OSCE. Tuttavia, le profonde divisioni politiche ed etniche hanno complicato ogni tentativo di raggiungere una soluzione definitiva, portando ad una tregua intermittente durata fino al 2020.

Il secondo conflitto (27 settembre 2020-10 novembre 2020)

Nel settembre 2020 il conflitto è esploso nuovamente in una violenta escalation e l’esercito azero, sostenuto dalla Turchia, ha posto sotto il suo controllo una parte dell’autoproclamata Repubblica, nonché parte dei territori storicamente abitati dagli armeni.

Dopo sei settimane di guerra e quasi settemila vittime, è stato raggiunto un cessate il fuoco con la mediazione della Russia, che prevedeva il dispiego di forze di peacekeeping russe per garantire la sicurezza della popolazione armena e per proteggere il corridoio di Lachin, principale linea di comunicazione tra il Nagorno e l’Armenia.

Recenti sviluppi

A partire dal dicembre 2022, l’Azerbaigian ha però imposto un blocco al transito attraverso il corridoio di Lachin, approfittando anche dell’attacco della Russia all’Ucraina e del conseguente cambiamento di priorità di Mosca.

Con il passare dei mesi e senza alcun intervento da parte delle forze di pace russe, si è assistito ad un aggravamento della situazione umanitaria nel Nagorno Karabakh, dove la popolazione è stata posta sotto blocco e privata di beni di prima necessità, inclusi cibo e medicine.

Più recentemente, nel settembre 2023, l’Azerbaigian ha schierato ulteriori forze militari vicino al Nagorno ed ha avviato un’azione militare imponente volta a smantellare definitivamente la Repubblica dell’Artsakh. Nel giro di poco tempo, le autorità armene nel Nagorno sono state costrette ad accettare le condizioni del cessate il fuoco imposte dall’Azerbaigian e, il 28 settembre, è stato ufficialmente deciso lo smantellamento del Nagorno Karabakh come stato de facto indipendente.

Da allora è iniziato un nuovo esodo di massa che ha coinvolto circa 120 mila persone verso l’Armenia, dopo un secolo che ha segnato la regione con guerre, violenza, sofferenza e odio.

Il ruolo dell’UE

L’offensiva dell’Azerbaigian nel Nagorno-Karabakh è un’operazione militare non lontano dai confini dell’Unione europea. Quest’ultima ha esercitato un ruolo di mediazione nel conflitto, sostenendo anche gli sforzi internazionali per una soluzione pacifica attraverso il gruppo di Minsk.

Nel corso del 2021 e 2022, Bruxelles ha organizzato quattro vertici tra i leader armeni ed azeri ed ha inoltre dispiegato una missione civile in Armenia. Allo stesso tempo, consapevole e spinta dalla necessità di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia, l’UE ha consolidato la cooperazione con l’Azerbaigian mediante la conclusione di un partenariato strategico in materia di energia. In considerazione anche di questo accordo, e nonostante le difficoltà storiche, l’UE potrebbe far valere i buoni rapporti commerciali per giocare un ruolo diplomatico più attivo nella regione con l’intento di trovare con le parti coinvolte una soluzione pacifica e stabile del conflitto. Infine, va ricordato che nel Caucaso il progetto di allargamento dell’UE comprende la Georgia, che non beneficia ancora dello status di paese candidato, ma con la quale è in essere un accordo di associazione dal luglio 2016 comprendente una zona di libero scambio.

In conclusione, il conflitto del Nagorno-Karabakh rappresenta una ferita aperta nel cuore del Caucaso meridionale. La sua storia è segnata da violenza, perdite umane e sfollamenti forzati, e la situazione rimane tesa e complessa. In questo senso, un rafforzato coinvolgimento dell’Unione Europea potrebbe rappresentare un’opportunità per cercare una pace sostenibile ed una cooperazione più ampia. Promuovere un dialogo diplomatico e sostenere processi inclusivi che coinvolgano le parti interessate è essenziale per trovare una soluzione duratura a questo conflitto che ha avuto e tutt’ora ha un peso enorme nella vita di migliaia di persone nella regione.

Dipartimento Internazionale UIL

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