Famiglie monogenitoriali: quando la maternità si paga a caro prezzo
03.06.2025
È impossibile negare che la vita cambia più velocemente di quanto cambino gli stereotipi.
Nell’immaginario collettivo di questo Paese esiste ancora la “famiglia-tipo”, con genitori belli, giovani, innamorati, con due figli – rigorosamente un maschio e una femmina –, un cane e una casa in un luogo bellissimo e con un grande giardino.
Ma le famiglie oggi non assomigliano per niente a questo modello, che nella realtà si è peraltro ridotto del 12% negli ultimi dieci anni: oggi ci sono infatti famiglie con due madri o due padri, con bambini senza genitori ma accuditi da zii, nonni, fratelli, sorelle o parenti vari…
Una su tre: l’ascesa silenziosa delle famiglie monogenitoriali
E sono sempre più frequenti le famiglie monogenitoriali, che sono arrivati ad essere oltre 2,8 milioni nel nostro Paese, cresciute soprattutto nell’ultimo decennio. Famiglie in cui i problemi abbondano, come le necessità: di essere riconosciute innanzi tutto, poi di non essere penalizzate e soprattutto di riuscire a sopravvivere. Perché quando in una famiglia è presente una sola persona a prendersi cura della prole, il rischio di indigenza è alto, soprattutto quando a curarsi della prole è solo la madre.
L’unico genitore è (quasi sempre) una madre
La legge parla del cosiddetto “genitore solo” – usando ovviamente un termine maschile nonostante tali famiglie vedano per l’82% la presenza della sola madre, soprattutto in caso di figl* piccol* – arrivando all’84,9% se ci spingiamo fino al raggiungimento della maggiore età della prole.
I nuclei con donne capofamiglia si creano a causa di separazione o divorzio (47%), vedovanza (35,3%), abbandono, affido o adozione esclusiva, nubilato (17,8%, in crescita un anno dopo l’altro) … o nascono già così in conseguenza di fecondazione assistita.
Rischio povertà più alto se l’unico genitore è la donna
La responsabilità in via esclusiva riversa ogni obbligo e ogni necessità di chi è minore su una sola persona adulta: se pensiamo che le donne sono in società meno e peggio pagate degli uomini a parità di lavoro di pari valore, che vengono assunte con part-time involontari o a termine, che restano sottopagate e private del diritto alla carriera, diventa evidente che per questi nuclei familiari il rischio di povertà è alto (il 41,3% de* figl* conviventi con madre sola sono a rischio di povertà e/o esclusione sociale, che aumenta in caso di crisi come ha dimostrato l’aumento dal 14,9% al 16,9% dopo il Covid). Fermo restando sia per gli uomini che le donne un rischio povertà, se hanno la cura in via esclusiva della prole sono a rischio, le statistiche evidenziano che il rischio di indigenza per nuclei con unico genitore maschio cala dal 41, 3% al 27,6%, per le condizioni economiche e lavorative mediamente migliori e per la disponibilità di una abitazione.
Il futuro cresce nella povertà, ma nessuno lo guarda
Quindi, 4 minori su 10 vivono solo con la madre e sono a rischio di povertà. Sono nuclei familiari a cui, almeno sotto un certo livello di reddito, andrebbero assicurate condizioni di maggior favore per l’abitare, per lo studio, per la salute, per i consumi.
Invece, capita che la politica non “veda” proprio le difficoltà di questi nuclei monogenitoriali, nonostante il rischio che essi esistano per un tempo lungo, vista la difficoltà crescente per le generazioni più giovani di trovare un’occupazione che consenta una autonomia economica sufficiente a costruire una propria e nuova famiglia: ma questa è un’altra storia!
Sonia Ostrica
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di Pierpaolo Bombardieri

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