L’impatto dell’intelligenza artificiale nel settore bancario

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28.01.2025

Il settore bancario si sta già trasformando con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, sia nei processi lavorativi, che nei prodotti offerti alla clientela. L’AI generativa è un cambio di paradigma nel mondo del lavoro, e in quello finanziario in particolare, ma non è la prima rivoluzione che il settore bancario ha dovuto affrontare in questi anni. Oggi con l’intelligenza artificiale generativa le cose sembrano diverse: gli elevati costi di gestione delle nuove AI – altamente energivore – e la gestione dei data base – che impongono continue implementazioni e aggiornamenti di software – fanno pensare che solo le grandi banche potranno finanziariamente sostenere nel lungo periodo questi oneri, anche ricorrendo, per ridurre i costi, a fusioni o esternalizzazione di processi, con conseguenti riduzioni di lavoratrici e lavoratori.

Da uno studio di Accenture si stima che l’utilizzo delle AI migliorerà la produttività del sistema bancario dal 22 al 30%, i ricavi del 6% e la redditività del 3%. Il processo di consolidamento del settore bancario in Italia e in Europa rientra nella necessità di avere una maggiore “massa critica”, cioè più utili e più clienti, e quindi più dati utili ad alimentare questi algoritmi. Oggi l’informazione, cioè i dati e le abitudini dei clienti, per le banche diventano quindi fonte di guadagno, prima ancora della vendita di un mutuo, di un prodotto finanziario o assicurativo o di un altro servizio di pagamento.

Studi condotti da istituti di ricerca e società di consulenza, seppure con risultati leggermente differenti, dimostrano che il settore bancario in tutto il mondo presenterà i medesimi impatti nell’utilizzo delle intelligenze artificiali. Ad oggi, circa il 59% dei bancari utilizza l’intelligenza artificiale. Si stima che il 73% del tempo dei bancari negli Stati Uniti sarà influenzato dall’AI: il 39% riguarderà il processo di automazione, con il rischio potenziale di perdita di mansioni; per il rimanente 34% del tempo, il lavoratore troverà nelle AI un aiuto da affiancare alla sua attività. Solo il 27% del tempo dei dipendenti avrà poche probabilità di essere impattato dall’intelligenza artificiale.

La competizione è globale e banche, asiatiche o sudamericane, non avranno neppure più il problema della lingua per entrare nel mercato europeo, perché l’intelligenza artificiale traduce qualsiasi lingua e imita qualsiasi accento.

Uno degli aspetti che già si osserva nell’utilizzo dell’AI è che impatta nelle attività che un tempo erano definite ad alto valore aggiunto, per le quali era richiesta, cioè, una specializzazione, come una laurea o un percorso di studi altamente professionalizzante. Se sono a rischio le attività con maggiore grado di specializzazione, bisogna chiedersi quale possa essere il modo migliore per tutelare l’occupazione. Questo è un interrogativo, data la trasversalità del fenomeno, che non riguarda solo il settore del credito, ma richiede una riflessione complessiva su tutto il mondo del lavoro, considerando di riprogettare il mercato del lavoro e le sue politiche attive, non limitandosi quindi a immaginare una società basata sui sussidi di disoccupazione o sui fondi di accompagnamento alla pensione.
Uno dei maggiori problemi che si incontrano infatti oggi nella interazione tra intelligenza artificiale e mercato del lavoro è la mancanza di competenze delle persone che devono relazionarsi con le AI, delle quali è importante comprendere il valore e il significato non solo nel gestirle ma anche nell’ammaestrarle, per una relazione pacifica tra uomo e robot.

Considerando il settore bancario, si rileva una uscita, con il ricambio generazionale, di oltre 90 mila dipendenti, a fronte dell’assunzione di circa 58 mila persone che, pur avendo titoli di studio qualificati per affrontare anche le sfide della digitalizzazione e delle intelligenze artificiali, potrebbero presto diventare obsolete a causa della velocità delle innovazioni tecnologiche.
La “macchina”, ad oggi, tuttavia, non è ancora in grado di fare tutto in completa autonomia. Se è vero che le attività ripetitive, come quelle contabili, di cui gli “agenti digitali” sono l’ultima innovazione adottata dalle aziende, verranno progressivamente sostituite da una intelligenza artificiale, è anche vero che alcune lavorazioni richiederanno una collaborazione sempre maggiore tra uomo e algoritmo.
In settori quali quello meccanico o logistico oggi è normale vedere braccia robotiche svolgere lavorazioni accanto alle persone, riducendone i carichi di lavoro e soprattutto riducendo i rischi di incidenti e morti. È possibile quindi che vi possa essere una spinta da parte delle aziende a immaginare la sostituzione delle persone per attività ordinarie con robottini che accolgono i clienti nelle filiali e dopo uno screening preventivo delle esigenze li accompagnano da persone reali o a chatbot, che rispondono al telefono prima di passare la comunicazione a un loro “collaboratore” in carne e ossa.
In questa visione, per ora per molti aspetti solo prefigurata, la banca potrebbe essere come un supermercato che mette a disposizione gli scaffali per i prodotti di terzi parti, con un passaggio del ruolo del bancario a commesso e tutto in modo virtuale o forse nel metaverso.
È però tutto da verificare se questa soluzione sarà adeguata a un ambito bancario, e comunque nel mondo finanziario in generale, dove il contatto umano e il rapporto di fiducia tra l’istituzione cui si rivolge il cliente, di cui fanno parte tutti gli operatori, e non solo il consulente, costituiscono ancora fattori determinanti in merito alla gestione di risorse economiche, che spesso rappresentano il risultato di anni di lavoro e sacrifici.

È quindi vero che il lavoro del bancario del futuro sarà per molti versi diverso da quello attuale, ma ciò non significa che sarà minore, in quanto potrebbero nascere ulteriori necessità e competenze, a partire da quelle legate alla necessità di alzare sempre di più il livello di cybersecurity contro le truffe favorite dall’utilizzo delle AI.
Un aspetto che, come altri, contribuirà alla crescita dei costi aziendali e potrebbe quindi indurre alcuni istituti, in particolare quelli minori, a esternalizzare o vendere attività. Bisogna pertanto monitorare con attenzione il fenomeno e costruire le condizioni per gestirlo insieme alle parti datoriali nell’ambito di relazioni sindacali che dovranno necessariamente essere permanenti, come la Uilca ha sostenuto negli ultimi rinnovi dei Contratti Nazionali dei settori in cui opera, per ottenere soluzioni come la Cabina di Regia sulla digitalizzazione istituita con Abi nel credito.
Un primo passo cui dovranno seguire soluzioni in tutti gli ambiti per accompagnare i cambiamenti, ponendo sempre al centro le necessità delle lavoratrici e dei lavoratori sul piano umano e professionale, per favorire crescita dei salari, riduzione dell’orario di lavoro, misure per la conciliazione dei tempi di vita e lavoro e per il benessere lavorativo.

Ufficio Comunicazione UILCA

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