Medici specializzandi: i fantasmi in camice bianco
03.01.2025
Nel sistema sanitario italiano, gli specializzandi rientrano nella grande denuncia UIL dei “lavoratori fantasma”: i “fantasmi in camice bianco”. Sono figure imprescindibili eppure invisibili, la cui presenza è paradossalmente ignorata nonostante il loro contributo fondamentale.
La realtà di questi giovani lavoratori, che sono chiamati a coprire carenze croniche di personale, svolgendo compiti di grande responsabilità senza ricevere un adeguato compenso né riconoscimento, gli sta portando all’abbandono e alla disaffezione per la professione.
In media il loro percorso formativo dura 11 anni: 6 anni per ottenere la laurea e ulteriori 4 anni per ottenere la specializzazione. Sempre che non si perdano anni e si diventi studenti fuori corso. In questo caso, il periodo di formazione può essere ancora più lungo.
Quanto costa formare un medico
Per ciascuno studente lo Stato spende circa 25mila euro per gli anni della laurea e 128 mila euro per la specializzazione. Quest’ultimo periodo include anche molte ore di pratica in corsia. La somma totale, quindi, si aggira intorno ai 50 milioni di euro. In Italia però molti giovani o abbandonano prima del termine o abbandono l’Italia a favore di altri Paesi.
Secondo i dati forniti dal Ministero della Salute il numero di specializzandi che abbandonano il percorso formativo sta aumentando in maniera preoccupante.
Il problema dell’abbandonano del percorso formativo e quello dei bassi salari
Nel 2023, in Italia circa il 10-15% degli specializzandi decide di interrompere la formazione prima del termine. Una percentuale che è cresciuta significativamente rispetto agli anni precedenti, quando la media era attorno al 7-8%. Le specializzazioni con il tasso di abbandono più elevato sono generalmente quelle più impegnative e stressanti, come la chirurgia, la medicina d’urgenza e la medicina intensiva. Al contrario, le specializzazioni meno complesse, come quelle in medicina generale, presentano tassi di abbandono inferiori. Le ragioni di questa fuga sono molteplici, ma le cause principali sono da ricercare nelle condizioni salariali insufficienti e nelle difficili condizioni di lavoro.
Il sistema di specializzazione in Italia, infatti, prevede che i medici in formazione siano considerati “lavoratori” del SSN, si, ma “lavoratori fantasma” con stipendi che non rispecchiano le ore di lavoro e la responsabilità che affrontano quotidianamente. Il salario di uno specializzando si aggira intorno ai 1.500 euro netti al mese, una cifra che risulta ampiamente inferiore a quella di altri paesi europei. In paesi come la Germania, la Francia o la Spagna, i medici in formazione guadagnano almeno il doppio, con salari che variano tra i 3.000 e i 3.500 euro mensili.
I dati ci dicono inoltre, che il 60% degli ospedali italiani dispongono di medici e infermieri insufficienti a garantire la qualità del servizio. Questo porta i giovani specializzandi a un’esperienza formativa che risulta spesso frustrante e poco gratificante, con il risultato che molti medici o specializzandi scelgono di trasferirsi all’estero. Infatti, almeno mille medici all’anno decidono cambiare Paese per proseguire la propria carriera.
La fuga all’estero dei nostri medici
Volendo dare qualche numero, secondo il database OCSE negli anni 2022-2023, i professionisti del settore sanitario (medici e infermieri) che hanno deciso di lasciare il Paese sono stati ben 40 mila. Un numero esorbitante di specialisti su cui il Paese ha investito senza vedere un ritorno, arricchendo i Paesi che li accolgono.
Come Uil abbiamo chiesto a gran voce attenzione per questi giovani lavoratori. E abbiamo chiesto al Governo e a chi si occupa di politica sanitaria come si vuole risolvere la cronica e pericolosa carenza e fuga di medici in branche come per esempio la medicina d’emergenza, l’anatomia patologica, la radioterapia ecc.
Proposte UIL
Abbiamo proposto di riformare la formazione medica post-laurea, archiviando l’impianto formativo attuale con un contratto di formazione-lavoro per riconoscere agli specializzandi i diritti e i doveri con retribuzioni adeguate e dignitose.
La risposta del Governo, sebbene ci sia forte necessità di personale, continua ad essere la riduzione di budget e le continue decurtazioni ai fondi dedicati alla sanità. L’Italia, resta tra i Paesi che spende meno per la sanità: solo il 6,1% del PIL. La media europea è dell’11,3% del PIL.
I contratti bloccati poi, e i turn over limitati, che hanno caratterizzato la sanità italiana negli ultimi anni, hanno reso ospedali e policlinici nostrani molto meno appetibili per i giovani che vogliono crescere e affermarsi.
Il nostro sindacato ha scelto di non accettare né tollerare che possano esistere ancora lavoratrici e lavoratori fantasma agli occhi delle istituzioni, condannati all’assenza di diritti fondamentali.
La nostra battaglia è la loro battaglia: per un lavoro che sia davvero tale, per una vita che non sia più “un lenzuolo bianco”.
Servizio Stato Sociale, Politiche Economiche e Fiscali, Immigrazione
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