L’integrazione degli stranieri in Italia: sfide e prospettive
11.04.2025
L’integrazione degli immigrati in Italia dovrebbe essere un tema centrale nel dibattito pubblico, soprattutto alla luce delle trasformazioni demografiche e socioeconomiche in atto. Tuttavia, mentre lo Stato garantisce risorse e centri specializzati per l’accoglienza, come i CAS e gli SPRAR, il suo intervento in materia di integrazione è sempre stato gravemente insufficiente.
La normativa sull’immigrazione ha un’impronta di carattere securitario e si preoccupa solo di contrastare flussi irregolari o violazioni delle norme, ma non si è mai impegnata sulla programmazione attenta dei flussi d’ingresso, cercando di valorizzare esperienze o competenze che gli stranieri avevamo conseguito all’estero: in questo modo ha schiacciato l’impegno lavorativo dei nuovi cittadini in lavori dequalificati, pericolosi e mal pagati disperdendo la potenzialità di quest’ultimi anche in termini di produzione di PIL. Inoltre, la legislazione è piena di discriminazioni indirette volte ad ostacolare – piuttosto che facilitare – l’inclusione lavorativa e sociale dei nuovi cittadini.
Esempi emblematici sono i concorsi pubblici, che per anni hanno messo lo sbarramento della cittadinanza italiana o dei dieci anni continui di residenza per potervi partecipare, limitandone così l’accesso agli stranieri. Un altro è la ghettizzazione professionale e salariale di moltissimi lavoratori stranieri, la difficoltà ad affittare una casa o accedere ad un mutuo bancario. Altro cattivo esempio riguarda i minori stranieri non accompagnati, ospitati in case-famiglia prive di programmi formativi strutturati e di supporto psicologico adeguato, che una volta raggiunta la maggiore età si trovano spesso senza alcuna rete di sostegno. Anche per migranti e richiedenti asilo, il sistema di accoglienza ha tempi limitati e non include percorsi efficaci di inclusione lavorativa e sociale. Tra le poche eccezioni positive si segnalano i programmi FAMI finanziati dall’Unione Europea, che offrono opportunità di formazione professionale, sebbene con una portata limitata.
Di tutto ciò tratta il 30° Rapporto ISMU sulle migrazioni, presentato dalla Fondazione lo scorso 17 febbraio, che si concentra su tre aspetti fondamentali, riguardanti la (spesso mancata) integrazione: l’inserimento lavorativo, la scolarizzazione e l’integrazione culturale e sociale.
L’integrazione lavorativa: criticità e opportunità
Secondo la UIL, il mondo del lavoro rappresenta un elemento chiave per una vera inclusione sociale, ma gli ostacoli per i lavoratori stranieri restano numerosi. La precarietà occupazionale è tra i principali problemi: negli ultimi dieci anni, il livello salariale medio in Italia è aumentato solo del 16%, circa la metà della media UE27, con una conseguente perdita di potere d’acquisto del 4,5%. Gli stranieri, in particolare quelli provenienti da Paesi extra-UE, subiscono un divario salariale che arriva fino a 18 punti percentuali rispetto ai lavoratori italiani.
Il mercato del lavoro italiano è fortemente segmentato, con gli immigrati prevalentemente impiegati in settori caratterizzati da instabilità contrattuale, basse retribuzioni e scarse tutele. L’agricoltura, l’edilizia e i servizi alla persona sono ambiti in cui si registra una diffusa irregolarità lavorativa. Inoltre, la scarsa mobilità professionale e le difficoltà nel riconoscimento delle qualifiche acquisite all’estero limitano le possibilità di crescita occupazionale per gli immigrati.
La UIL sottolinea l’importanza di politiche mirate per promuovere contratti più stabili, garantire salari equi e favorire il riconoscimento delle competenze acquisite all’estero. Solo attraverso una maggiore inclusione lavorativa si può raggiungere una reale integrazione.
L’integrazione scolastica: un percorso tra difficoltà e successi
L’istruzione è un fattore determinante per il futuro delle nuove generazioni, ma il percorso scolastico degli studenti con background migratorio è spesso segnato da ostacoli. Nell’anno scolastico 2022/23, gli alunni stranieri hanno raggiunto quota 914.860, rappresentando l’11,2% della popolazione studentesca. Tuttavia, persistono criticità rilevanti: la scolarizzazione nella fascia 3-5 anni è inferiore tra i bambini stranieri (84,1% contro il 95% degli italiani), e anche nella fascia 17-18 anni il tasso di frequenza è più basso (74,8% contro 81,6%).
Il drop-out scolastico è particolarmente elevato tra gli studenti stranieri, spesso a causa di difficoltà linguistiche, condizioni socioeconomiche svantaggiate e mancanza di un adeguato supporto educativo. Anche la burocrazia legata al riconoscimento dei titoli di studio e l’incertezza sul futuro contribuiscono all’abbandono scolastico. Gli alunni stranieri, pur condividendo gusti, costumi e cultura con i loro compagni di classe, si sentono non di rado diversi e meno considerati a causa delle difficoltà nell’ottenere la cittadinanza italiana. Questo a differenza dei loro genitori, spesso ancora prigionieri delle loro gabbie culturali di origine.
Secondo la UIL, è fondamentale investire in un supporto linguistico adeguato, contrastare la segregazione scolastica e rafforzare i programmi di orientamento e mentoring. Gli studenti stranieri che completano il percorso scolastico dimostrano una forte motivazione e competenze plurilinguistiche, risorse preziose per il mercato del lavoro. Inoltre, è urgente una riforma della legge 91/1992 sulla cittadinanza, ormai superata e non più adeguata alla realtà attuale.
L’integrazione culturale e sociale: tra ostacoli e buone pratiche
Il processo di integrazione culturale e sociale è influenzato dalla percezione pubblica, dalle politiche di inclusione e dalla capacità delle comunità locali di creare spazi di dialogo interculturale. Purtroppo, in Italia persistono barriere legate ai pregiudizi e alla diffidenza, che ostacolano il pieno inserimento degli immigrati. Nonostante queste difficoltà, vi sono numerosi esempi di buone pratiche, tra cui programmi di mediazione culturale, eventi interculturali e iniziative di volontariato che coinvolgono sia italiani che stranieri. Lo sport, in particolare, si è dimostrato uno strumento efficace di inclusione sociale: squadre multiculturali e attività sportive amatoriali hanno favorito la coesione sociale tra giovani di diverse origini.
Proposte della UIL per un’integrazione efficace
Per migliorare il processo di integrazione degli immigrati in Italia, la UIL propone interventi su più livelli:
- Mercato del lavoro: promuovere contratti più stabili, garantire salari equi e facilitare il riconoscimento delle qualifiche professionali ottenute all’estero.
- Istruzione: investire in supporto linguistico per gli studenti stranieri, contrastare la segregazione scolastica e incentivare programmi di mentoring e orientamento.
- Inclusione sociale: incentivare la partecipazione degli stranieri alla vita pubblica, potenziare i servizi di mediazione culturale e favorire iniziative di cittadinanza attiva.
Secondo la UIL, l’integrazione degli immigrati non è solo una questione di equità sociale, ma rappresenta un’opportunità strategica per il progresso economico e culturale dell’Italia. Investire in politiche di inclusione efficaci significa costruire una società più equa, coesa e competitiva nel lungo periodo.
UIL Servizio Stato Sociale, Politiche Economiche e Fiscali, Immigrazione
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di Pierpaolo Bombardieri

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