La bicicletta. Il cavallo della gente comune
05.06.2023
Curzio Malaparte scrisse che la bicicletta “certamente nasconde qualche significato segreto. Che cosa c’è, infatti, di più machiavellico di una bicicletta? Ci chiediamo come possa star su, ed ecco che lei prende il volo, in equilibrio su un invisibile filo d’acciaio, come un acrobata sulla fune. In silenzio trafigge lo spazio, in silenzio penetra nel tempo”.
Alla bici hanno dedicato una quantità incredibile di libri. Come tante sono le poesie e i racconti in cui si narra di chi ha inforcato questo mezzo, scrivendo non di rado pagine epiche, dove il connubio tra uomo e macchina ha raggiunto livelli inimmaginabili per altri mezzi.
Pare che furono le gesta di Gino Bartali a salvare l’Italia da una possibile guerra civile, in quel rovente luglio del 1948, quando Palmiro Togliatti fu raggiunto dai colpi di pistola dello studente Antonio Pallante. La vittoria al Tour de France di Ginettaccio ebbe di certo il merito di distendere gli animi di un Paese in piena guerra fredda, evitando sommosse comuniste, dalle conseguenze potenzialmente disastrose.
Durante il Secondo conflitto mondiale la maggior parte delle staffette partigiane circolava in bicicletta, portando ordini e documenti falsi nella cannola del proprio mezzo. Milioni di operai la usavano per recarsi in fabbrica. Ed oggi, se si passa per la pianura pontina, si vedono tanti braccianti di origine sikh che si recano al lavoro nei campi in sella ai loro velocipedi.
La primissima rappresentazione di un veicolo che assomigliava alla moderna bici è da far risalire a Leonardo Da Vinci. Da lì, di progressi ne abbiamo avuti molti. Bici sempre più leggere e dai materiali performanti. Dall’acciaio – della cui lavorazione i nostri artigiani rimangono maestri – all’alluminio e al titanio, fino a giungere al leggerissimo carbonio. Per arrivare a surrogati della tecnologica che consentono all’uomo di fare anche meno fatica, vista l’introduzione della pedalata assistita da un piccolo motore elettrico.
Ma di qualsiasi fattezza sia, la bicicletta rimane sempre il primo grande desiderio di ogni bimbo, il quale pur sapendo che per imparare a domare il “cavallo della gente comune”, dovrà sbucciarsi le ginocchia, non si farà intimorire. Una volta imparato, infatti, tutti sanno che non si dimenticherà mai. E tanto basta.
Pur se l’automobile rimane la pietra angolare della nostra mobilità, in tempi di serrate discussioni rispetto a modelli di vita meno impattanti sull’ecosistema, negli ultimi anni la bicicletta è torna al centro di un rinnovato interesse.
Per chi ne ha voglia, l’andare in bici è bello e fa bene alla salute. Non devi impazzire per il parcheggio, perché basta una catena e un palo dove legare il mezzo. La spesa è praticamente limitata all’acquisto, perché non si parla di bolli o assicurazioni obbligatorie. E per l’industria è anche un ottimo business. In Italia, tra muscolari e a pedalata assistita, nel 2020 si sono vendute oltre 2 milioni di biciclette, per un giro d’affari di circa 7,6 miliardi di euro. Ovviamente, i bonus del governo per incentivarne l’acquisto, hanno avuto un ruolo, ma c’era anche la consapevolezza che alla metropolitana intasata esisteva un’alternativa.
Sempre per il nostro Paese, un report dell’ufficio studi della banca IFIIS parla di circa quattro milioni di praticanti tra amatori e professionisti. La stessa FCI (Federazione ciclistica italiana) nel 2021 ha registrato un incremento di tesserati del 13%.
In Italia, inoltre, la bicicletta (anche elettrica) può essere un ottimo volano per il turismo. In tal senso sono già numerose le piste ciclabili che rendono possibili itinerari turistici bellissimi. Esempi ne sono il “Sentiero Valtellina”, lungo 114 km circa, o la pista ciclabile della Valsugana, di 83 km. Luoghi sicuri per pedalare. Perché è la sicurezza il primo fattore ineludibile, sia che si concepisca la bici come gioco o sport, oppure come mezzo per una mobilità alternativa.
Intendiamoci, l’Italia è un posto dove le città sono spesso molto antiche e non sempre è semplice strutturarle come fossero delle Amsterdam in fieri. Però, è evidente che rispetto ad altre nazioni europee siamo un po’ indietro. E ciò non riguarda solo gli investimenti in infrastrutture, ma anche per capacità/volontà di diffondere una mentalità in grado di sensibilizzare le persone all’uso della bici.
Intanto, fonti IPSOS ci dicono che il 10% degli italiani usa la bici per raggiungere il posto di lavoro. Il 37% va in bici per almeno una volta alla settimana, anche se spesso per tragitti brevi. Solo il 13% afferma di utilizzarla come mezzo di trasporto principale per un tragitto di due chilometri.
In fatto di “mobilità dolce”, il 71% degli italiani è d’accordo a che i nuovi progetti di infrastrutture stradali diano priorità alla mobilità sostenibile. Una percentuale molto ampia.
Il 2020 viene segnalato come un anno di svolta per le ciclabili, con una tendenza che unisce tutta Europa. Secondo le stime della European Cyclists Federation, in Europa si sono stati costruiti 2.300 km di nuovi tratti ciclabili, con investimenti che ammontano a oltre un miliardo di euro. Ora, l’obiettivo è credere fortemente nella possibilità di ripensare lo spazio urbano al fine di ridurre i rischi di incidentalità, adottando soluzioni infrastrutturali per ridurre la velocità e lo spazio stradale dedicato alle automobili.
Il codice della strada deve diventare un codice di civiltà e di mutuo riconoscimento tra gli utenti, perché la strada va condivisa.
Da più di due secoli la bici è il mezzo che di più ha accompagnato i movimenti e i cambiamenti sociali incorsi. Parlare oggi di rivoluzione ecologica su due ruote, appare piuttosto eccessivo. E tanto meno abbiamo bisogno di nuovi fideismi a cui aggrapparci per tentare di rendere il mondo più pulito. Però, chi vuole pedalare, invece di andare in automobile, deve avere il diritto di farlo, senza preoccuparsi di venire investito da chi ha troppa fretta o sta guardando il cellulare. E le regole di prudenza devono valere ovviamente anche per i ciclisti.
Il numero delle vittime di incidenti stradali in Italia è pari a 1.489 decessi nel 2022. Nei primi otto mesi dello stesso anno, 105 ciclisti hanno perso la vita sulle strade italiane.
Numeri che inducono a riflessioni profonde. Al di là se ci piaccia o meno pedalare.
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