Il peso “invisibile” della disuguaglianza
29.04.2025
Nel nostro mercato del lavoro, per la componente femminile persistono ancora oggi situazioni di diseguaglianza e disparità. Prova ne sono il gap occupazionale (differenza nel tasso di occupazione tra uomini e donne) e gap retributivo (differenza retributiva uomo-donna) da cui ne consegue anche il gap pensionistico.
Occupazione femminile: un ritardo cronico
Per quanto riguarda il gap occupazionale, nel 2024 le donne presentano un tasso di occupazione inferiore a quello maschile di 17,8 punti percentuali, con il triste primato europeo per tasso di occupazione femminile più basso.
Inoltre, 1 donna occupata su 3 è in part-time (anche involontario): un fattore questo di non poco conto, se si considera che tra gli uomini questo rapporto è di 1 a 13. E già da questi pochi ma significativi dati, si può comprendere quale è uno dei motivi per cui le donne presentano un gap retributivo molto più basso degli uomini. Le donne hanno statisticamente una temporaneità lavorativa maggiore degli uomini.
Retribuzioni: donne pagate meno in ogni ruolo
E veniamo al gap retributivo di genere, che rappresenta la seconda disparità che incontrano le donne nel mondo del lavoro.
Stando ad una elaborazione UIL degli ultimi dati Inps riferiti ai dipendenti del settore privato (non agricolo), nel 2023 le donne hanno registrato una retribuzione media annua più bassa degli uomini del 29,5% (retribuzione media annua delle donne è stata di € 19.083, a fronte di € 27.080 della componente maschile).
Rispetto alle posizioni apicali, gli stessi dati ci dicono che solo il 22% dei dirigenti è donna e solo il 33% dei quadri lo è. E nonostante alcune riescano a raggiungere i vertici di aziende, il gap retributivo non abbandona le abbandona: tra le donne dirigenti è del 21,5% e per le donne di livello quadro è del 13,9%.
Inoltre, il gap retributivo si acuisce tra le operaie, dove la retribuzione è addirittura inferiore del 40% rispetto a quella dei colleghi uomini. È invece del 33,4% il gap tra le impiegate e gli impiegati.
Cause strutturali e part-time involontario
Tra le principali cause del divario retributivo vi è sicuramente il minor numero di giornate lavorate per le donne e l’altissimo utilizzo del part-time, che sappiamo non essere sempre volontario. Inoltre le donne sono maggiormente occupate in settori con basse retribuzioni e maggiore è l’utilizzo del lavoro temporaneo.
Un fenomeno contrario ai principi costituzionali
Questo enorme divario di genere è un fenomeno in contrasto con i principi sanciti dalla nostra Costituzione, e non solo rispetto al principio di uguaglianza sancito dall’art. 3, ma in particolare al principio della parità di genere previsto nell’art. 37, che richiama anche al principio di parità retributiva, al diritto delle donne ad un accesso nel mercato del lavoro senza discriminazioni e al valore sociale della maternità.
Stereotipi culturali ancora troppo forti
Nonostante il fatto che le normative internazionali, europee e italiane richiamino il principio di non discriminazione e quello della parità di trattamento retributivo tra i uomini e donne, la persistenza di stereotipi di genere di matrice fortemente culturale, continua a penalizzare la maternità, a segregare le donne in settori da sempre a prevalenza femminile e a bassa retribuzione, a limitare l’accesso delle donne in posizioni apicali.
UIL Servizio Lavoro, Coesione e Territorio
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di Pierpaolo Bombardieri

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