Marelli. Primo risultato raggiunto: sospesa la chiusura di Crevalcore fino al 3 ottobre
22.09.2023
Duecentotrenta. Il numero di lavoratori dello stabilimento di Crevalcore (Bologna) di Marelli, storica azienda della componentistica automotive in Italia, che rischiano il posto di lavoro dopo la scellerata decisione di voler chiudere il sito bolognese all’inizio del 2024 per ragioni economiche e per le ricadute della transizione all’elettrico che inizia a colpire le fabbriche collegate alla produzione di motori tradizionali.
Nel sito bolognese si producono componenti per motori endotermici, in particolare collettori di aspirazione aria e pressofusi di alluminio. Una produzione che già oggi, a causa del passaggio dell’elettrico, è in forte calo, con un utilizzo del 45% della capacità, con una previsione di diminuzione fino al 20% nel 2027.
Un annuncio, dato nella riunione del 19 settembre a Roma, che ha scatenato la rabbia di centinaia di lavoratori che hanno immediatamente proclamato il presidio permanente davanti alla fabbrica bolognese e lo sciopero nazionale in tutto il Gruppo per il 22 settembre indetto da Fim Fiom e Uilm, che ha visto un’alta partecipazione dei lavoratori.
Durante lo sciopero l’azienda ha comunicato l’intenzione di voler sospendere la procedura di chiusura dello stabilimento di Crevalcore fino al 3 ottobre, quando si terrà un incontro presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Un primo importante risultato raggiunto grazie alla lotta dei lavoratori ma ora bisogna arrivare a un confronto che porti a una soluzione che dia continuità produttiva ed occupazionale al sito bolognese.
IL GRUPPO MARELLI IN ITALIA
Marelli rappresenta un’azienda storica in Italia e leader nella filiera della componentistica automotive e dal 2019 è stata acquisita dalla giapponese Calsonic Kansei a sua volta controllata dal fondo KKR. Nel nostro Paese Marelli, erede dell’iconico marchio della Magneti Marelli, ha 13 stabilimenti con un’occupazione complessiva di poco meno di 7 mila lavoratori. Marelli sta soffrendo molto negli ultimi anni a causa della transizione all’elettrico e di oggettivi problemi di competitività. Ma fino ad ora, attraverso accordi sindacali, si è riusciti a gestire in modo non traumatico la riorganizzazione aziendale, evitando centinaia di licenziamenti; fra le altre cose si è giunti alla stipula di un contratto di espansione e di uscite incentivate che hanno comportato l’esodo di circa mille lavoratori.
TRANSIZIONE ELETTRICA
Come più volte denunciato, la transizione all’elettrico comporta una fortissima perdita di posti di lavoro e la scomparsa di intere filiere. Ciò rende urgente una gestione nazionale, con strumenti straordinari messi in campo dal Governo, con importanti investimenti e riconversioni di fabbriche che hanno produzioni legate alla meccanica. Già solamente l’annuncio nel luglio 2021 dello stop ai motori endotermici dal 2035, deciso dalla Commissione europea, ebbe come effetto immediato la chiusura in Italia di molte aziende di componentistica auto come GKN, Gianetti Ruote e molte altre, oltre la messa in discussione di migliaia di posti di lavoro.
Grazie a ricerca scientifica di Està, ente no profit che si occupa di economia e sostenibilità, commissionata dalla Uilm, si è visto come senza interventi immediati e specifici si rischia di perdere fino a 120 mila posti di lavoro nell’intera filiera automotive, fiore all’occhiello del Made in Italy nel mondo.
RICHIESTE AL GOVERNO
Nel corso degli ultimi anni ci sono state numerose dichiarazioni, eventi, ricerche e molto altro che le organizzazioni sindacali metalmeccaniche, in alcuni casi anche insieme a Federmeccanica, hanno messo in campo per far sentire il grido d’allarme ai vari Governi che si sono avvicendati sul rischio della perdita di migliaia di posti di lavoro e una filiera strategica per l’Italia. Grazie alle forti pressioni esercitate si è riusciti ad ottenere dello scorso Governo lo stanziamento di circa oltre 8 miliardi per il settore e l’approvazione della gigafactory a Termoli. La maggioranza di queste risorse sono ancora disponibili, ma devono essere spese presto e bene, con incentivi all’acquisto conformi al processo di passaggio all’elettrico, fondi per riconversioni industriali verso le nuove tecnologie e ammortizzatori sociali di supporto, nonché strumenti di riqualificazione del personale.
Per questo Fim Fiom Uilm hanno ribadito al Ministero del Made in Italy e delle Imprese la necessità di un impegno serio e fattivo, trasformando le dichiarazioni di principio sull’automotive in atti concreti, perché non può esserci una transizione ecologica senza la salvaguardia occupazionale e del patrimonio produttivo.
Ufficio Comunicazione UILM
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