GIORNATA INTERNAZIONALE PER L’ABOLIZIONE DELLA SCHIAVITU’
02.12.2022
“Io sono già morto, l’ho uccisa io, l’ho uccisa per la mia dignità e per il mio onore. Noi l’abbiamo uccisa”. Prima parla al singolare e poi al plurale, il padre di Saman Abbas. Perché la morte della diciottenne pachistana scomparsa nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio del 2021 a Novellara (Reggio Emilia), è un malaffare di famiglia nel quale in tanti hanno avuto un ruolo. “Un delitto d’onore”, lo definiscono gli inquirenti, una vergogna da cancellare e seppellire. Quella ragazza non voleva sposare l’uomo che le avevano imposto, un cugino di dieci anni più vecchio.
Sembra la trama di un libro di fantasia e invece è un fatto di cronaca dei giorni nostri; nell’era del terzo millennio ancora si “promettono” le figlie per matrimoni combinati. Allora ci chiediamo perché alcune persone emigrano per migliorare la loro condizione di vita pretendendo di mantenere retaggi culturali dell’età della pietra.
Il matrimonio forzato è strettamente legato a consuetudini e pratiche patriarcali consolidati nel tempo e assume delle caratteristiche specifiche in base ai contesti. La stragrande maggioranza dei matrimoni forzati (oltre l’85 per cento) è stata determinata da pressioni familiari. Sebbene due terzi dei matrimoni forzati si verifichino in Asia e nel Pacifico, se si considerano le dimensioni della popolazione regionale, la prevalenza delle persone costrette a sposarsi è più alta negli Stati arabi.
Secondo il rapporto Global estimates of modern slavery: Forced labour and forced marriage (“Stime globali della schiavitù moderna: Lavoro forzato e matrimonio forzato”), nel 2021 erano 50 milioni le persone che vivevano in condizioni di schiavitù moderna. Di queste persone, 28 milioni erano costrette al lavoro forzato e 22 milioni erano costrette in matrimonio forzato.
Il numero di persone in forme di schiavitù moderna è aumentato significativamente negli ultimi cinque anni.
Donne e bambini sono maggiormente vulnerabili.
La schiavitù moderna è presente in quasi tutti i paesi del mondo e non conosce frontiere etniche, culturali o religiose. A condurre questo traffico internazionale sono prevalentemente organizzazioni criminali transnazionali. Per questo l’ONU ha posto un’attenzione particolare al problema ed ha siglato una convenzione apposita.
La maggior parte dei casi di lavoro forzato (86 per cento) si registra nel settore privato. Il lavoro forzato in settori diversi dallo sfruttamento sessuale commerciale rappresenta il 63 per cento di tutto il lavoro forzato, mentre lo sfruttamento sessuale ai fini commerciali rappresenta il 23 per cento di tutto il lavoro forzato. Quasi quattro su cinque delle persone vittime di sfruttamento sessuale ai fini commerciali sono donne o ragazze.
Quasi uno su otto di tutti i lavoratori forzati sono bambini (3,3 milioni) e più della metà di essi sono vittime di sfruttamento sessuale a fini commerciali.
È drammatico che la schiavitù moderna continui ad esistere. Nulla può giustificare la persistenza di questo abuso fondamentale dei diritti umani.
I Governi devono introdurre politiche e normative nazionali efficaci a debellare questa stortura, ma non possono farlo da soli. Le norme internazionali forniscono una base solida ed è necessario un approccio che coinvolga tutti. I sindacati, le organizzazioni dei datori di lavoro, la società civile e la gente comune: TUTTI hanno un ruolo fondamentale da svolgere.
Dipartimento Immigrazione Uil
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