Il lavoro nell’arte: Vanga e latte di Teofilo Patini

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27.09.2023

L’opera fa parte della cosiddetta “trilogia sociale” (insieme con “l’Erede” e “Bestie da soma”) nelle quali il pittore intende dar voce ai lavoratori dei campi della sua terra, raccontando la miseria della loro condizione, la durezza del lavoro, ma anche la loro dignità e capacità di resistenza.

Due sono le figure principali che compaiono nel dipinto: il padre intento a vangare e la madre seduta sulla nuda terra che, abbandonata la sua vanga, allatta il neonato.  Vengono alla mente le parole della condanna biblica rivolte ai progenitori: ti procurerai il pane con fatica, col sudore della fronte; partorirai con dolore.

Il padre lavoratore

Il padre è visto di spalle mentre con fatica dissoda la terra, liberandola dalle radici del mais ormai secche; con un piede preme sulla vanga, mentre le mani la tengono con forza in posizione verticale, il braccio sinistro ad angolo acuto denota la forza impressa in questo movimento. Nella linea d’orizzonte, posta a poco meno della metà del dipinto, convergono le linee prospettiche “in fuga”, denotate dalla forma delle stoppie e dalle linee delle crepe del terreno arido.

La madre lavoratrice

Dell’ uomo non possiamo vedere l’espressione del viso, della donna sì, ed è un viso indurito dalla fatica, scurito dal sole: non un sorriso per il suo bambino che succhia avidamente il latte. Sotto di lei un povero cencio color rosso cupo conferisce un tono caravaggesco all’ immagine, mentre le sue gambe sono allungate sul nudo terreno su cui spuntano dei cardi secchi e spinosi; la suola della scarpa destra è fissata con dello spago.

Il cielo, che occupa più della metà della superficie pittorica, chiaro e luminoso, lascia intendere l’alba; le montagne sullo sfondo sembrano innevate: i due sposi hanno consumato una povera colazione a base di polenta (vediamo l’unico piatto con le due posate di legno poggiate per terra, a destra, insieme a un cappello e la giacca dell’uomo). La rustica culla è posta all’ombra di un misero ombrello da campagna, accanto al basto e ad una botticella per l’acqua che dovrà bastare per tutta la giornata lavorativa. Le figure sono scabre ed essenziali e, fatta salva la presenza degli orecchini e della catenina della donna, sobrie e disadorne: al pittore non interessa né il “bello” né il decoro formale.

L’essenzialità cromatica del Realismo/Verismo

L’ immagine è essenziale e inelegante. Scarpe ed abiti dei due sposi sono logori e consumati dell’uso: possiamo fare un accostamento, sicuramente, all’ arte caravaggesca non solo per il pauperismo come scelta tematica fondamentale e per il realismo delle figure, ma anche per le scelte stilistiche quali il chiaroscuro, l’essenzialità cromatica che si accende magari per un dettaglio come avviene in questo caso col panno rosso: un “caravaggismo en plein air”.

Spesso l’arte di Patini è stata accostata a quella del pittore francese J.F.Millet, in quanto si fanno interpreti, entrambi, del  mondo contadino: la pittura di Patini, però, conferisce minore  importanza al sentimento lirico tardo-romantico della Natura, o all’ emozione religiosa e meno che mai all’idillio campestre che pure emerge in tanto pittura coeva, sia in Francia che in Italia.

Da socialista qual era, il Patini seguendo la poetica del Realismo, volle rappresentare la dura realtà sociale e le tragiche condizioni di vita delle plebi rurali. La sua arte vuole essere “rispecchiamento” della realtà del suo tempo che egli visse con intensa partecipazione: fu anche garibaldino, pittore combattente, e infatti fece parte dei “Cacciatori del Gran Sasso”, vivendo in prima persona le vicende storiche dell’ Italia risorgimentale.

La sua pittura si inserisce, dunque, nel movimento del Realismo/Verismo che caratterizzò la Francia e l’Italia della seconda metà dell’800: fu allievo di Filippo Palizzi, capostipite del Realismo italiano; nel suo soggiorno fiorentino si avvicinò, poi, al movimento dei Macchiaioli, divenendo amico in particolare di Silvestro Lega e Odoardo Borrani, con i quali condivise anche la passione politica.

Dal punto di vista iconografico – tematico la sua visione è accostabile a quella del ciclo de “I Vinti” di Verga improntata ad un pessimismo tragico: la lotta per la vita nella fiumana del progresso illuminata però dalla speranza di una redenzione futura.

(olio su tela, Roma, Ministero dell’agricoltura).

Licia Lisei, Storica dell’Arte

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