Il Novecento – Secolo delle ideologie, di Karl Dietrich Bracher
10.09.2023
Il libro tratta delle ideologie, soprattutto dei totalitarismi. È del 1982, con un epilogo che lo aggiorna al 1999. L’autore è morto nel 2016.
Le tesi più importanti: la convinzione dell’autore che le ideologie non siano affatto morte, e che il conflitto Est-Ovest non sia definitivamente concluso. L’islamismo è per molti versi confrontabile con gli altri -ismi, e l’ecologismo estremista non lo è meno, secondo Bracher. Ho letto in questi giorni in cui i social sono pieni di commenti sull’uccisione ingiustificabile di un’orsa in Abruzzo invocazioni di dittatura ecologista. Quanto al conflitto Est-Ovest, credo che Bracher osserverebbe preoccupato la conferma della sua tesi che viene dall’attacco cinese e russo ai valori occidentali e la loro aperta teorizzazione della superiorità dei sistemi autocratici. Attacchi sferrati da una potenza in ascesa e da un’altra frustrata che ha annichilito la sua diplomazia e straparla di possibile uso di armi atomiche. Il libro di Bracher è dunque quanto mai attuale.
I sette punti fondamentali dell’autore
- Le ideologie che hanno alimentato le due guerre mondiali sono state costituite da idee ridotte a formule e rese immediatamente operative e mobilitanti sul piano politico per spiegare in modo semplice e compiuto il mondo tutto e cambiarlo in conformità a questi schemi precostituiti. Comunismo, fascismo e nazionalsocialismo sono state le più grandi ed infauste ideologie dell’età moderna.
- Il conflitto Est-Ovest non è archiviato: il comunismo è ancora egemone in vaste aree del nostro pianeta; a ciò va aggiunta l’importanza crescente del conflitto Nord-Sud.
- Le idee vengono trasformate in ideologie pericolose quando pretendono di essere l’unica vera interpretazione della realtà, l’unica visione del mondo. Purtroppo, nota Bracher, gode ancora di ammirazione dentro e fuori dalla Germania il costituzionalista ideologo dello Stato totale Carl Schmitt per il quale la politica è un puro rapporto amico-nemico.
- Come si legittima un sistema a partito unico (quando la parola stessa, partito da pars, significa solo una parte e non il tutto e postula il pluralismo? Dichiarando non più necessaria un’opposizione …
- Il caso della Germania. L’ideologia è inevitabile, si tratta di vedere se però è un’ideologia sopportabile, che tiene conto dell’uomo e della convivenza sul piano internazionale, un’ideologia che non postuli un uomo nuovo e non pretenda di annunciare una verità definitiva, unica ed eterna. Un programma antidogmatico fu quello della SPD di Bad Godesberg, ma per reazione ad esso si staccarono frazioni radicali. E così alla fine degli Anni Sessanta ecco con la Nuova Sinistra una nuova impennata del pensiero ideologico.
- L’ideologia del comunismo continua a covare sotto la cenere, anche se la parola ideologia non va più, sostituita dall’affermazione del bisogno di utopia. I postcomunisti si sono ben guardati – scrive Bracher – dal fare i conti con il proprio passato (Bracher cita espressamente anche il caso dell’Italia). Condivido pienamente la verità di questa osservazione, che mi ha comportato l’incrinatura di qualche rapporto di amicizia.
- Democrazia e ideologia. Bracher si dichiara per una democrazia non imbelle, che sa difendere se stessa.
Nella prefazione all’edizione inglese, del 1982, l’autore non si fa illusioni e constata una ricaduta: di nuovo parliamo di crisi della civiltà occidentale e della democrazia? Di nuovo si presenta la carica irrazionale? Parla della Germania quando denuncia l’ingresso sulla scena di nuovi movimenti ideologici di indirizzo ecologico, antiatomico e antiamericano, al confine tra democrazia e no, ma non della sola Germania di tratta.
Nell’introduzione, Bracher coglie un altro tema attualissimo parlando di comunicazione, informazione e manipolazione dell’opinione pubblica, quando scrive “quanto sia difficile, per non dire impossibile, abbattere dall’interno un regime ideologico finché e nella misura in cui esso detiene il monopolio dei mezzi di comunicazione”. Immagino cosa ne direbbe oggi. Il tema del libro, il processo di ideologizzazione nel Novecento, viene così esposto: è la tendenza ad una estrema semplificazione di realtà complesse: la pretesa, cioè di ridurle ad un’unica verità e nello stesso tempo di scinderle nella dicotomia buono-cattivo, vero-falso, amico-nemico, di definire bipolarmente la realtà mediante un unico modello esplicativo, come cercano di fare in particolar modo la teoria marxista delle classi o la teoria nazionalsocialista delle razze”.
Il riformismo socialdemocratico
Un importante capitolo è dedicato al riformismo socialdemocratico, a cominciare dagli scontri e dibattiti ideologici tra dottrina marxista e prassi riformista, fino alla spaccatura del movimento operaio tra socialismo democratico-riformatore e comunismo dittatoriale-rivoluzionario, che invece dell’estinzione dello Stato, finirà per realizzare una soffocante alleanza di Partito unico e Stato.
Il libro è vasto e contiene molto più dei pochi punti su cui mi sono soffermato e molti personaggi di cui tratteggia il pensiero e l’opera, da Rousseau a Heidegger, da Nietzsche a Freud. L’ultima nota che scelgo di fare è quella su Gramsci, perché parte importante dei conti non fatti dai comunisti italiani con la propria storia riguarda anche il pensiero di Gramsci. Bracher scrive che la recente Gramsci-Renaissance è stata ideologicamente sopravvalutata e che un’interpretazione democratica di Gramsci resta incompatibile con le sue concezioni esplicite. “Quando poi tale interpretazione assume la forma di una equazione tra il suo pensiero e la socialdemocrazia, allora sconfina nel regno della fantasia pura”.
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