LA TUTELA DEI MINORI SUI SOCIAL NETWORK
12.06.2023
In un mondo sempre più digitalizzato come il nostro, i confini tra il mondo virtuale e quello reale si assottigliano fino quasi a confondersi e, spesso, diventa difficile stabilire quali attività siano lecite e quali no.
Il problema si pone, soprattutto, quando ad utilizzare i social e gli odierni strumenti di connessione digitale siano ragazzi minorenni di giovanissima età. I dati più recenti ci mostrano che il 22% dei minori superi le 5 ore di connessione al giorno e che il 63% di loro si connetta senza alcuna supervisione. Una statistica in deciso aumento, se pensiamo che nel 2021 la percentuale si attestava sul 59%.
Nella maggior parte dei casi, si parla di bambini protagonisti delle maggiori piattaforme social che, considerata la loro giovane età, non sono in grado di cogliere i pericoli che spesso si celano dietro le attività svolte in rete, come il cyberbullismo, l’adescamento online e le violazioni della privacy. Tali pericoli, spesso, non sono percepiti pienamente neanche dagli stessi adulti di riferimento, che diventano veri e propri manager dei cosiddetti “baby influencer” e si rapportano con i diversi investitori pubblicitari cogliendo, nel fenomeno, un’opportunità di crescita economica dell’intero nucleo familiare.
I cosiddetti “baby influencer” altro non sono che bambini e ragazzi seguiti da milioni di follower sui loro profili social di piattaforme quali Instagram e TikTok, le cui immagini vengono postate e condivise da tantissime persone ogni giorno e della cui privacy e sicurezza si parla troppo poco.
LA NECESSITA’ DI UN’APPOSITA NORMATIVA
Il Regolamento europeo sulla tutela dei dati personali, il cosiddetto GDPR, ha fissato a 16 anni la soglia di età di iscrizione ad un social network con la possibilità, per ciascuno Stato membro, di stabilire un’età diversa a patto che questa non sia inferiore a 13 anni. L’Italia, attraverso l’articolo 2-quinquies del d.lgs. 101/2018, ha fissato a 14 anni la predetta soglia.
Inoltre, l’articolo 8 del Gdpr prevede che nei casi di iscrizione di bambini di età inferiore a 13 anni, le piattaforme si adoperino “in ogni modo ragionevole per verificare che il consenso sia prestato o autorizzato dal responsabile della responsabilità genitoriale sul minore, in considerazione delle tecnologie disponibili”.
Il problema, però, è che non viene eseguito alcun controllo e la disposizione rimane sostanzialmente inapplicata, dato che, per aggirare la soglia di età minima, basta semplicemente modificare la propria data di nascita.
Pertanto, è necessario creare una normativa ad hoc che tuteli appieno i minori sul web che copra gli attuali vuoti legislativi solo parzialmente colmati, ad oggi, dalla giurisprudenza, come avvenuto in Francia, dove è stata recentemente varata una legge che disciplina l’attività dei “baby influencer”, la quale prevede: limiti per quanto riguarda gli orari di lavoro, comparandone le attività a quelle di bambini e adolescenti attori e modelli; l’obbligo da parte dei genitori di versare i guadagni dei figli su appositi conti correnti a loro intestati e congelati fino al compimento dei 16 anni da parte degli stessi; l’obbligo per le aziende che vogliano coinvolgere minori di 16 anni in attività di marketing di richiedere la preventiva autorizzazione alle autorità locali; il diritto all’oblio dei minori che vogliano rimuovere i propri contenuti e dati personali dalle piattaforme online.
COSA CI DICONO I NUMERI
Guardando più da vicino numeri e statistiche, i social più utilizzati risultano Youtube, Instagram e TikTok, dove il 68% della popolazione giovanile dichiara di essere molto o abbastanza attivo. Il 69% dichiara di utilizzare la propria identità, mentre il 30% afferma di accettare sempre o spesso l’amicizia da parte di estranei. Il 15% di questi ragazzi dichiara, inoltre, di aver dato il proprio numero di telefono a sconosciuti, mentre il 6% ha scambiato con loro foto personali.
Quando si verificano questi episodi, non è poi sempre facile rivelarsi con i propri genitori o, più in generale, con persone fidate. Difatti, 2 ragazzi su 3 non si confidano per vergogna (9%), altri per timore dei genitori (9%), altri ancora per paura di essere presi in giro (4%), o altro (78%).
I dati sull’utilizzo di Internet sono cresciuti negli ultimi anni, tanto che il 69% degli adolescenti afferma che stare un intero giorno senza internet lo fa sentire molto o abbastanza arrabbiato e per il 17% internet costituisce l’unica fonte di informazione. Ad un contestuale aumento della navigazione in rete, crescono anche i casi di cyberbullismo, come testimonia il 31% dei minori che ne è stato vittima almeno una volta nel 2021, contro il 23% del 2020. Nel 42% dei casi si tratta di offese verbali ma si riscontrano anche casi di violenze fisiche e psicologiche (26%).
In sostanza, non si vuole certo demonizzare lo sviluppo e l’utilizzo della tecnologia da parte delle nuove generazioni, viste anche gli importanti risvolti informativi e relazionali che può avere, ma, come UIL, siamo sempre stati in prima linea per la tutela dei diritti dei minori e sentiamo la responsabilità di mettere in luce le possibili derivazioni negative che possono generarsi e l’importanza del ruolo di guida e accompagnamento degli adulti.
È importante rompere non solo le barriere esistenti tra grandi e piccoli, ma anche promuovere momenti di condivisione delle diverse esperienze, affinché possano essere trovate soluzioni comuni e nascano nuove opportunità, anziché nuove minacce.
Donatella Querci, Politiche della Salute, nuovo Welfare e Terzo Settore UIL
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