Generazione Covid: le difficoltà di apprendimento degli studenti dopo la pandemia
26.01.2023
Disagio psicologico, mancanza di interesse per le relazioni umane e capacità di apprendere in calo. C’è una nuova emergenza per il mondo dell’istruzione: gli studenti di oggi, quelli della scuola post-Covid o post-Dad, fanno molta più fatica a concentrarsi. Sono gli effetti di lungo periodo del lockdown e della pandemia, una spia rossa che rischia di influenzare il futuro, sociale e lavorativo, di milioni di ragazze e ragazzi.
Sono numerosi i cambiamenti in negativo evidenziati dai docenti e dagli altri attori coinvolti nel processo educativo. Si sono accentuate le lacune pregresse di natura didattica e le difficoltà relazionali degli studenti non solo con gli stessi insegnanti, ma anche con i propri compagni.
In sostanza, fare lezione e trasmettere conoscenze è diventato molto più complicato rispetto all’era pre-pandemia.
I numeri
Il DSA – disturbo specifico dell’apprendimento – in Italia, secondo i dati di Openpolis, colpisce circa 300 mila ragazze e ragazzi, il 4,9%. Cioè 1 su 20.
L’indagine di Openpolis si riferisce all’anno scolastico 2018-19, quindi prima della pandemia, ma mostra un incremento importante negli ultimi dieci anni (nel 2011, la percentuale degli alunni con DSA era allo 0,4%).
Il fenomeno è aumentato a causa dell’arrivo del Covid che ha provocato la più grande interruzione dell’istruzione della storia, influenzando il percorso scolastico di 1.6 miliardi di alunni nel mondo.
In Italia, secondo un’indagine del Gaslini di Genova sull’impatto della pandemia, risulta che nel 65% dei bambini in età prescolare e nel 71% dei bambini e ragazzi tra i 6 e i 17 anni sono insorte problematiche comportamentali, ansie, disturbi del sonno, irritabilità e sintomi di regressione durante il lockdown.
A fare un ulteriore bilancio sulla situazione nel post-Covid ci ha pensato anche il Polo Zero-17 Fatebenefratelli a Cernusco sul Naviglio che tratta i disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza. Il 30% dei casi da loro trattati sarebbero proprio conseguenza della pandemia che ha cambiato gli stili di vita delle famiglie.
L’apprendimento dei ragazzi passa inevitabilmente per la riduzione degli alunni per classe
C’è soltanto una figura che è in grado di migliorare la capacità di apprendimento degli studenti italiani. Quale? Il docente. È l’insegnante l’unico che può fornire agli alunni con maggiori difficoltà un affiancamento, emotivo, didattico e umano. Ma per poter permettere tutto questo è necessario che il docente, venga messo nelle condizioni migliori per farlo, vista l’importanza del suo ruolo.
Ridurre il numero degli alunni per classe migliorerebbe sicuramente l’apprendimento degli studenti. Ogni giorno, infatti, i docenti si ritrovano a dover rispettare programmi didattici sempre più fitti e corposi, in classi pollaio, composte, in media, da 29/30 persone.
Il ministero, durante l’emergenza pandemica, si è concentrato su problematiche quali il corretto uso di mascherine, il distanziamento dei banchi, l’areazione dei locali scolastici, la trasformazione dell’Esame di Stato, dimenticando le condizioni di lavoro dei docenti: 18-20 alunni per classe dovrebbero essere uno standard nel nostro Paese anche per sopperire alle difficoltà di apprendimento degli studenti accentuate, appunto, dall’emergenza epidemiologica.
Si tratta di un obiettivo che può essere raggiunto – la Uil Scuola Rua sostiene con forza tale scelta, giudicandola decisione strategica per la qualità della didattica e dell’apprendimento – per il quale ci sono già le condizioni.
È un passaggio importante, che favorirebbe anche una virtuosa prassi didattica e relazionale.
Ufficio Comunicazione Uil Scuola
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