I bambini devono solo giocare non lavorare
12.06.2024
Sensibilizzare l’opinione pubblica sulle inaccettabili situazioni di sfruttamento lavorativo di bambini e adolescenti. È questo il motivo per cui l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ha lanciato la prima Giornata mondiale contro il lavoro minorile nel 2002.
Il lavoro minorile è un’aberrazione che nega a chi lo subisce l’infanzia, che dovrebbe essere fatta non solo di gioco ma anche istruzione e formazione. E rende impossibile una vita spensierata, in quell’ età fondamentale per costruire un futuro sereno agli uomini di domani.
Sono molti i motivi per cui si costringe a lavorare un minore. Di certo, oltre a quelli legati ad arretratezza culturale, uno dei più ricorrenti è l’estrema povertà in cui versa la famiglia di origine.
Secondo l’articolo 3 della Convenzione n. 182 dell’OIL, le peggiori forme di sfruttamento minorile sono:
- tutte le forme di schiavitù o di pratiche simili alla schiavitù, come la vendita e la tratta di bambini, la schiavitù da debito o da nascita e il lavoro forzato, compreso il reclutamento forzato o obbligatorio di minori nei conflitti armati e la schiavitù domestica;
- l’utilizzo di bambine e bambini per la prostituzione, per la produzione di pornografia o per spettacoli pornografici;
- l’utilizzo di bambine e bambini per attività illecite, per esempio la produzione e lo spaccio di stupefacenti, furti, ecc.
- i lavori che, per la loro natura o per le circostanze in cui vengono svolti, possono nuocere alla salute, alla sicurezza o alla morale dei bambini (lavori in miniera, in discarica o in siti industriali o artigianali con sostanze pericolose o velenose, ecc.).
Secondo le ultime stime dell’Organizzazione internazionale del lavoro, sono 160 milioni i minori che lavorano pur non avendo l’età minima legale per farlo (di questi si ritiene che nella sola Africa sub-sahariana ne siano colpiti 72 milioni); 79 milioni di loro fanno lavori pericolosi; 97 milioni sono bambini maschi, mentre 63 milioni sono bambine.
Il programma adottato a Durban (Call to action), durante la V Conferenza globale per l’eliminazione del lavoro minorile, svoltasi nel 2022, ha definito un “progetto per invertire la tendenza contro il lavoro minorile” nell’ambito di un quadro giuridico più forte e strutturato, al fine di garantire l’accesso universale all’istruzione e della riduzione della povertà.
Ma l’ILO ha sottolineato che nel tempo “la crescita economica non è stata sufficiente, né sufficientemente inclusiva, per alleviare la pressione che troppe famiglie e comunità avvertono e che le spinge a ricorrere al lavoro minorile”. Purtroppo, dopo anni in cui si è visto scendere il numero dei minori costretti a lavorare, la pandemia ha prodotto un nuovo aumento del lavoro minorile.
Si stima che in Italia circa 336 mila minorenni tra i 7 e i 15 anni abbiano avuto esperienze di lavoro, quasi 1 minore su 15. I settori prevalentemente interessati dal fenomeno del lavoro minorile nel nostro Paese sono: la ristorazione (25,9%), la vendita al dettaglio nei negozi e attività commerciali (16,2%), seguiti dalle attività in campagna (9,1%), in cantiere (7,8%), dalle attività di cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti (7,3%). Ma emergono anche nuove forme di lavoro online (5,7%), come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi.
Tuttavia, come osservato nelle stime globali pubblicate dall’ILO e dall’UNICEF nel 2021, il reddito nazionale non è l’unico fattore che favorisce il proliferare di lavoro minorile. Infatti, più della metà di questo è presente nei paesi a medio reddito. Ciò significa che ad assumere importanza per la sua eradicazione è indispensabile anche una crescita economica inclusiva e redistributiva.
L’eliminazione del lavoro minorile è quindi fondamentale per promuovere i diritti dei bambini così come articolati nella Convenzione sui diritti dell’infanzia, in cui l’articolo 32 riconosce il diritto del bambino a essere protetto dallo sfruttamento economico e dallo svolgimento di qualsiasi lavoro che potrebbe essere pericoloso o da interferire con la sua educazione, o da nuocerne alla salute o allo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale. La Convenzione invita inoltre gli Stati membri a fissare un’età minima per l’ammissione al lavoro, secondo le disposizioni internazionali. Questi standard normativi sono ulteriormente rafforzati attraverso le Convenzioni 138 (sul salario minimo) e 182 (sulle peggiori forme di lavoro minorile) dell’ILO, mentre tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile abbiamo l’8.7 che invita i paesi ad “adottare misure immediate ed efficaci”, per sradicare il lavoro forzato, porre fine alla schiavitù moderna e alla tratta di esseri umani e garantire la proibizione e l’eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile.
“Il futuro dell’umanità – come ebbe a dire il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – è legato alla capacità di proteggere i bambini. La protezione sociale di cui dovrebbero godere, diritto alla salute e all’istruzione, indipendentemente dal luogo in cui si è nati, è ben lungi dall’essere una realtà”.
Ora è importante rendere possibile questa tutela a livello globale, perché dalla protezione dei minori passa inevitabilmente il futuro delle nostre società.
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