Fascismo e democrazia di George Orwell
07.05.2023

Se dovessimo scegliere un’immagine per raccontare la crisi che sta attraversando la democrazia rappresentativa, di certo la memoria correrebbe all’assalto del Campidoglio – sede del Congresso degli Stati Uniti –, avvenuto a Washington il 6 gennaio del 2021, da parte dei sostenitori di Donald Trump.
La democrazia politica occidentale si trova sicuramente di fronte a un calo di credibilità, aiutata in questo dal comportamento non di rado discutibile della classe politica, da una crisi profonda dei sistemi di welfare state, da un processo di globalizzazione molto veloce e non sempre governato con la giusta attenzione e dalla preoccupante diffusione massiva di fake news, che aiutate dalle nuove tecnologie di comunicazione di massa, mettono a rischio la corretta informazione; elemento quest’ultimo necessario per affermare i diritti connessi alla cittadinanza democratica.
Non di rado, inoltre, abbiamo osservato come le autocrazie godano presso porzioni importanti delle opinioni pubbliche occidentali di una fama positiva: il caso della Cina durante il covid insegna.
Quella della “perdita della fede” verso le società aperte, non è una questione nuovissima, seppur il XXI secolo si è aperto sotto questi nefasti auspici. E a tal proposito, è forse giusto e utile ripubblicare in un piccolo pamphlet alcuni interventi di George Orwell.
Il titolo scelto è Fascismo e democrazia, e i testi – editi tra il 1941 e 1945 – pur se scritti in tempi diversi dall’Autore, sono molto ben assemblati per darci l’idea sia delle temperie del tempo, che di cosa Orwell pensasse della democrazia e dei totalitarismi.
Nel primo intervento, che dà il nome al libro, l’A. sottolinea come “uno dei passatempi meno impegnativi al mondo è quello di smascherare la democrazia”. La democrazia borghese, infatti, era considerata da fascisti e comunisti una “frode”, perché anche con essa permarrebbero inalterate le condizioni di disparità economica, e “la libertà politica sarebbe solo uno specchietto per le allodole”.
Ma è proprio così? Dalle evidenze storiche, Orwell traccia tutto un altro itinerario, che non salva la democrazia dalle sue imperfezioni o brutalità, ma né comunque ribadisce il primato rispetto ad ogni forma di totalitarismo. Un totalitarismo, ricordiamolo, che soggiogava gran parte del continente europeo in quel torno di tempo: Germania, Italia, Spagna, URSS rappresentavano esempio di regimi dittatoriali che avevano avuto anche un sostegno popolare.
In una democrazia come quella della Gran Bretagna – scriveva – quando nel 1941 fascisti e comunisti hanno opinioni favorevoli a Hitler, manifestandole “ammettono silenziosamente che le libertà democratiche non sono del tutto false […] La democrazia britannica – quindi – non è affatto una mensa in scena, non è semplice «sovrastruttura», ma al contrario è qualcosa di estremamente prezioso che deve essere preservato ed esteso”.
In Inghilterra, si può andare nei pub ed esprimere liberamente le proprie idee. Questo è permesso a Berlino, Roma o Mosca? Ovviamente, no. Allo stesso tempo, e per le stesse ragioni, a Berlino, Roma e Mosca non esiste un posto come Hyde Park, “un luogo speciale dove opinioni illegali sono libere di circolare”.
In Letteratura e totalitarismo (1941), Orwell sottolinea come la scomparsa della libertà economica – tipica degli stati totalitari – influisca negativamente anche sulla libertà intellettuale. Un regime dittatoriale non solo “impedisce di esprimere certe idee [ma] vi isola quanto più possibile dal resto del mondo [cercando] di controllare i pensieri e le emozioni dei suoi sudditi tanto completamente quanto ne controlla le azioni”.
Orwell è ben cosciente – e lo scrive in Libertà nel parco (1945) – che “la relativa libertà di cui godiamo dipende dall’opinione pubblica […] se l’opinione pubblica è apatica, le minoranze scomode verranno perseguitate anche se ci sono leggi che le proteggono”. Allo stesso tempo, comprende la facile impressionabilità delle masse di fronte a notizie false (fake news, diremo oggi). In L’invasione da Marte, l’A. racconta cosa successe negli USA nell’ottobre del 1940, quando dalla radio Orson Wells diffuse la notizia di un’invasione aliena. Scoppiò il panico e tantissime persone “saltarono in macchina e si diedero alla fuga”. Era una bufala, ovviamente.
In una successiva ricerca, si appurò che “le persone con più probabilità di essere influenzate erano povere e poco istruite […] che erano state senza lavoro o sull’orlo della bancarotta”. Uno stato d’animo, sottolinea Orwell, “che ha indotto intere nazioni a gettarsi tra le braccia di un Salvatore”.
I fili della storia, pur se sottili, sono lunghi. E comunque, come ha giustamente affermato Winston Churchill, la democrazia sarà pure la peggior forma di governo, “eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”.
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