L’idrogeno verde
22.03.2023
L’idrogeno verde è una forma di idrogeno prodotto utilizzando fonti di energia rinnovabile, come l’energia solare o eolica e in misura minore rispetto ad altre risorse entrerà a far parte del mix energetico europeo del futuro. La strategia che l’Ue ha presentato per diffondere l’utilizzo dell’idrogeno verde, ed abbattere il prezzo ad oggi ancora molto elevato, punta a produrre 10 milioni di tonnellate entro il 2030.
Occorre, tuttavia, fare chiarezza perché si pensa che questo vettore energetico potrà sostituire il gas metano, in realtà sia l’Unione Europea puntano molto sull’utilizzo dell’Idrogeno verde per decarbonizzare i processi produttivi così detti hard to abate, ovvero estremamente energivori e che non possono essere elettrificati.
Si parla soprattutto di impianti produttivi siderurgici, cementifici, vetrerie, produzione di piastrelle e cartifici, insomma tutto ciò che comporta l’utilizzo di grandi forni ad altissime temperature oppure trasporti pesanti quali treni, camion, navi e forse anche aerei.
Attualmente, i progetti tecnologicamente pronti sono quelli relativi ai treni ad idrogeno che hanno visto già la luce in Germania ed entro il 2024 sostituiranno alcune tratte non elettrificate anche in Italia.
Fra i settori industriali sopra elencati quello su cui si stanno concentrando i maggiori investimenti sull’idrogeno è la siderurgia dove attraverso la riduzione diretta dell’acciaio con idrogeno, che comporta l’utilizzo di pellet di minerale di ferro e idrogeno invece del tradizionale altoforno alimentato a carbone, si potrebbe presto produrre acciaio emettendo meno Co2.
La produzione di idrogeno verde è però ancora molto costosa e richiede un’ampia disponibilità di energia rinnovabile che sarebbe sottratta ad altri utilizzi; inoltre, manca una filiera industriale europea per le tecnologie legate all’idrogeno e scarseggiano anche le nuove figure professionali richieste. Questi rappresentano ostacoli piuttosto ostici da superare e spesso sottovalutati.
Un altro uso che si punta a fare presto, soprattutto in Italia, è quello di miscelarlo insieme al gas metano per “bruciarlo” e soddisfare la domanda di energia per usi domestici, su questo versante Snam in Italia è molto all’avanguardia ed ha già sperimentato l’immissione nella rete del gas piccole percentuali di idrogeno. Infatti, se il gas metano quando brucia emette Co2, l’idrogeno emette vapore acqueo, tuttavia l’attuale infrastruttura di metanodotti può sopportare una miscela di gas e idrogeno con un quota di quest’ultimo non superiore al 10%, dunque a tecnologia vigente l’apporto dell’idrogeno per gli utilizzi domestici potrà essere molto modesta. La particella di idrogeno H2, infatti, è molto più piccola di quella del metano e le attuali infrastrutture dedicate al gas non sono sempre totalmente compatibili con il flusso di idrogeno, che essendo molto infiammabile necessita di trattamenti ad hoc.
Snam sta comunque sviluppando una strategia più ampia per la produzione di idrogeno verde in Italia, attraverso la creazione di una filiera completa che includa la produzione, lo stoccaggio e la distribuzione dell’idrogeno. La società ha annunciato di voler investire circa 1,4 miliardi di euro in progetti legati all’idrogeno entro il 2026.
Questa grande impresa a partecipazione pubblica italiana rappresenta senza dubbio una delle protagoniste principali a livello europeo per la creazione di una vera e propria industria dell’idrogeno con utilizzi anche per la mobilità e per alimentare i propri impianti di compressione del gas naturale, riducendo così le emissioni di CO2.
La produzione di idrogeno rappresenta infine una grande opportunità per la riconversione ecologica delle raffinerie, che potrebbero diventare grani produttrici di idrogeno oltre che di carburanti alternativi a bassissimo contenuto di carbonio.
Dunque, il principale utilizzo dell’idrogeno verde che vedremo sarà come combustibile per alcuni convogli ferroviari e poi via via in vari settori dell’industria, occorre tuttavia ridimensionare un po’ l’entusiasmo generato in questi ultimi anni poiché anche nei campi industriali sopra descritti i tempi sono ancora medio lunghi e non sono previsti utilizzi su vasta scala in Italia prima della fine di questo decennio.
Dipartimento Ambiente UIL
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