“Il 56° Rapporto annuale del Censis in controluce. Dati, appunti e riflessioni sul nostro Paese”.

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“Il 56° Rapporto annuale del Censis in controluce. Dati, appunti e riflessioni sul nostro Paese”. È questo il tema del confronto che si è svolto ieri nella sede della UIL Nazionale insieme a Giorgio De Rita, Segretario Generale CENSIS, PierPaolo Bombardieri e Roberto Campo, Presidente dell’Istituto Studi sindacali UIL Italo Viglianesi.

A introdurre il dibattito lo stesso Roberto Campo, Presidente ISS UIL Italo Viglianesi che attraverso osservazioni puntuali e precise ha messo in luce alcuni dei dati e delle analisi del Rapporto particolarmente preoccupanti. Ciò che ne esce è una società segnata da vulnerabilità economiche e sociali strutturali.  L’Italia è ferma, ha affermato il Presidente dell’ISS UIL, e le misure adottate nella Legge di Bilancio non aiutano la crescita e il lavoro e non contrastano con efficacia l’emergenza del caro energia e dell’inflazione. Di conseguenza, non riequilibrano le troppe ingiustizie e iniquità che affliggono la nostra società.

La fotografia fatta dall’Istituto sui contenuti del Rapporto dà, inoltre, coerenza alla scelta della UIL di intraprendere iniziative di mobilitazione per aumentare la consapevolezza e l’attenzione sulle mancate risposte a problemi urgenti che condizionano la vita reale delle persone.

Secondo Giorgio De Rita gli anni precedenti, quelli che vanno dal 2010 al 2020 sono stati gli anni del rancore, dove la base sociale ha avuto una progressiva perdita di valore negli investimenti sociali. Questo è accaduto perché prima di questi anni era sufficiente studiare e impegnarsi per accrescere il proprio benessere e, dunque, tutta la scommessa era sugli investimenti sociali. Questo ciclo si è interrotto perché non bastava più. I redditi rimanevano molto bassi, nonostante gli studi e l’impegno. E questo rancore ha portato a un modello di società senza senso collettivo e sociale.

Quindi, il grande problema è che gli italiani hanno smesso di pensare che gli investimenti sociali sono alla base del nostro sviluppo.

Questo ciclo si è interrotto a febbraio 2020: pandemia, guerra in Ucraina, inflazione, poi la crisi energetica e le bollette sempre più alte che hanno fatto insorgere la paura di non arrivare a fine mese.

Queste quattro crisi si poggiano su un sistema che, come detto, aveva già una struttura molto fragile. I processi di indebolimento di alcuni settori materiali e immateriali si sono accelerati, a scapito dei più svantaggiati. Queste crisi ci hanno obbligato a pensare al futuro.

Sul versante demografico, l’Italia è ormai maglia nera da tempo. Nascono sempre meno bambini e questo produce a catena difficoltà in molti settori, oltreché nell’idea reale di uno sviluppo del paese.

Per quanto riguarda le retribuzioni: siamo l’unico paese dell’OCSE in cui gli stipendi sono cresciuti dello 0.3% in 30 anni e il nostro paese scarica la ripresa economica sui lavoratori per stare nella competizione internazionale. Infatti, l’export va benissimo, il turismo anche, è la domanda interna che va peggio.

E nel frattempo guardando avanti nel Paese si registrano gap importanti rispetto agli altri paese europei, in particolare sulla digitalizzazione e sull’economia verde.

Il paese è in uno stato di latenza dello sviluppo e non ha il coraggio di andare oltre la sua fase di resistenza alla crisi per costruire un percorso di modernizzazione, di miglioramento dell’assetto e di recupero delle fragilità. È un paese che non cresce, ma non indietreggia. Il sistema sociale manda dei segnali che non vengono raccolti e questo chiama in causa la responsabilità della classe dirigente che non è più una guida.

Nel corso del confronto, inoltre, sono intervenuti due lavoratori: Tommaso Dalicante, metalmeccanico della Bosh di Modugno (BA) e Davide Deidda, lavoratore della Pirelli di Bollate (MI). Entrambi hanno esposto le loro preoccupazioni, i problemi delle proprie professioni, le disuguaglianze tra i lavoratori, la paura di non arrivare a fine mese, la mancanza di risposte e di tutele dalla politica.

E dal grido di denuncia di Tommaso e Davide è partito l’intervento del Segretario Generale Pierpaolo Bombardieri.

Secondo Bombardieri, il lavoro è sviluppo e rivendicazione e occorre consolidare un’idea di una società diversa che oggi sembra svanita. Ad esempio, non sentiamo più parlare delle crisi delle grandi aziende.  E il fatto che chiudano non è più una notizia, a meno che non ci sia una manifestazione che crea un incidente.

E non si parla neanche del dramma delle morti sul lavoro. Siamo assuefatti a un sistema in cui morire sul lavoro fa parte della vita quotidiana.

Caro energia, inflazione, 7,5 milioni di persone a rischio povertà, 4 milioni i lavoratori che non raggiungono una retribuzione annua di 12.000 euro, oltre 7 milioni i lavoratori in attesa di rinnovo di contratto. Colpisce poi un dato: occorrono 34 anni ad un operaio e 25 ad un impiegato per raggiungere il compenso annuo di un dirigente quotato in Borsa. Pensionati sempre più esposti all’erosione del potere d’acquisto e giovani, che si ritrovano con un alto tasso di disoccupazione e un reddito inferiore a quello degli altri Paesi europei.

Le scelte adottate dal Governo non aiutano il lavoro né la crescita e non riequilibrano le ingiustizie e le che affliggono il Paese. Continueremo con le nostre rivendicazioni nei prossimi mesi, con assemblee nei luoghi di lavoro e iniziative sul territorio per ottenere risultati che vadano nella direzione dell’equità e dello sviluppo.

Esiste uno scoraggiamento molto forte, ha sottolineato il sindacalista Uil, e le persone non vedono davanti a loro una prospettiva di miglioramento. Questo non è un tema solo sindacale, ma anche sociale. E noi dobbiamo capire come l’attività del sindacato può dare una controinformazione rispetto a quello che si sta raccontando. Noi miglioriamo per migliorare le condizioni di chi rappresentiamo.

C’è sicuramente un tema da riprendere, ha aggiunto Bombardieri, le politiche salariali che in questo paese sono sparite da tutte le discussioni politiche. E di conseguenza il recupero del potere reale di acquisto di dipendenti e pensionati.

Le politiche salariali devono essere al centro delle nostre azioni così come la sicurezza sul lavoro. Servono fatti concreti. Serve capire se questo Governo investe sulla sicurezza.

Pierpaolo Bombardieri ha concluso con un’ultima affermazione: “Insieme, cambiare è possibile”.

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